lunedì 28 luglio 2014

Nibali vince il Tour de France 2014: una vittoria epica orfana della lirica dei cantori italiani.

Nibali ha vinto il Tour de France 2014. Tutto il mondo ce lo invidia. In Italia, ad oggi, nessuno è stato capace di raccontarlo, con le emozioni, che il campione siciliano, ha saputo donarci. Un Dio, che a volte si ricorda dei suoi figli, ci ha donato, un successo sportivo prestigioso, autentico, che altre nazioni, pur di averlo sarebbero state disposte a cedere la metà del PIL ! Mi  tocca leggere delle pagine (in verità non molte, rispetto alle notizie del calcio estivo), dedicate alla vittoria del ciclista siciliano, scialbe, confuse, di autentica bruttezza, assolutamente inadeguate, finanche capaci di "umiliare" la vittoria, con frasi sterile, in stile gossip, o di mera circostanza. C'è voluto l'intervento dei social network e dei corridori per ottenere almeno, la prima pagina in giallo dell'edizione odierna di un noto quotidiano sportivo nazionale, comunque con profilo minore, rispetto a quelle riservate a Nibali, dai giornali francesi, durante il Tour; ma solo una, sia chiaro, perchè " è impossibile procurarsi all'ultimo momento (sic!), diverse tonnellate di carta della tinta giusta."  come ha precisato con un trafiletto la redazione. Quale ultimo momento ! Nibali è stato in maglia gialla per circa tre settimane, conquistando, ad ogni tappa, un vantaggio abissale sugli avversari; hai voglia a procurasi la carta (riciclata). Gli articoli letti, mi sono sembrati, incapaci di celebrare le gesta di Nibali. Non mi aspettavo i versi omerici dell'Iliade, giammai; ma quanto sono lontani, le rime, degli articoli "poetici", intrisi di neologismi lessicali straordinari, di grande Brera, o la prosa di assoluta eleganza di Cannavò, oppure le pagine di letteratura dedicate al ciclismo di Vasco Pratolini o quelle scritte in veste di corrispondente del Giro dal poeta Alfonso Gatto, da Dino Buzzanti ( proverbiale il suo passaggio della corsa così descritto: " Chi e'? Un rombo laggiù si approssima, e l'urlo della folla sembra un tuono. Chi è? Ma non si può rispondere. Troppo lontano è ancora."), dal decano Indro Montanelli, da Emilio Sereni, da Manlio Cancogni ( " D'improvviso schiarì e apparve, in fuga, sulla strada lucida di pioggia, Coppi."). E'appena il caso di ricordare i contributi di Paolo Monelli, Giovanni Mosca, Giorgio Bocca, Anna Maria Ortese. E chissà quante emozioni ci avrebbe dato il Tour di Nibali nelle telecronache di Adriano De Zan. 
Il giornalismo di questi giorni non mi conquista. Forse è vittima "dell'incantesimo", che rende gli italiani "schiavi" e non più "padroni del tempo", così imbarazzati, nel ruolo di vincitori sportivi, tanto da non sapere nemmeno declamare, un proprio campione, nonostante che siamo la progenie di un eccelsa sequela di poeti e scrittori. Mi sarei atteso qualche articolo che spiegasse compiutamente, la chiave di lettura del successo di Nibali ed il valore dell'impresa conquistata in terra d'Oltralpe. Il Tour del France è ritenuta la competizione più importante, dello sport più popolare, insieme al calcio. Non solo non è inferiore al campionato del mondo di calcio, ma è più suggestivo, per la durezza, la spettacolarità e la fatica. Ammetto che sono stato ottimista; per narrare il ciclismo bisogna anche  conoscere non solo lo sport e la vita, ma soprattutto bisogna essere ciclisti, ma non "quelli della domenica". Da parte mia, il 23 marzo scorso, scrissi....... Clicca 
Invece, leggo, in prevalenza, concetti sterili, particolari di scarsa importanza, tipo il piatto preferito da Nibali! Povera Italia che non sa raccontare più  le gesta e i sacrifici dei suoi figli, eroi dello sport, che oggi, per chi non lo avesse ancora compreso, hanno lo stesso ruolo di chi ha combattuto in guerra per "farla" e difenderla. Se è vero che non esistono più i cantori dello sport, è pur vero però che ciò non basta a spiegare questa "contumacia" nazionale. Forse è l'Italia che non sa più pensare come nazione, ma solo come "provincia" di Bruxelles; è l'Italia impazzita e svogliata, che non ha voluto festeggiare un suo figlio vincitore di una delle competizioni più prestigiose al mondo. Non è un caso che il campione siciliano, terminato il Tour, non è ritornato in Italia, a ricevere i festeggiamenti, ma è volato in Belgio, dove gli hanno organizzato una sessione di circuiti di 7 giorni. Manifestazioni sportive che ospiteranno gratuitamente, migliaia di belgi, condite con birra e patatine fritte a volontà. Certo in Italia, Nibali sarà ospite del presidente della Repubblica e del capo del governo. Ma è poca cosa, rispetto al valore della vittoria e all'esempio di vita  regalato agli italiani. Persino l'innata vocazione nazionale, di saltare sul carro del vincitore, si è, in questo caso, defilata. Figli di uno sport minore oppure figli di una nazione minore? E' un periodo nefasto per la nostra Patria. Te ne accorgi guardandoti attorno. Anche per questo la vittoria di Nibali non ha avuto per l'Italia, un effetto pari a quello della vittoria di Bartali al Tour, che fu capace di scongiurare la guerra civile. Rimane pur sempre una grande vittoria, una sua grande vittoria; l'Italia ha fatto ben poco, visto che corre con un team estero. Saluti ciclistici. 
                                                  

domenica 6 luglio 2014

Le Tre Cime dei Briganti: Camposoriano ( lato Terracina)

