venerdì 29 maggio 2020

Specialized Tarmac S-Works SL7

Le prime sono state consegnate alla Bora Hansgrohe nell'ottobre 2019, quindi in largo anticipo, sulla prossima presentazione ufficiale. Sinteticamente, la Tarmac S Works SL7 ha affinato l'aerodinamica, adottando nuovi foderi alti, con la conformazione molto simile a quelli della Venge. A guardarla, sembra una Venge più "magra". L'originalità incomincia a scarseggiare anche in casa Specialized, del resto sono tempi duri, per tutti i marchi, che oramai cambiano poco. Si nota anche un collarino del tubo sterzo, di forma ovale, di quelli che di solito si installano con manubri aero integrati, anche se, nella foto, i corridori della Bora hanno preferito installare una curva ed un attacco classico e devo dire con pessimo risultato dal punto di vista estetico, dato che stilisticamente questa soluzione evidenzia uno stridente contrasto. Il tubo sterzo invece sembra rimasto invariato. La Specialized anche con la SL7,  ribadisce la mission, concentrarsi sulla resistenza al vento, e non ne fa mistero, "l'aerodinamicità è tutto", è il suo slogan. Del resto, l'evoluzione dal punto di vista aerodinamico, c'è stato con la SL6, anzi c'è stato più cambiamento dalla Tarmac SL5 al modello SL6, che tra la SL6 alla SL7. Verosimilmente il modello SL7 sarà presentato come più aerodinamico, più leggero e più rigido ( Fact 13 r ?), come è consueto, leggere nel lancio dei nuovi modelli, in questi ultimi anni, dove si assiste ad un affinamento delle caratteristiche delle versioni che si susseguono. Se ci sarà un effettivo miglioramento delle prestazioni, questo potrà dirlo solo la prova su strada. Dal punto di vista estetico invece ognuno dirà la sua. Resta ancora da sapere se ci sarà la possibilità di scegliere anche la versione rim brakes, come è avvenuto con la Tarmac SL6, sarebbe la scelta migliore per non perdere le vendite; del resto sono molti i marchi che garantiscono la possibilità di scelta con le top di gamma polivalenti, basti pensare, alla Factor Bikes, alla Canyon, alla Giant, alla Time, alla Cervelo, Look, Colnago, Pinarello, tanto per fare qualche nome. Detto ciò, penso che i produttori stiano raschiando il "fondo del barile", assistiamo più che altro, ad un remake, qualche ritocco, un affinamento della prestazione ( ma non tutti i ciclisti sono in grado di percepirne le differenze, difficilmente sono nette), è sempre più complicato oramai inventare un telaio, cioè farlo  completamente nuovo, ab origine, come dicono i padri latini. Concludo con una chiosa: guardando le novità, in generale, viene sempre più voglia di non cambiare telaio, di mantenere gli ottimi predecessori, del resto molti marchi cambiano molto lentamente o non cambiano, basti pensare, ai telai polivalenti della Canyon, e della Factor Bikes. Ovviamente rimane la possibilità di farsi realizzare un telaio su misura, realizzato da un artigiano italiano, su misura e con il migliore carbonio di classe Toray per esempio, ma sull'argomento, avrò modo di ritornare dettagliatamente. Termino qui la spy story, corredandola con delle spy shot della probabile versione definitiva della Specialized Tarmac S Works SL7.  Saluti ciclistici. 



