Se ti interessano solo le ultime novità del negozio per sentirti migliore, o il migliore, e non ti piace leggere e analizzare il cambiamento delle persone e della società, forse questo post non è per te. Forse.
Mi guardo intorno e cambiano i volti dei ciclisti o forse cambiano i ciclisti. C'è qualcosa che è mutato, non sono le biciclette che alla fine fanno solo un grande giro per ritornare ad essere quelle che erano, macchine semplici e già inventate; sono i ciclisti a cambiare. I saluti rari tra ciclisti, quella competizione sterile durante "giri del palazzo", uscite di gruppo senza motivazioni, dove non ci si allena, ma si chiacchiera e si invade la strada, si partecipa per apparire, non per essere, quel vociare fuori dai bar per farsi notare. E' tutto così assurdo. Molti ciclisti di oggi sono più interessati a creare un rapporto mediatico via social, cioè fanno gruppo per mettere foto sui social, ritrosi a vivere il ciclismo per quello che è, a pedalare oltre agli schemi.
La bicicletta è nato come un mezzo rivoluzionario, ed è diventato, in questi ultimi anni, un modo per omologarsi, ad un branco, che divora i più deboli economicamente, nessuna libertà c'è nei loro gesti pigri o di rivalsa, ma solo un modo per apparire, attraverso le convenzioni. Eppure la bicicletta è quella straordinaria macchina, capace di liberare le città dallo smog, dal traffico delle auto, di migliorare le persone nel corpo e nello spirito, nella socialità, ma prima ancora nell'essere cittadino del mondo, e protagonista del proprio tempo. La bicicletta è democrazia, un mezzo che rende tutti uguali, anche i campioni. C'è ancora l'occasione per rivoluzionare il mondo, pacificamente: pedalando. Mancano i rivoluzionari capaci di pedalare oltre la moda, l'apparire. Mancano i ciclisti autenticamente eroici, che se ne fregano della forma. Oggi ci sono troppi pedalatori con atteggiamenti caratterizzati da ossessioni, compulsioni, confondono la bicicletta da corsa per una moto, un auto, assecondando un marketing che rende complesso quello che è semplice per natura: la bicicletta. Mi chiedo se alla fine è il marketing ad avere stravolto il ciclista oppure è il marketing che segue la metamorfosi (o la regressione) dell'uomo ? Un esempio. Viviamo una società pigra che ama competere senza avere qualità: ecco allora che il marketing offre la E-Bike.
La bicicletta è diventato anche un modo, per emarginare le persone non omologate alla moda, per non accettarle nel branco, allontanando coloro che non usano i prodotti di tendenza. Oggi c'è persino il vigliacco che aggredisce verbalmente le persone sul web, solo per odio, per invidia; esistenze che non vivono, ma si nascondono dietro una tastiera, non hanno nulla a che vedere con un ciclista, eppure si auto proclamano esperti ciclisti. Un tempo sarebbe stato costretto a nascondersi, per non finire linciato. Tutto è diventato così diverso, da non assomigliare alle persone, ma al marketing, che crea automi, trasformandoli, in consumatori incalliti, senza anima, facendoli competere uno contro l'altro, nell'apparire, nell'odiare. La bicicletta non è uno smartphone, la cosa che per antonomasia rappresenta l'uomo di oggi. La bicicletta non ha tempo.
E allora mi sono chiesto, cosa prova un ciclista anziano, in questo nuovo mondo ? Ricordi, emozioni, malinconia, il desiderio di ritornare a pedalare contro il vento, ascoltare di nuovo il battito forte del cuore, il sudore scivolare sulla pelle, la sensazione infinita di libertà, il piacere di spingere e di rimanere in equilibrio contro la forza di gravità. Un vero ciclista lo si è per sempre, fino alla fine. Mi capita di incontrare un ciclista anziano, con la bicicletta con le leve del cambio sul tubo obliquo. Una bicicletta blu, di molti anni fa, lucida, con i comandi piccoli. Lo vedo passare silenzioso, quasi premuroso a non dare fastidio con la sua presenza; lo vedo percorrere la salita, con il suo passo, e rimettere con cura la sua bicicletta nell'auto per ritornare a casa. " Why do I still have this bike ? It started to become an old friend, and I don't discard my old friend." Che tradotto significa " Perché ho ancora questa bicicletta ? E' diventato un vecchio amico e non mi va di scartare i vecchi amici". Rispondeva un anziano ciclista americano a chi gli chiedeva perché avesse ancora la sua vecchia Masi. In fondo è come nel film Indian, La Grande Sfida con protagonista il grande Anthony Hopkins, che interpretava Burt Munro, in una storia vera: è solo una questione di passione. Già la passione quella che sembra mancare al ciclista di oggi, che spesso usa la bicicletta solo per competere fuori dalle corse.
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Ma per fortuna esistono ancora autentici ciclisti, che resistono al tempo e nel tempo. A loro va la mia stima. Saluti ciclistici.
un bellisismo articolo come sempre !
RispondiEliminaQuesti sono gli articoli che mi piacciono...grande Claudio
RispondiElimina👍🏻
RispondiEliminaBelle parole, fanno riflettere
RispondiEliminaMeditate gente..... meditate 😉
RispondiEliminaMi verrebbe voglia di dire : il POST definitivo come già detto in altri tuoi articoli ma questo mi sa che lo è per davvero.
RispondiEliminaRacchiude un po' il senso di tutto e della nostra società in che direzione sinistra sta andando.....qui si parla di bici da corsa ma potremmo replicarlo a qualsiasi altro contesto odierno purtroppo.
Siamo governati e schiacciati da qualcuno e il bello sta proprio nel fatto che la maggior parte delle persone non se ne rende minimamente conto, ipnotizzati dal marketing e dai social......ahi ahi dove finiremo.
Complimenti Claudio , ogni volta è un piacere leggerti.
Bellissima e malinconica foto di quello che sta succedendo alla nostra società ed al nostro sport, mangiati dal marketing
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