Si trova lungo il percorso che ho chiamato le Tre Cime dei Briganti. E' un territorio unico, trattandosi di zona ad alto rilievo naturale. La conca di Camposoriano, si trova in un area chiamata Monumento Naturale. Si raggiunge dal versante di Cascano ( frazione di Sonnino) e dal versante di Terracina ( le foto di questo post si riferiscono a quest'ultimo versante). Dal 1985 è compreso nel Parco Naturale Regionale dei Monti Ausoni fondato nel 2008. Territorio di particolare importanza dal punto di vista geologico, in quanto in esso si evidenzia ogni aspetto, del fenomeno carsico, dalle doline alle grotte. Il simbolo di questo territorio, non a caso, è rappresentato dalla Cattedrale,cioè da un enorme sasso carsico, che si erge come  l'esponente regale. Dal punto di vista ciclistico, è una salita breve, impegnativa ed irregolare. L'ultimo tratto di strada è rovinato, in alcuni tratti. Proseguendo si scende in territorio del comune di Sonnino, zona Cascano. Consiglio ai più allenati, di salire, lo stesso giorno, da Campo Soriano e scendere a Cascano, per poi, risalire da Cascano e scendere verso Terracina. Un ottimo allenamento. Ecco gli altri link dell'intero percorso delle Tre Cime dei Briganti. Clicca su campo soriano versante cascano ; monte romanomonte sant'angelo  . 



                                                           

                                          
                                                

martedì 1 luglio 2014

Esclusiva: lancio Ufficiale della Trek Emonda.

Dopo essere stato il primo a pubblicare, quest'inverno, la notizia del suo prossimo lancio in estate; dopo essere stato il primo a pubblicare indiscrezioni e foto, qualche settimana fa; sono il primo a pubblicare tutte le info dettagliate sul nuovo modello e le prime foto del suo lancio. Ecco il link TREK EMONDA tutti i particolari. Cliccate sul link e leggerete adesso quello che non troverete altrove.
In anteprima le foto della nuova EMONDA SL, uno dei primi esemplari consegnati a Falasca Cicli.
Ancora una volta ho "sverniciato" i forum e le riviste del settore.


                           

Monte Romano (Sonnino): pedalando sulle "mie" Tre Cime dei Briganti.

Ci sono delle salite dure che non ti aspetti di scoprire, in una zona limitrofa al mare. Monte Romano è la cima più alta, del percorso appenninico, che ho "battezzato" le Tre Cime dei Briganti ( le altre salite sono Cascano, frazione di Sonnino e Monte Sant'Angelo, dove finisce l'appennino, e che sovrasta Terracina; qui il link del percorso CLICCA QUI   CLICCA QUI . Ho chiamato questo percorso le Tre Cime dei Briganti perchè in questi luoghi, la cui natura è selvaggia e ricca di storia, hanno vissuto famosi briganti. Il percorso si  trova sui Monti Ausoni, e i rilievi  fanno parte del Gran massiccio carsico dei Volsci; un complesso montuoso pre appenninico del Basso Lazio, insieme ai Monti Lepini  e ai Monti Aurunci. La presenza umana risale ad insediamenti italici pre romani. Scarseggiano le fonti d'acqua e ciò ne fa una zona di una bellezza naturale aspra e selvaggia.  
Sulla specialissima, si sale fino a quota 863 metri ( ultimi metri off road), davanti al cippo di confine n°21 tra il Regno delle Due Sicilie ( invaso dal regno sabaudo,altro che risorgimento ed unità d'Italia !) e il Regno Pontificio ( altra nazione occupata dai reggenti piemontesi a corto di denaro). 
Periodo consigliato: da maggio fino ad ottobre. Tempi di ascesa: agonista meno di un ora; ciclo amatore (con media preparazione) 1 h e 30 minuti/2 ore. Sconsiglio l'ascesa ai ciclisti non allenati.
La salita è impegnativa, sin dall'inizio; ad eccezione di due brevissimi tratti, dove spiana, la pendenza non molla mai. Rapporti consigliati 30,27,25, a seconda della preparazione, davanti ci vuole il 34 o il 36.
Lunghezza salita pedalabile 8,9 km, pendenza media 7,9%, pendenza massima 16%. 
Dalla partenza al 1 km è tra il 5,8 e all'8,5% medio, il primo km è tra l'11,8% e 6,2% medio, il 2 km è tra il 6,4% e l'11,6%, il 3 km è tra il 4,5% e il 7,4%, il 4 km è il più duro con il 10,2% e l'11,4%, il 5 km va dall'8% al 9,2%, il 6 km tra il 7,4 % e il 12,2 %, il 7 km tra il 4,2 % km e il 4,7 %, l'8% invece termina al 5,9 % medio.   
La strada è prevalentemente asfaltata, con l'eccezione di alcuni tratti molto brevi, di strada quasi bianca. Munirsi di repellente per insetti. Evitare di salire nelle ore calde. Non ci sono fontanelle. La strada è larga, e permette il passaggio di due auto, ma in alcuni tratti si stringe. Salendo il panorama si fa sempre più suggestivo. Si parte con la strada che sale, da Via Monte Romano, per giungere in località Case Murate; qui la strada asfaltata prosegue sino alla cima più alta del monte, contrassegnata dal cartello stradale: Monte Romano. Si può proseguire, ma lo sconsiglio a chi vuole evitare danni ai tubolari, lungo una piccola strada laterale, svoltando a destra; dopo 50/70 metri, procedendo con cautela in modo da evitare sassi e buche, si arriva fino al cancello di una proprietà privata, dove termina la strada pubblica. La salita di Monte Romano per il rapporto lunghezza/pendenza è la più impegnativa della zona. Per la sua particolare difficoltà è stata usata per una gara amatoriale di crono scalata. Saluti ciclistici. 


L'ombra del ciclista, non si stacca mai !
la strada che porta verso il cielo...

Cima Monte Romano

Sullo sfondo, Terracina, San Felice Circeo e il mar Tirreno.


