Nibali ha vinto il Tour de France 2014. Tutto il mondo ce lo invidia. In Italia, ad oggi, nessuno è stato capace di raccontarlo, con le emozioni, che il campione siciliano, ha saputo donarci. Un Dio, che a volte si ricorda dei suoi figli, ci ha donato, un successo sportivo prestigioso, autentico, che altre nazioni, pur di averlo sarebbero state disposte a cedere la metà del PIL ! Mi tocca leggere delle pagine (in verità non molte, rispetto alle notizie del calcio estivo), dedicate alla vittoria del ciclista siciliano, scialbe, confuse, di autentica bruttezza, assolutamente inadeguate, finanche capaci di "umiliare" la vittoria, con frasi sterile, in stile gossip, o di mera circostanza. C'è voluto l'intervento dei social network e dei corridori per ottenere almeno, la prima pagina in giallo dell'edizione odierna di un noto quotidiano sportivo nazionale, comunque con profilo minore, rispetto a quelle riservate a Nibali, dai giornali francesi, durante il Tour; ma solo una, sia chiaro, perchè " è impossibile procurarsi all'ultimo momento (sic!), diverse tonnellate di carta della tinta giusta." come ha precisato con un trafiletto la redazione. Quale ultimo momento ! Nibali è stato in maglia gialla per circa tre settimane, conquistando, ad ogni tappa, un vantaggio abissale sugli avversari; hai voglia a procurasi la carta (riciclata). Gli articoli letti, mi sono sembrati, incapaci di celebrare le gesta di Nibali. Non mi aspettavo i versi omerici dell'Iliade, giammai; ma quanto sono lontani, le rime, degli articoli "poetici", intrisi di neologismi lessicali straordinari, di grande Brera, o la prosa di assoluta eleganza di Cannavò, oppure le pagine di letteratura dedicate al ciclismo di Vasco Pratolini o quelle scritte in veste di corrispondente del Giro dal poeta Alfonso Gatto, da Dino Buzzanti ( proverbiale il suo passaggio della corsa così descritto: " Chi e'? Un rombo laggiù si approssima, e l'urlo della folla sembra un tuono. Chi è? Ma non si può rispondere. Troppo lontano è ancora."), dal decano Indro Montanelli, da Emilio Sereni, da Manlio Cancogni ( " D'improvviso schiarì e apparve, in fuga, sulla strada lucida di pioggia, Coppi."). E'appena il caso di ricordare i contributi di Paolo Monelli, Giovanni Mosca, Giorgio Bocca, Anna Maria Ortese. E chissà quante emozioni ci avrebbe dato il Tour di Nibali nelle telecronache di Adriano De Zan.
Il giornalismo di questi giorni non mi conquista. Forse è vittima "dell'incantesimo", che rende gli italiani "schiavi" e non più "padroni del tempo", così imbarazzati, nel ruolo di vincitori sportivi, tanto da non sapere nemmeno declamare, un proprio campione, nonostante che siamo la progenie di un eccelsa sequela di poeti e scrittori. Mi sarei atteso qualche articolo che spiegasse compiutamente, la chiave di lettura del successo di Nibali ed il valore dell'impresa conquistata in terra d'Oltralpe. Il Tour del France è ritenuta la competizione più importante, dello sport più popolare, insieme al calcio. Non solo non è inferiore al campionato del mondo di calcio, ma è più suggestivo, per la durezza, la spettacolarità e la fatica. Ammetto che sono stato ottimista; per narrare il ciclismo bisogna anche conoscere non solo lo sport e la vita, ma soprattutto bisogna essere ciclisti, ma non "quelli della domenica". Da parte mia, il 23 marzo scorso, scrissi....... Clicca
Invece, leggo, in prevalenza, concetti sterili, particolari di scarsa importanza, tipo il piatto preferito da Nibali! Povera Italia che non sa raccontare più le gesta e i sacrifici dei suoi figli, eroi dello sport, che oggi, per chi non lo avesse ancora compreso, hanno lo stesso ruolo di chi ha combattuto in guerra per "farla" e difenderla. Se è vero che non esistono più i cantori dello sport, è pur vero però che ciò non basta a spiegare questa "contumacia" nazionale. Forse è l'Italia che non sa più pensare come nazione, ma solo come "provincia" di Bruxelles; è l'Italia impazzita e svogliata, che non ha voluto