28.07.2020 AGGIORNAMENTO POST.

Oggi è stata ufficialmente lanciata sul mercato la Tarmac SL7 che sarà disponibile solo nella versione disc. Alcune considerazioni. Il prezzo è circa 4200 € davvero tanti per un telaio con misure standard che pesa 874 grammi ( verniciato), dunque circa 30 grammi in meno della Tarmac S Works SL6, come da foto postate, anche nel post del mio test Tarmac SL6. La nuova Tarmac SL7 utilizzerà lo stesso carbonio della Tarmac SL6, cioè il Fact 12r. Evidentemente erano già arrivati al (loro) top con il carbonio. Quindi la cosa più importante non è cambiata ! Certo la Specialized punta tutto sull'aerodinamicità, ma in salita conta solo il rapporto peso/watt del ciclista, la leggerezza e la rigidità del telaio. Ovviamente il Tarmac è un telaio polivalente e quindi qualcosa si perde in termini di prestazione assoluta in salita e in pianura rispetto ai modelli specifici. Se togli peso diminuisci rigidità, a meno che si utilizzi un carbonio costoso, ma a quel punto occorre alzare il prezzo ed arrivare almeno a 5000 € ! La Specialized scrive anche che questo telaio fa risparmiare 40 secondi  rispetto al Tarmac SL6! Ma vale ancora la pena puntare a questo tipo di marketing ? C'è ancora qualcuno disposto a pagare così tanto per avere un telaio più aero,  e magari in sella, non piega nemmeno le braccia e la schiena ? Il ciclista rappresenta il 90% del limite aerodinamico, è un fatto noto. Come glie lo spieghi allora al ciclista che pedala dritto come un cobra ? Ovviamente lo stipendio ai campioni dei team sponsorizzati dalla Specialized, qualcuno dovrà pur pagarlo. Certamente il prezzo è comprensivo di margini di guadagno e soprattutto dei costi delle sponsorizzazioni sempre più alti e questo a danno di cosa? Indovinate un pò !  Anche in questo modello della Tarmac le calotte esterne a pressione inserite nella scatola del movimento centrale sono state sostituite dalle calotte avvitate modello Threaded. Come ho avuto modo di recensire le calotte a pressione, adattatori per il perno da 24 mm, producono scricchiolii sotto sforzo, in salita. Ma la Specialized non le ha sostituite gratuitamente. Politica commerciale censurabile. Comunque la Tarmac SL7 S Works sarà meno comoda in quanto ha il tubo sterzo più basso rispetto alla SL6 S Works. Quindi molti clienti dovranno aggiungere spessori sotto l'attacco del manubrio, con peggioramento della prestazione su strada, ed effetto anti estetico, è davvero brutta una bici con tanti spessori.  Saluti ciclistici. 




                             Peso telaio Tarmac S Works SL7: - 29 grammi circa rispetto all'SL6  
                                                   Peso reggisella Tarmac S Works SL7
                        Tarmac S Works SL7  completo di attacco manubrio, reggisella, telaio e forcella.

martedì 19 maggio 2020

Pedalare tra le nuvole verso il santuario della Madonna della Civita.

Qualcuno la chiama impropriamente nebbia, ma sono nuvole, e pedalarci accanto è insolito, è suggestivo; è accaduto in una mattina di inizio primavera, quando immerso nel silenzio e in compagnia del vento contrario, sono partito dal mare per salire al santuario, quota 660 metri di altitudine. Un giorno di pandemia, della fase 2 bis, con la riapertura dei negozi, vuoti e tristi, pieni di roba conservata dal passato, arrivata qualche mese fa, in un tempo che sembra così lontano, con la gente intontita e allarmata, che stenta ad abituarsi a ritornare all'aria aperta. Sembra di vivere giorni di guerra e io non sono Bartali. Questa mattina mi è piaciuto, pedalare tra le nuvole, l'ultima volta è stato sul Fauniera, qualche anno fa. Le nuvole mi passano accanto, mi nascondono, mi accarezzano, mi sembra di pedalare verso il cielo. La gamba gira freneticamente, con un ritmo alto, incessante, dritto alla meta; nessun altro ciclista sulla strada. Pedalo con piacere, tre segmenti lunghi di salita, intervallati da discese tecniche; la metà desiderata nei giorni di lockdown. E piano, piano, un tornate dopo l'altro, ecco che il santuario, svelarsi tra le nuvole, la cui figura imponente, si staglia maestosa, sulla pendice più alta, di monte Fusco. Una volta in cima, passato sotto l'arco dell'ingresso, arrivo nel piazzale, dove non c'è nessuno ad attendermi, solo  il silenzio, interrotto dal cinguettio degli uccelli; il palazzo del santuario, la lunga scalinata che porta sulla chiesa, percorsa dal santo Papa Giovanni Paolo II e dal papa vicario, sono avvolti dalle nuvole; oltre il balcone, affacciandomi sulla valle, il panorama non è il solito; non vedo più il mare, in fondo alla catena montuosa, ma un paesaggio velato, che illumina a tratti, squarci  di cielo, che si fanno largo tra le nuvole. La pace intorno a me, il mondo mi sembra così distante. Ogni volta, vorrei rimanerci più a lungo, poi mi concedo, solo il tempo di ricordare.  Qualche pezzo di mela essiccata, avvolto nella carta stagnola, sorseggio un pò di acqua dalla borraccia, un segno della croce, e riparto senza voltarmi, per smettere di pensare ai ricordi. Una pedalata spirituale, corroborante, in un giorno che la storia ricorderà quella del covid-19.  Distanza 100 km circa, con 27 km circa di salita. Conosco chi avrebbe fatto questo percorso con due tappe al bar, 2/3 barrette. Ho imparato a conoscere i miei limiti e a spostarli più in là e questo è importante in un corpo e una mente che cambiano. Saluti ciclistici. 
















domenica 17 maggio 2020

Come pedalo in salita: "la ripetuta".