                                                                          
                                             

 Le indicazioni stradali......provenendo da Sonnino si arriva a questo bivio; si prosegue e si supera prima un binario e poi si gira a sinistra, si supera un cavalcavia e .......
.....e si gira a destra per arrivare davanti a questo bivio; si gira a sinistra per iniziare la salita.....
Il bivio. A sinistra inizia la strada che porta su Monte Romano
Via Valle Rotta






La IV^ edizione della CLASSICISSIMA ( prologo, commiato,processo,pagelle e qualche foto).

"La nostra storia sui pedali, l'abbiamo scritta anche oggi" ( frase pronunciata nel mio discorso ai Classicissimi).

                                        


                                       


Ripeterlo, giova. Lo spirito della Classicissima è stato quello di divertirsi senza il numero di gara; ciò che è contato e ha fatto la differenza, è stata l'amicizia, e la condivisione della passione: vivere insieme agli altri, nel rispetto e nella comunione dei valori. La Classicissima è stato un "ESPERIMENTO" SOCIALE per rendere tutti uguali.
La Classicissima, come tutti gli altri raduni organizzati, sono stati esperimenti ciclistici di "vita sociale", nel tentativo di aggregare indole agonistiche, e farle sentire parte di un progetto collettivo; ma non ci sono riuscito ! 
L'indole umana è quella della competizione; l'indole dei partecipanti alla Classicissima  è stata quella dell'estrema competizione, ovvero quella di tagliare per primo il traguardo, senza tollerare che altri potessero mettersi davanti alla ruota. In fondo si è trattato di una corsa clandestina ! 
Agonistico a parte, tutti i partecipanti sono conservati in uno scrigno prezioso chiamato ricordo e la loro partecipazione è stata una testimonianza di autentica stima . Grazie a tutti. Ma torniamo alla Classicissima. Per dirla con una metafora, il fine della Classicissima è stato quello di dipingere di azzurro un giorno fantastico, effettivamente unico e prezioso. Vi confesso che non è stato facile organizzare anche questa edizione; dietro alle quinte si è lavorato per farvi divertire. L'obiettivo della IV^ edizione era anche quello di tenere fuori dalla Classicissima, le difficoltà che si respirano nella vita quotidiana, a causa della crisi economica europea. Controllare i costi, rendendoli popolari, e regalare una maglia, è stato un risultato non indifferente. Il percorso è stato scelto per la bellezza e per una maggiore standard di sicurezza, visto che le strade sono diventate un esercizio di cinismo, idiozia e follia umana ed eccessivamente trafficate da veicoli. Qualcuno avrebbe voluto, al ritorno, non fare lo stesso percorso (seppure più suggestivo); ma la soluzione adottata era l'unica che consentisse un adeguato standard di sicurezza, considerato il territorio e il traffico locale. Quando si organizza un evento, la sicurezza, è precipua.
Ma non tutti i raduni sono stati così agonistici; ricordo volentieri unica eccezione, il raduno Magna e Pedala, dove invece l'obiettivo è stato raggiunto; ci siamo tutti divertiti a pedalare insieme, anche se a buon ritmo. Cala il sipario sull'ultimo raduno che ho organizzato.
Come è scritto sull'Ecclesiaste " Per tutto c'è un momento e un tempo per ogni azione sotto il sole". Insomma c'è un tempo per ogni cosa; quindi è giunto anche quello di calare il sipario sulla Classicissima, dopo l'ultimo successo. Andare oltre avrebbe significato, organizzare qualcosa di diverso dal progetto iniziale e sarebbe stato troppo impegnativo da realizzare. Questa edizione sarà l'ultima (nonostante le richieste pervenutemi); questa la dedico a coloro che hanno partecipato a tutte le edizioni, condividendo il mio progetto. Un abbraccio ai Classicissimi, a cui auguro i successi agonistici agognati e tanta felicità nella vita. 
Un ringraziamento va agli sponsor CENTOSEDICI HOTEL RISTORANTE ( il sito CLICCA QUI)  e TAMMETTA TREND, al fotografo amatoriale Francesco e ad Hannibal, l'anticiclone, che ci ha consentito di pedalare sotto il sole e con 30 gradi.
E ora, come è consuetudine, le "pagelle" goliardiche dei Classicissimi, anche dei Classicissimi, in regime di "sorveglianza speciale ciclistica", cioè quelli che nella scorsa edizione, hanno allungato il gruppo dei Classicissimi, con fughe e menate a tutta; e per questo, erano stati ammoniti, pena l'esclusione dalla successiva edizione. Preliminarmente, il processo alla IV^ edizione della Classicissima, analizza due momenti eclatanti, di follia di gruppo: 1) la Fuga: c'è stata nella forma del tentativo ( per usare la terminologia giuridica). In verità si è trattata di fuga "telefonata", ad opera di un attaccante - kamikaze, non troppo convinto, del team Falasca Cicli, Anima Bike, Zaima, TWP. E' stata pianificata via chat. Ma il servizio di spionaggio aveva informato tutti gli altri e così l'hanno chiusa. Una fuga chiusa in gabbia, che non aveva fiato, e si è fermata sulla piazzola della Panoramica, pronunciando la frase famosa: "Aspettiamo gli altri" ! Non è servita a nulla, neanche per farsi vedere in TV, che non c'era.  Sò ragazzi. 2) Il regolamento dei conti c'è stato sulla salita di Itri.  Non c'era Sergio Leone a dirigerlo. Si è trattato di una "rissa". Nessuno ha fatto la differenza. Quando le forze si equivalgono è sempre meglio il gruppo compatto, in modo da non fare "brutte figure" e mantenere stile e simpatia. Erano tutti al gancio, e provati. Ma non hanno resistito all'attacco.  