festeggiare un suo figlio vincitore di una delle competizioni più prestigiose al mondo. Non è un caso che il campione siciliano, terminato il Tour, non è ritornato in Italia, a ricevere i festeggiamenti, ma è volato in Belgio, dove gli hanno organizzato una sessione di circuiti di 7 giorni. Manifestazioni sportive che ospiteranno gratuitamente, migliaia di belgi, condite con birra e patatine fritte a volontà. Certo in Italia, Nibali sarà ospite del presidente della Repubblica e del capo del governo. Ma è poca cosa, rispetto al valore della vittoria e all'esempio di vita regalato agli italiani. Persino l'innata vocazione nazionale, di saltare sul carro del vincitore, si è, in questo caso, defilata. Figli di uno sport minore oppure figli di una nazione minore? E' un periodo nefasto per la nostra Patria. Te ne accorgi guardandoti attorno. Anche per questo la vittoria di Nibali non ha avuto per l'Italia, un effetto pari a quello della vittoria di Bartali al Tour, che fu capace di scongiurare la guerra civile. Rimane pur sempre una grande vittoria, una sua grande vittoria; l'Italia ha fatto ben poco, visto che corre con un team estero. Saluti ciclistici.
Il giornalismo di questi giorni non mi conquista. Forse è vittima "dell'incantesimo", che rende gli italiani "schiavi" e non più "padroni del tempo", così imbarazzati, nel ruolo di vincitori sportivi, tanto da non sapere nemmeno declamare, un proprio campione, nonostante che siamo la progenie di un eccelsa sequela di poeti e scrittori. Mi sarei atteso qualche articolo che spiegasse compiutamente, la chiave di lettura del successo di Nibali ed il valore dell'impresa conquistata in terra d'Oltralpe. Il Tour del France è ritenuta la competizione più importante, dello sport più popolare, insieme al calcio. Non solo non è inferiore al campionato del mondo di calcio, ma è più suggestivo, per la durezza, la spettacolarità e la fatica. Ammetto che sono stato ottimista; per narrare il ciclismo bisogna anche conoscere non solo lo sport e la vita, ma soprattutto bisogna essere ciclisti, ma non "quelli della domenica". Da parte mia, il 23 marzo scorso, scrissi....... Clicca
Invece, leggo, in prevalenza, concetti sterili, particolari di scarsa importanza, tipo il piatto preferito da Nibali! Povera Italia che non sa raccontare più le gesta e i sacrifici dei suoi figli, eroi dello sport, che oggi, per chi non lo avesse ancora compreso, hanno lo stesso ruolo di chi ha combattuto in guerra per "farla" e difenderla. Se è vero che non esistono più i cantori dello sport, è pur vero però che ciò non basta a spiegare questa "contumacia" nazionale. Forse è l'Italia che non sa più pensare come nazione, ma solo come "provincia" di Bruxelles; è l'Italia impazzita e svogliata, che non ha voluto festeggiare un suo figlio vincitore di una delle competizioni più prestigiose al mondo. Non è un caso che il campione siciliano, terminato il Tour, non è ritornato in Italia, a ricevere i festeggiamenti, ma è volato in Belgio, dove gli hanno organizzato una sessione di circuiti di 7 giorni. Manifestazioni sportive che ospiteranno gratuitamente, migliaia di belgi, condite con birra e patatine fritte a volontà. Certo in Italia, Nibali sarà ospite del presidente della Repubblica e del capo del governo. Ma è poca cosa, rispetto al valore della vittoria e all'esempio di vita regalato agli italiani. Persino l'innata vocazione nazionale, di saltare sul carro del vincitore, si è, in questo caso, defilata. Figli di uno sport minore oppure figli di una nazione minore? E' un periodo nefasto per la nostra Patria. Te ne accorgi guardandoti attorno. Anche per questo la vittoria di Nibali non ha avuto per l'Italia, un effetto pari a quello della vittoria di Bartali al Tour, che fu capace di scongiurare la guerra civile. Rimane pur sempre una grande vittoria, una sua grande vittoria; l'Italia ha fatto ben poco, visto che corre con un team estero. Saluti ciclistici.
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