Il ciclismo lo intendo come una lunga fuga, contro il vento, contro i limiti personali, per questo non ho trovato difficoltà a praticarlo, in questi lunghi giorni di pandemia, di distanziamento sociale. Questa è la premessa. 
Penso che il limite più grande del ciclista, sia la capacità di sostenere più a lungo lo sforzo, e la salita, con la sua particolare caratteristica, cioè l'ascesa, sia il migliore banco di prova. In verità, anche il percorso vallonato migliora la condizione fisica, ma solo se fatto da solo e contro il vento, mantenendo una costante velocità, e quindi scattando continuamente, dove è necessario, per mantenerla; in questo caso, il vento e gli strappi sostituiscono l'ascesa continua, ecco perché , non c'è niente di peggio che succhiare la ruota. Succhiare la ruota oltre a non essere dignitoso, disabitua alla fatica e a tenere alta la soglia. Evitate uscite sul piatto e in gruppo, bar, chiacchierate, momenti sociali ridondanti, in bicicletta si pedala e basta; i ciclisti più esperti dicono: silenzio e gambe. Altrimenti c'è un alternativa. Pedalare senza essere un ciclista, rinunciando quindi ad avere la prestazione del ciclista. Il ciclista lo fa solo la gamba e la mente, non la griffe, la bici di moda o di tendenza, la maglia sociale. 
Dunque la salita è il momento cruciale, la chiave di lettura di ogni ciclista; in  salita ognuno procede con il proprio passo, senza scia, ognuno è se stesso, ecco perché in salita si fanno le grandi differenze. Il metodo classico per allenarsi in salita, si chiama le ripetute, cioè sostenere uno sforzo per un dato periodo, a scalare ( con i rapporti, la frequenza cardiaca e la durata), andando anche oltre la frequenza cardiaca massima; serve a spostare più in là, la capacità di sopportare lo sforzo massimo, a saperlo sostenere più a lungo, a migliorare la capacità di essere veloci, ad allungare, cioè ad aumentare la velocità. Ma le ripetute hanno un limite, l'approccio mentale, cioè la sostenibilità mentale nel farle, tutte le volte, ogni volta, e diventano un supplizio al quale il ciclista di sottrae spesso e volentieri. 
Io invece pratico "la ripetuta" non solo le ripetute, o meglio, ho fatto diventare le ripetute, una  "ripetuta". Dunque una ripetuta lunga quanto l'ascesa, senza interruzioni sostanziali, un unico segmento allenante; velocità uniforme e costante, a frequenza medio/alta, fino alla prossimità dello scollinamento, quando  sprinto oltre la soglia, a tutta. "La ripetuta" mi ha migliorato la soglia media, e riesco a pedalare più a lungo ad alta cadenza, in modo diciamo ( quasi) naturale. Se le ripetute constano di tanti segmenti allenanti, e alternati, a furia di andare in salita, ho tramutato le ripetute nella "ripetuta". Ripeto. La "ripetuta" è uno sforzo costante, ad alta cadenza di pedalata, sostenuto più a lungo, per tutta la salita, un apnea lunga quanto la salita, quindi non più tanti segmenti di allenamento, ma un unico segmento, un allenamento lungo tutta la salita; non è facile, è una condizione mentale prima di tutto. 
Il concetto di base della "ripetuta" è il seguente: la gamba non deve mai perdere l'abitudine alla salita, anche d'inverno ( dove è possibile). Per farlo occorre abolire le uscite di gruppo con i piattoni, da considerarsi, solo come recupero attivo. Occorre invece inserire in ogni uscita di allenamento, una salita, la salita di riferimento. In buona sostanza, la "ripetuta", abitua la gamba, il cuore, la mente, allo sforzo costante, mantenendolo più a lungo possibile, l'abitudine alla salita, tramuta le ripetute nella ripetuta, quindi più picchi alti, diventano un unico picco medio/alto. Ho imparato che quello che abitua non sforza. 
Ecco come pedalo in salita, ad un ritmo costante alto per tutta l'ascesa. Quando sento che la gamba sta per perdere ritmo, soprattutto in prossimità della variazione della pendenza, rilancio con uno scatto secco, alzandomi sui pedali, senza accelerare, ma mantenendo la velocità costante. Ovviamente ognuno può rilanciare come preferisce. 
In generale i modi di scattare in salita sono diversi come le tipologie dei ciclisti: lo scalatore, lo fa sui pedali, in modo continuo e a strappi; il passista spingendo da seduto; lo scattista con lo scatto sui pedali, secco, veloce e più lungo. Ma quando pratico la "ripetuta" rilancio in modo diverso dallo scattista, come spiegato, rilancio solo per mantenere costante la velocità, e non come quando voglio staccare l'avversario. 
Per fare la "ripetuta" mi servono concentrazione, peso forma, bici settata con le quote antropometriche personali e la salita di riferimento, quella più vicina a casa, o quella che ha una pendenza media adatta. 
Ovviamente è determinate il migliore rapporto peso/potenza; i watt senza peso forma ottimale, servono a poco, l'etto assorbe i/il watt. Ecco perché il primo e migliore allenamento si fa a tavola; penso che occorra sacrificarsi a tavola per gioire sui pedali; togliere il superfluo ( come nella vita), l'eccessivo, non assumere più calorie di quante ne servano effettivamente. A cosa serve mangiare di più di quello che si consuma ? Ad assumere calorie in eccesso quindi ad ingrassare, e il grasso è una zavorra in salita (e nella vita). 
Ho cercato di togliere il superfluo dalla mia vita, come ho cercato di togliere tutto quello che mi annoia o distrae in sella alla bicicletta da corsa. Per questo pratico la "ripetuta".
Saluti ciclistici.