Gruppo Ciclistico di Castel Madama " G.C. Gino Garofolo". 
Sono i  veterani della Classicissima. Indottrinati da Michela e da Giuliano si sono presentati in pace. Nonostante le partenze e gli arrivi, lo zoccolo duro del team laziale, era presente anche a questa edizione, seppure privo di Michela, neo presidente, rimasta vittima di una caduta, due giorni prima del raduno; ne abbiamo sentito la mancanza. A lei giunga un augurio di pronta guarigione. Devo dire che il gruppo di Castel Madama è stato in linea, semi curva, con lo spirito della Classicissima; tutti loro hanno recepito il senso dell'incontro, anche se sono stati qualche volta distratti dalla bagarre, causata da altri, se non altro per dimostrare ( a ragione) che non erano inferiori. Nonostante il livello agonistico di indubbio valore, TUTTI, si sono "sforzati" di assumere una condotta, serena e amichevole, evitando fughe e chiudendo su quelle degli altri. Un grazie in particolare alla coppia che definisco affettuosamente i Marco's, in quanto entrambi si chiamano Marco, forti scalatori e a Giuliano: il loro incarico, assolto in pieno, era quella di seguire il serpentone del gruppo, portando "conforto spirituale" ai ciclisti in trincea. 

Team Falasca Cicli, Anima Bike,TWP.
La nota dolente della quarta edizione. Si sono sforzati di compiere un miracolo, cercando di tramutare l'acqua in vino, ovvero l'agonismo in pace, ma alla fine hanno tramutato un raduno in un allenamento duro. Agonisti anche quando dormono, gira voce che pedalino sui rulli mentre mangiano in famiglia ! Il famoso team laziale, è stata rappresentata da una compagine di furbi, scaltri e super allenati corridori. Più volte hanno costretto il gruppo a subire forti accelerazioni, cercando di spezzarlo, per tentare la fuga. E' stata scandalosa, quella sulla Panoramica, ad opera di Ivan il Terribile, da me soprannominato "la suocera", il quale non ha dormito la notte prima, per pensare all'attacco e  fare saltare il banco. Il ciclista in questione è l'emblema della forza marziana e della strategia agonistica stile Risiko: ha il ruolo di solista, di accendi miccia. Ma il personaggio più efferato ciclisticamente parlando, è il Drago, che una volta in sella, dimentica, il senso di pietà umana; egli pedala con un ghigno diabolico, disegnato sulle labbra, che mantiene sempre serrate, per non fare intendere all'avversario eventuali segni di difficoltà, non suda, e non è rilevabile all'occhio dell'inesperto, alcun segno di sofferenza sportiva. Sostiene di allenarsi poco; ma nessuno ci crede più, da quando la Garmin, gli ha consegnato un computer sofisticato e segreto che usa per i suoi massacranti allenamenti, anche notturni. In corsa di solito non parla; quella volta che lo fa è solo per minare la sicurezza degli avversari. Anche nella precedente edizione aveva dimostrato un atteggiamento bellicoso, causando persino turbe psichiche ad alcuni partecipanti. Questa volta è andato oltre, cercando di accendere il raduno, non in prima persona, ma indirettamente ed in modo scaltro, per evitare le squalifiche annunciate. Ma la giuria in gara non dormiva e ha visto tutto. Sapeva di essere osservato, e allora ha pianificato che fosse uno del suo team, e non lui, ad attaccare sulla salita della Panoramica. E' riuscito nel suo intento, facendo aumentare l'andatura, in salita, a circa 22 km/h, costringendo il resto del gruppo a rincorrerlo. Mossa furbesca, da squalo degli oceani, e da corridore di corse clandestine. Ovviamente la tattica pianificata, prevedeva l'inserimento di Massimo e Paolo,che si alternavano in testa al gruppo. Massimo, si volteggiava come un condor, tenendo d'occhio il resto della comitiva, e parlando con gli altri, in modo da verificare chi di loro fosse in affanno e quindi in difficoltà, per evitare di marcarlo. Ma in fondo li comprendo: il team è stato pensato per gareggiare e per avere il massimo risultato nelle competizioni, è evidente che fanno fatica a pedalare in modo socialmente utile. Si sono sforzati per non farsi "notare", ma ogni tanto, le loro gambe sembravano come impazzite, e colte da un fremito di formidabile vigore, incominciavano a frullare a tutta, allungando il gruppo e raccogliendo imprecazioni cortesi strillate da quanti si vedevano costretti a rilanciare l'andatura in modo improvviso e da chi stava raccogliendo i fiori nei campi. Devo fare un distinguo: Paolo, che ha saputo mettere da parte l'agonismo che è proprio di ogni corridore, garantendo un servizio da gregario di lusso, al resto del gruppo. Al Drago invece è scappato, come sempre, e con cinismo, il pedale; quest'anno è peggiorato nella condotta di pedalata, rimanendo sempre in testa al gruppo a rilanciare l'andatura, divertendosi al pensiero di torturare. E pensare che il giorno prima aveva fatto la sgambatura per liberare le gambe, a suo dire, messe in croce dalla Nove Colli. Ovviamente non era credibile, si trattava di mero tatticismo. Ivan, alla sua prima partecipazione, è stato diabolico e sabotatore, tessendo trame oscure con il Drago, ed inventando il fuori programma fantozziano sulla salita della Panoramica. Non sono adatti ai raduni spensierati e goliardici; diciamo che potrebbero essere i primi, ma non raccolgono i risultati, in quanto si distraggono tra di loro. Sono sicuro che presi singolarmente, in sella, potrebbero essere umani. Ivan il Terribile, il giorno dopo, ha trattato in anticipo, come portavoce del team, le condizioni per la loro prossima partecipazione, con un comunicato categorico, fattomi recapitare per le vie brevi. Ovviamente le loro richieste talebane, con prove di selezione, stile Isola dei Famosi, non possono essere accettate. 

