sabato 22 dicembre 2018

Riflessioni sulla bicicletta.

Se ti interessano solo le ultime novità del negozio per sentirti migliore, o il migliore, e non ti piace leggere e analizzare il cambiamento delle persone e della società, forse questo post non è per te. Forse. 

Mi guardo intorno e cambiano i volti dei ciclisti o forse cambiano i ciclisti. C'è qualcosa che è mutato, non sono le biciclette che alla fine fanno solo un grande giro per ritornare ad essere quelle che erano, macchine semplici e già inventate; sono i ciclisti a cambiare. I saluti rari tra ciclisti, quella competizione sterile durante "giri del palazzo", uscite di gruppo senza motivazioni, dove non ci si allena, ma si chiacchiera e si invade la strada,  si partecipa per apparire, non per essere, quel vociare fuori dai bar per farsi notare. E' tutto così assurdo. Molti ciclisti di oggi sono più interessati a creare un rapporto mediatico via social, cioè fanno gruppo per mettere foto sui social, ritrosi a vivere il ciclismo per quello che è, a pedalare oltre agli schemi.  

La bicicletta è nato come un mezzo rivoluzionario, ed è diventato, in questi ultimi anni, un modo per omologarsi, ad un branco, che divora i più deboli economicamente, nessuna libertà c'è nei loro gesti pigri o di rivalsa, ma solo un modo per apparire, attraverso le convenzioni. Eppure la bicicletta è quella straordinaria macchina, capace di liberare le città dallo smog, dal traffico delle auto, di migliorare le persone nel corpo e nello spirito, nella socialità, ma prima ancora nell'essere cittadino del mondo, e protagonista del proprio tempo. La bicicletta è democrazia, un mezzo che rende tutti uguali, anche i campioni. C'è ancora l'occasione per rivoluzionare il mondo, pacificamente: pedalando. Mancano i rivoluzionari capaci di pedalare oltre la moda, l'apparire. Mancano i ciclisti autenticamente eroici, che se ne fregano della forma. Oggi ci sono troppi pedalatori con atteggiamenti caratterizzati da ossessioni, compulsioni, confondono la bicicletta da corsa per una moto, un auto, assecondando un marketing che rende complesso quello che è semplice per natura: la bicicletta. Mi chiedo se alla fine è il marketing ad avere stravolto il ciclista oppure è il marketing che segue la metamorfosi (o la regressione) dell'uomo ? Un esempio. Viviamo una società pigra che ama competere senza avere qualità: ecco allora che il marketing offre la E-Bike. 

La bicicletta è diventato anche un modo, per emarginare le persone non omologate alla moda, per non accettarle nel branco, allontanando coloro che non usano i prodotti di tendenza. Oggi c'è persino il vigliacco che aggredisce verbalmente le persone sul web, solo per odio, per invidia; esistenze che non vivono, ma si nascondono dietro una tastiera, non hanno nulla a che vedere con un ciclista, eppure si auto proclamano esperti ciclisti. Un tempo sarebbe stato costretto a nascondersi, per non finire linciato. Tutto è diventato così diverso, da non assomigliare alle persone, ma al marketing, che crea automi, trasformandoli, in consumatori incalliti, senza anima, facendoli competere uno contro l'altro, nell'apparire, nell'odiare.  La bicicletta non è uno smartphone, la cosa che per antonomasia rappresenta l'uomo di oggi. La bicicletta non ha tempo.

E allora mi sono chiesto, cosa prova un ciclista anziano, in questo nuovo mondo ? Ricordi, emozioni, malinconia, il desiderio di ritornare a pedalare contro il vento, ascoltare di nuovo il battito forte del cuore, il sudore scivolare sulla pelle, la sensazione infinita di libertà, il piacere di spingere e di rimanere in equilibrio contro la forza di gravità. Un vero ciclista lo si è per sempre, fino alla fine. Mi capita di incontrare un ciclista anziano, con la  bicicletta con le leve del cambio sul tubo obliquo. Una bicicletta blu, di molti anni fa, lucida, con i comandi piccoli. Lo vedo passare silenzioso, quasi premuroso a non dare fastidio con la sua presenza; lo vedo percorrere la salita, con il suo passo, e rimettere con cura la sua bicicletta nell'auto per ritornare a casa. " Why do I still have this bike ? It started to become an old friend, and I don't discard my old friend."  Che tradotto significa " Perché ho ancora questa bicicletta ? E' diventato un vecchio amico e non mi va di scartare i vecchi amici". Rispondeva un anziano ciclista americano a chi gli chiedeva perché avesse ancora la sua vecchia Masi. In fondo è come nel film Indian, La Grande Sfida con protagonista il grande Anthony Hopkins, che interpretava Burt Munro, in una storia vera: è solo una questione di passione. Già la passione quella che sembra mancare al ciclista di oggi, che spesso usa la bicicletta solo per competere fuori dalle corse.

" Why do I still have this bike ? It started to become an old friend, and I don't discard my old friend." Le sagge parole del ciclista americano John Gallagher inducono a riflettere. In fondo siete sicuri che un nuovo modello sia sempre migliore e faccia la differenza sostanziale su strada ? 

I marchi stranieri più famosi vi hanno indotto a  pensare che la bicicletta sia solo un oggetto da cambiare ogni anno, alla stregua di uno smartphone; loro puntano alla quantità avendo la necessità di smaltire migliaia di telai all'anno. Puntate alla qualità e a creare un rapporto intelligente e di stile con la bicicletta. Lo scrivo da tempo che la bicicletta ha un anima e va vissuta fino alla fine. Non vedetela come un oggetto, altrimenti sarete colti dall'insoddisfazione e quindi dalla compulsione ossessiva all'acquisto. Questo è lo scopo del marketing. Ognuno scelga quello che vuole, ma ricordatevi sempre che la bicicletta non è una moto, un auto, è solo una macchina che si muove per la forza delle gambe e del cuore del ciclista; il mezzo performante aiuta, ma non risolve problemi di prestazione; per quelli c'è bisogno di passione, allenamento, cuore e testa. La bicicletta da corsa è ( e deve essere) una macchina semplice.
E come nel film Indian, La Grande Sfida con protagonista il grande Anthony Hopkins, che interpretava Burt Munro, in una storia vera, è solo una questione di passione; il resto è marketing, come dico sempre, meditate ciclisti.
In conclusione. Non seguite le mode del mercato; seguite la strada, seguite la passione, senza complicarvi la vita con una bicicletta che ha bisogno di più manutenzione. 
Saluti ciclistici. 


3 commenti:

  1. Bel post, ed hai citato un film bellissimo! Saluti Lupo solitario...

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    1. Ciao Bastianella31, mi ha fatto piacere leggere il Tuo commento. Ti ringrazio. Saluti ciclistici.

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  2. “Complicare è facile, semplificare é difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c’é in più della scultura che vuol fare. Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura? Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l’essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. Eppure quando la gente si trova di fronte a certe espressioni di semplicità o di essenzialità dice inevitabilmente: “questo lo so fare anche io”, ntendendo di non dare valore alle cose semplici perché a quel punto diventano quasi ovvie. In realtà quando la gente dice quella frase intende dire che lo può rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima.
    La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico detto cinese dice: “quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte”.

    Bruno Munari

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