giovedì 23 settembre 2010

Abbazia di Fossanova. Pedalare nel medioevo










Abbazia di Fossanova ( Priverno-Latina).

Immaginate di trovarvi nella nebbia di un giorno senza data. E immaginate che la bruma diventi una coltre lattiginosa che domina ogni spazio intorno a voi. Ad un tratto vi trovate dentro una abbazia. Le persone intorno a voi emergono dalla nebbia come fantasmi, coperti dal cappuccio del loro saio. Ecco ora vi trovate, anche voi, lontani dal vostro tempo: siete giunti nel medioevo. 
E' successo davvero e credetemi è stato tutto così emozionante. Mi sono trovato nell'abbazia cistercense di Fossanova, un luogo sacro e integro, che si erge in una zona verde, e tutto qui evoca un altra dimensione temporale. Io ci sono capitato con la mia bicicletta, un pò per caso, un pò per destino. Quel giorno ho visto apparire l'abbazia ad una distanza imprecisa, un ombra tra le ombre, dove ogni cosa, ogni persona, ogni animale, sembrava distante, ed emergeva silente dalla nebbia. Sembrava che nessuno si accorgesse di me. Camminavo lentamente, sulla pavimentazione. Il passo era accompagnato dal rumore ritmato delle tacchette delle mie scarpe. La mano destra teneva il manubrio della bici. Le ruote in carbonio scivolavano leggere, intonando il cicaleccio del mozzo Campagnolo. Mi trovai all'interno dell'abbazia. Udivo un mormorio lontano, quasi una cantilena. Incrociai due monaci con lo sguardo abbassato che con il passo lento proseguivano in senso contrario. Non mi salutarono. Sembrava che non mi avessero visto. Eppure io li avevo visti passarmi accanto e scomparire nel punto più lontano del corridoio.
Qui tutto finisce. Gli uomini avidi, desiderosi dei piaceri e del denaro, millantatori, protervi, superbi, golosi, votati alla libidine, ricercatori di vanagloria, nemici del Verbo, invidiosi, malvagi, ladri, lascivi. Qui non hanno forza. Qui non possono nulla. 
L'abbazia si erge come un cavaliere davanti alla bestia immonda, all'Anticristo.  L'ultimo baluardo della civiltà portatrice dei valori dissacrati dal relativismo. 
Cammino lungo i corridoi di marmo. Il silenzio è ovunque. Mi sento come se fossi nudo. L'anima sento rigenerarsi. Ogni pensiero è rapito dalla pace e dalla serenità. Giungo fino alla parte dell'edificio più lontana, quasi nascosta. L'ala dell'abbazia riservata al Santo. Qui è custodita la stanza dove è morto San Tommaso D'Aquino, dottore della Chiesa, autore di una delle più grandi opere filosofiche di ogni tempo: la Summa Theologiae. Era il 7.3.1274. Appoggio la mia bicicletta ad una colonna. Salgo le scale strette e buie. Incomincio a sentire una litania sussurata da mille voci. Gli ultimi gradini. Una luce tenua rende la stanza grigia. Vedo dei frati disposti intorno al letto del Santo. Uno di loro, quello più vicino ai suoi piedi, intona da solo la preghiera. Poi ad un tratto anche gli altri frati sembrano accompagnarlo. Recitavano le preghiere per l'anima di san Tommaso D'Aquino, il cui corpo era disteso su un letto povero. Nella stanza disadorna si ergeva come da una nuvola, un grande crocifisso di legno. Nessuno fa caso alla  mia presenza. La storia non poteva permetterlo. Seguiva i suoi eventi. Una genuflessione annunciò la mia preghiera, che si univa a quella dei frati:
"Requiem aeternam dona eis, Domine; et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace.
Amen".
Intorno a me tutto gira e all'improvviso perdo l'equilibrio. Mi ritrovo nel piazzale antistante l'abbazia. Mi guardo intorno. Tutto è come quando sono arrivato. Monto sulla mia bicicletta e pedalo lentamente. Mi fermo. Un ultimo sguardo. Eppure mi sembrava di essere arrivato molto lontano.......

martedì 21 settembre 2010

Ricordi fugaci


Cala la sera come un sipario sul giorno perduto.
La malinconia accompagna i ricordi, lasciati ovunque dal silenzio; il vento li soffierà via.
Il tramonto colora d'argento l'orizzonte.
Mi siedo a guardare il mare.
La brezza soffia le emozioni; provo a conservarle nei pensieri. I ricordi non ci appartengono, sono del tempo; trattenerli sarebbe come stringere la sabbia.
Celebrato l'idillio ho consumato l'abbraccio evocato ed infine perduto.
Nel cielo traiettorie infinite di gabbiani, annunciano che il tempo mi porterà lontano.






Claudio Cobiani

lunedì 20 settembre 2010

Io pedalo verso il cielo


Passo Gavia (agosto 2010)

Pedalo verso il cielo. La strada ancora da percorrere non la conosco. Ma di strada in bici ne ho fatta tanta: salita, discesa, pianura...come nella vita. In compagnia del destino. La destinazione è lassù, dove il cielo è più azzurro, dove non arriva il volo dell'aquila. E da lì inizierà un nuovo viaggio, quello verso l'eternità. ( Claudio Cobiani 2010).