I veneti.
La loro condotta di pedalata è stata perfetta dal punto di vista del socialmente utile. Nonostante il loro valore agonistico, (ciclisti da 20.000 km all'anno, in pratica dei camionisti a due ruote), si sono dimostrati rispettosi dello spirito del raduno. Entrambe hanno incarnato il senso della Classicissima. Il Vecchia ha avuto anche modo di misurarsi con il gruppo degli incursori, colto da un irrefrenabile desiderio di sverniciata sul muro di Itri. Luciano ha avuto il tempo di fermarsi per raccogliere delle violette ed inserirle sul manubrio: una sorta di Peace e Love del terzo millennio. Pronti alla sfida, ma anche al sacrificio per la migliore riuscita dell'incontro. La loro affezione al raduno mi fa onore; hanno fatto tanti chilometri con l'auto per raggiungere la riviera d'Ulisse e questa è un autentica testimonianza di affezione. Meritano una cittadinanza ad honorem.

Gruppo Passoni ( non ufficiale).
Capitanati da Mauro, si sono visti poco. Mi dispiace non avergli potuto garantire una pedalata "serena", dal punto di vista della velocità, a causa della muta degli agonisti, che si stavano giocando il piazzamento ambito al prossimo Tour de France. E' stato la componente "umana" del gruppo. Complimenti a Mauro che è riuscito, con scaltrezza, a trovarsi sempre nel posto giusto, per farsi immortalare dal fotografo. Mauro ha fatto caricare sull'ammiraglia, due bombole con una miscela composta da elio ed azoto, mescolati alla Red Bull, in modo da potere rianimare, in caso di bisogno, Mottola e gli altri ciclisti che venivano colti dallo spasmo causato dalla sofferenza fisica e/o dall'ansia da prestazione sportiva.

Juri
Dopo l'episodio che lo ha visto protagonista indiscusso della penultima edizione, è stato "curato" presso una clinica di veterani del Tour de France, e gli è stato insegnato che la bicicletta non è un arma. Questa volta è rimasto costantemente nel gruppo,dimostrando finalmente di essere riuscito ad inserirsi nella Classicissima, in modo sereno. Tuttavia va segnalato un episodio avvenuto alla partenza. E' stato richiamato dalla giuria, a seguito, dell'occultamento della maglia ufficiale, sotto un indumento misterioso di colore scuro. La maglia è stata sequestrata e sarà analizzata dalla NASA. Fonti non ufficiali, parlano di tessuto miracoloso, capace di fare aumentare la potenza in watt, grazie ai pannelli solari che rilasciano plutonio attraverso la pelle. Comunque l'attività di "recupero al raduno", iniziata dopo la precedente edizione della Classicissima, ha portato i suoi frutti: in questa edizione, Juri, si è dimostrato socialmente utile, sacrificandosi per i partecipanti in difficoltà, facendo la spola, dalla testa alla coda del gruppo; inoltre non ha mai acceso la miccia o posto in essere fughe. Molto bene.

Nottola
Per tutto l'anno assume un tono minore, poi, improvvisamente, si risveglia alla Classicissima, come un fiore in primavera, dimostrando di essere disposto a tutto, finanche alla tortura, pur di unirsi al gruppo degli attaccanti. Spasmi e dolori, lo hanno fatto contorcere in sella, a causa del limite di cilindrata, ma non molla. Abbandonata la dieta orientale, ha preso qualche chilo di troppo, ma in sella fa miracoli. In futuro, bisognerà attrezzare l'ammiraglia, con un defibrillatore, per scongiurare eventuali crisi cardiache, oppure bisognerà limitargli la velocità in corsa per evitare drammi. Purtroppo la sua logica di agonista, non gli consente, di sentirsi adeguato, in un raduno, aperto anche ai non agonisti. Credo che il tempo gli abbia fatto sviluppare un senso masochistico, tanto da provare esaltazione e soddisfazione a rincorrere i big del raduno. Sempre peggio. Oramai ho perso la speranza di renderlo appropriato per un raduno.

Gennaro
Lo ringrazio per avere disegnato la maglia della Classicissima. Abbiamo pedalato insieme e con soddisfazione, per buona parte del percorso. E' l'amico del pedale, che prima o poi ti aspetti di incontrare, lungo le strade piene di agonisti permanentemente, sul piede di guerra, anche quando ti parlano: quanto sono noiosi !

Centosedici.
Il Centosedici, co-sponsor dell'evento, è stata perfetto nell'organizzazione: cucina e cibo di qualità, cortesia dello staff, stanza con doccia fornita ai partecipanti, albergo elegante e confortevole. Una location ideale ubicata a pochi metri dalla spiaggia. Gino Verardi, il titolare, ha pedalato con il gruppo. Non è cosa da poco, per un imprenditore che lavora incessantemente,ed ha poco tempo per gli allenamenti. Consiglio il Centosedici a tutti i ciclisti e non solo.




Le Crocette ( Querce - Fondi): una salita appenninica, vicina al mare.