venerdì 15 maggio 2020

In cima il mondo è blu !

E quando arrivi in cima, non puoi fare altro, che respirare profondamente, stringere il casco, e lasciarti andare con un lancio verso il mare. 
Esco da solo. Per evitare il contagio, per allenarmi meglio, con due grandi allenatori, il vento e la salita, senza dovere chiedere agli altri, ogni volta, se vogliono e se la sentono di accompagnarmi; vado dove voglio, ascolto le emozioni, la fatica, il corpo, la mente, la bicicletta, e certi paesaggi sono più belli, visti da soli. Il ciclismo è uno sport individuale. Del resto, potrete avere i migliori compagni/gregari, ma se non pedalerete con le vostre gambe, la bicicletta non si muoverà e non vincerete mai. Il resto sono chiacchiere da TV e da pigri che cercano la compagnia per uscire. In questi giorni pedalate da soli, è meglio per tutti. Saluti ciclistici. 




I ciclisti e il contagio da corona virus.

In questi giorni di pandemia, alla ripresa degli allenamenti/uscite, li vedo spesso, in gruppo, o pedalare l'uno accanto all'altra, chiacchierare, come se niente fosse. Mi meraviglio e non riesco ad accettare che ci siano delle persone che mettano a rischio la vita propria e quella degli altri, per negligenza, imperizia ed imprudenza ! Nonostante i divieti e le raccomandazioni degli esperti, ci sono ciclisti, che si comportano male ed incautamente, rispetto all'emergenza sanitaria, a parte il fatto che pedalare in questo modo, non allena, e fa incazzare anche tutti gli altri utenti della strada. Ci provo anch'io a spiegargli le modalità del contagio e la facilità in cui questo possa avvenire, anche all'aria aperta, durante l'attività sportiva; lo faccio mediante questi due filmati, uno l'ho registrato qualche settimana fa. Il consiglio: pedalate da soli, vi allenerete meglio, a prendere il vento, "il migliore allenatore" ed eviterete il contagio. Il ciclismo è sport individuale, fatto diventare da salotto, da ciclisti amatoriali che non avendo voglia di pedalare, si fanno compagnia, chiacchierando e faticando di meno, succhiando la ruota. Potete avere i migliori gregari/compagni, ma se non pedalate con le vostre gambe, la bicicletta non si muove ! Una piccola raccomandazione. Ricordate che il sistema immunitario degli sportivi che si allenano intensamente ( e non chiacchierando) è sottoposto alla cosiddetta "finestra aperta" ( sull'argomento consiglio di leggere questo contributo scientifico CLICCA QUI .  Saluti ciclistici. 


venerdì 8 maggio 2020

La Mavic in amministrazione controllata; ne parlo dal monte.