Ci sono delle salite dure, che non ti aspetti di scoprire in una zona limitrofa al mare. Questa salita si trova nel comune di Fondi (LT) lungo la strada che porta al valico di Serra Saglione ( 510 metri). Una volta attraversato il centro urbano, si prosegue verso la frazione denominata, Querce; trattasi di un agglomerato urbano, sito alle pendici di un complesso di monti appartenenti alla catena degli Aurunci nel parco naturale dei Monti Aurunci. Da Fondi la strada risale la c.d. Valle delle Querce fino ad arrivare a Le Crocette a quota 510. Il manto stradale nella parte iniziale presenta piccoli dossi ed è rovinato, più si sale e più la qualità del manto stradale migliora. Si parte dallo stadio comunale con la strada che sale e non smette mai di farlo fino alla cima. E' una salita con pendenze discontinue e brusche, che non consente respiro. La parte iniziale della strada è stretta, poi la sede stradale si allarga, ma rimane sempre, una strada di montagna. Il panorama è suggestivo e si pedala tra ali di bosco, con alberi di medio fusto; e proprio la fitta vegetazione, consente di respirare ossigeno a pieni polmoni. Ci si trova nella foresta demaniale Sant'Arcangelo. I dati tecnici: si parte da 0 metri circa dal livello del mare, e si arriva a circa quota 510; lunghezza 6,8 km dall'attacco della salita - 8 km dal piazzale dello stadio comunale ( dove è possibile parcheggiare); pendenza media 7,4; pendenza max 14 %. E' una salita che nella parte iniziale presenta degli strappi fino al 14%; successivamente la pendenza rimane irregolare, ma non scende mai sotto il 6/7%. Rapporti consigliati : 34/36 davanti; 23, 25 o 27 o 30 dietro, a seconda della preparazione. La salita va gestita con tattica, stando attenti ad usare le proprie risorse in modo graduale; sin dall'uscita dal paese di Fondi la strada sale continuamente ed in modo irregolare, quasi degli scalini improvvisi; i passisti la pedaleranno regolari, gli scalatori puri invece l'affronteranno sui pedali, rilanciando continuamente. Periodo consigliato: tutto l'anno. Occorrono allenamento e gambe per salirla. C'è una fontanella sulla destra, salendo, a circa 2 km dal piazzale dello stadio. 
Una volta giunti in cima, si trova un bivio; a sinistra si prosegue verso Lenola (LT), arrampicandosi per circa 200 metri circa, prima di iniziare una lunga discesa, quasi rettilinea; a destra invece la strada prosegue verso Taverna, una frazione del comune di Campodimele. In quest'ultimo caso, il percorso  è contraddistinto da una strada stretta e ricca di curve, che diventa una discesa veloce e tecnica, al termine della quale, si giunge in una vallata molto suggestiva, immersa nel silenzio del Parco degli Aurunci, ricca di vegetazione di alto fusto. Giunti ad un incrocio, si continua sulla strada provinciale: a sinistra si può proseguire verso Lenola, Pico; a destra si raggiunge Campodimele e il santuario della Madonna della Civita, Itri, Sperlonga, Fondi, Gaeta.
Su questa salita si allenava Pantani, durante i ritiri invernali con la Mercatone Uno. Il ciclista romagnolo, durante l'inverno, aveva scelto come ritiro invernale Terracina, per il suo clima mite. Il Pirata era solito perlustrare le zone vicine, alla ricerca di percorsi allenanti. Considerate le caratteristiche naturali del panorama e della salita, Le Crocette, può essere classificata, come una salita appenninica. Consigliata a chi ama la natura e la salita pura e ha gambe, testa e cuore per salirla.
AGGIORNAMENTO. 
Il post è stato citato sul quotidiano on line H24 CLICCA QUI
In data 25.6.2022 la salita delle Crocette è diventata ufficialmente la Cima Pantani, la Salita di Pantani. Per leggere il post CLICCA QUI . Consiglio la lettura anche del nuovo post CLICCA QUI
Saluti ciclistici. 

                                        

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Test Bike: DT SWISS RRC 32 T DICUT


Prima una doverosa premessa. E' da molto tempo che invito le case produttrici ad usare ed incentivare il test bike e il canale del blog, i più efficaci mezzi per promuovere un prodotto, in tempo reale ed obiettivo.  I test bike pubblicati sul web servono eccome. Prima di questo test nessuno aveva recensito e pubblicato un commento tecnico sulle DT SWISS 32 T DICUT e come è noto, il consumatore non è disposto ad investire del denaro, se non ha notizie affidabili e precise da ciclisti esperti. Questo test bike ne è l'ennesima dimostrazione: la ruota test è usata dai professionisti del team IAM Cycling, ciò nonostante nel mondo dei ciclo amatori ( quello che acquista i prodotti) non c'erano notizie di prove su strada. E' servito alla DT Swiss pagare questo team per fargli usare le ruote ? Se fossi stato responsabile marketing della DT SWISS, avrei fornito ai rivenditori autorizzati, quattro ruote test dei modelli di punta gamma carbonio ed alluminio, per consigliare la clientela. Il consumatore non informato è un consumatore allo sbaraglio, un cliente perso; e che dire dei produttori che regalano biciclette, ai conduttori radiofonici, i piloti di F1 e delle moto bike, i cui fans sono tutt'altro che ciclisti: è evidente che questa promozione del prodotto non può avere alcun riscontro nelle vendite. Ma a cosa serve questo spreco di soldi ? Meglio sarebbe stato donarle ai ragazzi che pedalano nel Terzo Mondo, almeno avremmo avuto futuri campioni. Tutto si evolve e questa comunicazione pubblicitaria si dimostra superata. Alcuni brand iniziano a pensare a mezzi di promozione più efficaci. Per esempio, Trek, già da qualche anno, ha abbandonato l'Eurobike, preferendo il canale del bike test per fare conoscere i prodotti. In questi giorni anche Specialized ha deciso di fare lo stesso. I loro responsabili del marketing hanno compreso il momento della svolta: le risorse vanno impiegate per migliorare il  contatto diretto con i consumatori. Ringrazio la ditta Falasca Group,rivenditore autorizzato DT SWISS, precursore dei test bike sul mio blog, che dimostra di avere attenzione per la clientela e soprattutto capacità di aggiornarsi nella comunicazione, fornendo una dinamica e sicura informazione. 
Presentazione della ruota DT SWISS RRC 32 T DICUT. La DT Swiss è un grande e prestigioso produttore di mozzi e di raggi per ruote da strada e MTB. Molti brand usano questi prodotti, come per esempio la Bontrager, la Lighweight. Persino le migliori ruote assemblate vengono realizzate con questi componenti. La DT Swiss produce la linea delle ruote in carbonio nello stabilimento ubicato in Svizzera. La DT SWISS  ha sedi secondarie in Polonia, USA, Francia, Germania e Asia.  
Il modello in prova è fabbricato in Svizzera con le tecnologie DICUT, Ratchet System, RWS. 
Perchè DICUT ? La scelta del nome deriva dal particolare taglio delle flange dei mozzi: la forma del taglio dei diamanti, appunto DICUT, acronimo di diamond cut. Questo taglio unico sul corpo dei mozzi, comporta effetti sulla rigidità e sulla trasmissione della forza motrice. DICUT è un brevetto DT Swiss riservato alle ruote di alta gamma. DICUT significa anche costruzione di  cerchi in carbonio che garantiscono dissipazione del calore generato in fase di frenata; raggi dritti abbinati ai mozzi con flange over size, per un rapporto ottimale peso/rigidità. Il cerchio in carbonio è composto da due sezioni, una destinata specificatamente per la frenata, realizzata con carbonio ad alto modulo ( molto resistente) e trama 3K, mentre il resto del cerchio è costruito utilizzando carbonio unidirezionale, particolarmente indicato per la sua rigidità. La pista frenante si presenta strutturata ed uniforme al tatto, indice di qualità. Il cerchio presenta una struttura toroidale per migliorarne l'aerodinamicità, con una sezione da 21 mm ed  un altezza di 32 cm. La DT Swiss consiglia l'uso di tubolari non inferiori a 19mm e non superiori a 22mm. Ma come dimostrato con la foto, su questa ruota può essere utilizzato anche il tubolare da 23 mm. Sulla sezione del cerchio, va fatta una glossa: ci sono alcuni marchi prestigiosi, tra i quali appunto la DT SWISS, che continuano ad adottare cerchi con sezione da 21 mm; mentre altri marchi, adottano, un cerchio con sezione maggiorata, da 23, 27, 27,5 mm, ritenendo che una seziona maggiore, migliori l'aerodinamica. Francamente provando le diverse sezioni, ho trovato più reattiva una ruota con sezione da 21 mm, piuttosto che da 27 mm. In termini di aerodinamica, credo che conti molto il profilo del cerchio; per esempio, nel caso della ruota DT SWISS in prova, la struttura toroidale,  su una sezione da 21 mm consente di avere una ruota reattiva, quindi molto adatta alla salita con ottima accellerazione, ma anche una capace penetrazione al vento. E' appena il caso di precisare che la sezione da 21 mm è adottata dalla DT SWISS anche per la versione da 46 mm, tanto per far capire la diversa valutazione tecnica operata dal marchio svizzero. Il mozzo con sfere in acciaio di alta gamma, è realizzato con il brevetto Ratchet System: il sistema della ruota libera utilizza cricchetti di precisione, non necessita alcuna manutenzione e garantisce la massima affidabilità. La ruota anteriore presenta 20 raggi in configurazione radiale; la ruota posteriore invece 24 raggi incrociati in seconda (incrociati su entrambe i lati). I raggi della ruota posteriore sono diversamente tensionati: quelli posizionati sul lato dei pignoni hanno una tensione maggiore di quelli opposti. I raggi hanno la testa dritta, in modo da eliminare il punto debole del raggio, il "gomito", nella parte che si inserisce nel mozzo. Il raggio della DT Swiss è realizzato con forgiatura a freddo con verniciatura brevettata e ha un doppio spessore, più sottile al centro che alle estremità, per aumentare l'aerodinamicità, diminuire il peso e per favorire l'elasticità, e quindi il confort. I raggi a "cappella",  non ruotano sotto carico o durante la centratura, mantenendo in tal modo, non solo l'aerodinamicità, ma anche la rigidità e la sicurezza. Sul punto va detto, tanto per fare capire l'importanza della scelta della metodologia della costruzione della ruota, che sotto la coppia motrice, specialmente a bassi giri, i raggi di trazione tendono a tirarsi e i raggi conduttori a curvarsi maggiormente. Lo spessore alle estremità li rende tanto robusti nelle aree a maggior stress, quanto i raggi dello stesso spessore su tutta la loro lunghezza; la sezione centrale più sottile rende il raggio più elastico. Questo gli consente di stirarsi (temporaneamente) maggiormente rispetto a un raggio con più spessore. Di conseguenza, quando la ruota è soggetta a un repentino stress localizzato in una certa area, i raggi più sollecitati dallo stress possono così suddividere il carico sui raggi adiacenti. Maggiore il fattore di limitazione e di  stress che  può sopportare il cerchio prima di rompersi in corrispondenza dei fori dei raggi.
La RRC 32 T DICUT ha una spiccata rigidità laterale perché ha una flangia over size con minima distanza dal cerchio; un cerchio in carbonio UD; raggi con tensionatura specifica a cappella, con testa dritta, e raggi incrociati in seconda sulla ruota posteriore.
Il sistema di sgancio rapido è il brevettato RWS ( wheelmounting), già utilizzato con successo dalla DT SWISS nelle famose ruote da MTB ed è diverso dal Quick Release,come spiegherò nel test. 
Le decalcomanie sono realizzata ad acqua per non incidere sulla aerodinamicità, per evitare che si stacchino e per avere un peso pari quasi a nulla. Non sono adesive. 
Le ruote sono compatibili con le undici velocità Shimano e con tutti i sistemi ad undici e dieci velocità.  
Il peso: 1090 grammi nominali, 1090 grammi reali. Nessuno scostamento. Indice di serietà. Lo scrivo e lo sottolineo; è da un pò di tempo, che alcuni marchi si comportano in modo discutibile, sotto molti punti di vista: i loro prodotti vengono indicati sui cataloghi con un peso più basso di quello reale; in particolare ciò avviene sulle ruote e sui telai. Ebbene la DT SWISS non è tra questi produttori; è una ditta affidabile, mantiene la parola dati ai consumatori.  
ATTENZIONE. Le DT SWISS RRC 32 T DICUT hanno una limitazione di peso; non possono essere usati da ciclisti che pesano più di 90 kg. 