Stamane, il giro delle cime dei Briganti, come chiamo le quattro cime della zona, un tempo rifugio dei briganti. Alle 07, 11, arrivo sul secondo monte, dietro casa, un percorso " mare e monti", come mi piace chiamare quelli che partono dal mare e arrivano in cima. A prima mattina, aria fresca di primavera, lassù, guardo il mare blu, immerso nel silenzio dei monti, abbacinato dalla bellezza della natura;  silenzio diffuso, interrotto, ogni tanto solo dal suono dei campanacci delle mucche, che pigramente pascolano. Il mondo mi sembra così lontano, mi viene voglia di non scendere più. Salita dura con strappi al 15%, discesa veloce con tornanti stretti; si punta a tutta, la prossima salita. 
Prima di ripartire, verso le prossime cime, una riflessione dal monte, sul caso Mavic. 
Non c'è tempo per i rimpianti, per riflettere, per capire, tutto si consuma rapidamente, in nome del profitto e di una crisi economica e sociale che travolge tutti. Oggi è toccato alla Mavic, domani si vedrà. Penso che Mavic abbia pagato non solo la crisi del settore, ma la tendenza, delle case di offrire le proprie ruote di primo montaggio, come per esempio, le Roval della Specialized, ma anche la Giant, la Trek, la Cannondale hanno imparato a farlo. La tendenza è quella della bici completa, chiavi in mano, adatta ai ciclisti meno esperti, che così non devono scegliere ( non sapendo farlo) i componenti e si fidelizzano al marchio. Il marketing, seduce il cliente novello. C'è chi invece preferisce assemblarla secondo le proprie esigenze e gusti, rendendola unica, come una composizione artistica. Ma questo non piace al marketing, che vuole omologare, e rendere tutti adepti di un marchio, di una tendenza, ultrà del marchio. Saluti ciclistici  






giovedì 7 maggio 2020

Pedalare dopo il lockdown.

Si ritorna in sella, dopo il lockdown, almeno fino a quando sarà possibile. Consiglio a tutti i ciclisti del mondo di pedalare da soli, evitando così il contagio, limitare il pericolo su strada ( a proposito vi spiego la mia teoria sugli idioti al volante) e allenarsi meglio, contro il vento e concentrati. Ne approfitto per controllare i lavori di manutenzione della strada e vi spiego dell'allenamento con il rullo Elite Ario MAG. Concludo con una pensiero. Ricordate sempre che non esiste tempo senza le emozioni. Saluti ciclistici. 







lunedì 4 maggio 2020

Silenzio e gambe. Si pedala.

Il ciclista "vive" sulla strada, fa parte della strada. La strada riconcilia l'equilibrio, incarna il lungo viaggio della sua carriera; ad ogni livello, tutti sono ciclisti. Un ciclista fermo è un ossimoro; i vecchi ciclisti, dicono, gambe e silenzio, si pedala e non si chiacchiera. La strada porta lontano, verso le emozioni, un esercizio abituale. Pedalando si capisce l'essenzialità della bicicletta e l'importanza della forma psico fisica e solo pedalare aiuta ad averla e mantenerla. Pedalare è anche un abitudine, non bisogna smettere mai, per non disabituarsi ad uno stile; non si molla mai, si rischia di non risalirci più sulla bicicletta. La bicicletta la si impara sulla strada, non sui forum ovvero le "chat condominiali"; contano solo il sudore stillato e i chilometri percorsi, questo rende ciclisti. Quanta strada fai, quante salite hai nelle gambe e nel cuore, quante cime hai raggiunto, quanto vento prendi in faccia, questo conta nel passaporto del ciclista. Oggi vi porto con me, in un giro di 100 km con circa 30 km di salita, tra vento, sole, cielo azzurro e soprattutto sana fatica, un abitudine; lo definisco un percorso spirituale, "prega e pedala", la strada che porta al santuario, abbarbicato su un monte, a 673 metri dal livello dal mare; ogni volta parto da quota 0, dal livello del mare, per arrivare lassù, in cambio silenzio, pace e la bellezza della natura. Venite con me, in sella, si parte.........saluti ciclistici. 









Quando non ti bastano 30 km ci sono le scale !!!



venerdì 1 maggio 2020

Il primo compleanno della Pinarello F12 Team Ineos.

Pubblico questo comunicato stampa ricevuto dalla Pinarello per rendere omaggio ad una bicicletta rim brakes vincente, grazie alle gambe di campioni, e che oggi celebra il suo primo  anno di vita, costellato di 24 vittorie tra le quali la vittoria finale della corsa più importante al mondo, il Tour de France. Lo voglio dedicare a chi posta foto sui social di bici disc, spesso prestate dagli sponsor, pensando di essere migliore, e di fare parte di un "futuro" fatto di marketing e chiacchiere e a chi ha svenduto la sua bici costosa per passare al disc; grazie a loro c'è gente che sta festeggiando. Sveglia "futuristi". Saluti ciclistici.