TEST su STRADA.
Ovviamente ho testato la versione per tubolare per avere il massimo della prestazione. E' qualche mese che sto testando le ruote, in modo che possa valutarne anche l'affidabilità. Ho testato il precedente modello, con il profilo da 46 cm, in occasione della prova su strada del Bianchi Oltre (ecco il link DT SWISS RRC CARBON) . Questa volta ho potuto scegliere tra la versione con cerchio da 32 cm e quella con cerchio da 46 cm. Ritenuto che al momento i due modelli cambiano solo nell'altezza del cerchio, ho preferito valutare lo standard delle ruote in carbonio DT SWISS, testando il profilo più versatile, aggressivo e leggero della gamma. Volevo testare, quanto una ruota di alta gamma DT SWISS,  fosse capace di aggredire la salita e non subirla; il banco di prova più impegnativo per una ruota, è la salita, dove non basta avere una ruota leggera, per salire bene, ma bisogna che sia rigida e abbia particolare guidabilità in discesa; caratteristiche queste che servono anche in pianura e sui percorsi vallonati. La mia prova su strada, inizia con una premessa: la 32 RRC T DICUT ha la rigidità laterale di una ruota con profilo alto e la reattività e la facilità di guida del profilo medio. Una ruota completa, che diverte il ciclista e che per quanto concerne le prestazioni, mette d'accordo i cultori del profilo alto e medio; dunque possiede tutti i vantaggi dei due profili, ma senza gli svantaggi del profilo alto.
La 32 RRC T DICUT, non ha caratteristiche principali, è una ruota completa. Una buona ruota nel complesso senza prestazioni straordinarie. E' maneggevole e precisa nella guida, persino nei momenti più difficili, come l'inserimento veloce in curva. La rigidità laterale è buona; altrettanto buona la trasmissione della energia, scaricata sull'asfalto. Le 32 RRC T DICUT danno una sensazione diffusa di sicurezza, nessuna criticità, in ogni condizione; in discesa non costringe a correzioni repentine. La scorrevolezza è buona, ma non elevata Le ruote si guidano con estrema intuizione e facilità. Le RRC 32 T DICUT aggrediscono la salita, in ogni pendenza. Il peso leggero aiuta, tant'è che in nessun caso, ho avvertito la necessità di rilanciarle, spingendo sui pedali; ho solo usato bene i rapporti della trasmissione. La ruota è reattiva; asseconda la variazione di ritmo, in modo istantaneo, e "l'accelerata", è possibile anche da seduto. Un bel risparmio di watt, se si pensa che in fuori sella, si spreca più energia e il sangue deve affluire non solo alle gambe, ma anche alle braccia e alle spalle. 
Il confort delle RRC 32 T DICUT, si avverte sulle asperità e sulle lunghe percorrenze. Il tubolare nuovo era di media qualità, e piuttosto duro nella mescola; dunque credo che l'ottimo risultato sia dovuto alla struttura dei raggi, montata in modo da filtrare anche le irregolarità dell'asfalto. 
Testata con l'attacco di una salita al 15%,  non ho avvertito nessun cedimento laterale della ruota posteriore, soggetta alla forza impressa dalla spinta sui pedali, in fuori sella; altrettanto positiva è stata la risposta della ruota anteriore, rigida lateralmente. Insomma e' una ruota che non flette sotto sforzo. Testata su discese tecniche lunghe circa 14 km, con pendenza media del 6%, e in alcuni tratti con pendenza massima fino al 12%, la frenata si è dimostrata sicura ed uniforme, ed è stata facile gestirla, senza che richiedesse una particolare forza sulle leve; in ogni condizione, anche sul bagnato. L'esperto discesista potrà divertirsi; il neofita o i prudenti si sentiranno sicuri. I tecnici svizzeri hanno fatto un buon lavoro, aggiungendo specifiche pelli di carbonio, sulla pista frenante;  e se ciò ha comportato, rispetto al modello precedente, un aumento di peso, ha però migliorato la frenata. Ho usato tacchetti in sughero Corima in modo da verificare la differenza nella frenata fatta con gli stessi tacchetti, ma con altre ruote full carbon. Tuttavia consiglio l'utilizzo dei tacchetti DTSWISSTOP  forniti in dotazione.
Mi piace la verniciatura bianca dei raggi ( anche se è un pò delicata) che su un telaio soprattutto nero, "illumina" la resa cromatica; ma ho notato che la vernice bianca si è staccata su alcuni raggi. 
Lo sgancio rapido funziona diversamente da quelli nornali; si avvita allargandola e si blocca, automaticamente, lasciandola. Il serraggio è sicuro e non perde tensione. 
Merita un cenno la buona dotazione di serie: le borse porta ruote, belle, imbottite e comode nel trasporto; la confezione di pattini Swiss Top per cerchi in carbonio; utensili per la registrazione dei raggi; la ghiera.    

Aggiornamento test su strada ( maggio 2014). Montati tubolari top di gamma, Tufo Elite Pulse, con battistrada semi liscio e con mescola morbida. Migliorati sensibilmente, il confort, la scorrevolezza e la reattività della ruota. 

Problemi riscontrati durante il test: è stato necessario il montaggio di un distanziale sul corpetto Campagnolo per l'utilizzo del pignone 27. Tale montaggio ha peggiorato l'efficienza della cambiata, che in molti casi, non era pronta e precisa. Sconsiglio l'uso di questa ruota con il gruppo Campagnolo. La vernice bianca di alcuni raggi si è staccata; non è un problema solo di questa ruota, ma di molte altre ruote. 

AGGIORNAMENTO FINALE ( agosto 2015). La ruota DT SWISS RRC 32 T DICUT non è più prodotta. 


Pagella:
Agilità e maneggevolezza: voto 9
Reattività:  voto 9
Rigidità laterale: 7,5
Scorrevolezza: 8 
Confort: 9
Frenata: voto 9
Peso: 9 

Saluti ciclistici. 

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