Sulle "mie" colline ci sono percorsi gravel/road, in modalità salita/discesa, non c'è pianura, lassù c'è da farsi la gamba, a seconda della cilindrata, sono palestre naturali e suggestive. Stamane ho percorso questa mulattiera, nel silenzio del bosco in altura ( circa 500/600 metri dal livello del mare). Mi piace saltare dalla salita asfaltata a quella gravel, senza soluzione di continuità, come se fosse un unica e lunga ascesa, soluzione ideale per "mentalizzare" la salita.
Fondamentale la differenza salita gravel/road. Per esempio, le mulattiere sono salite tipicamente gravel, rampe verso il cielo con pendenze a 2 cifre (partono dal 10% circa), in terra battuta e pietre di diverse dimensioni. Difficoltà doppia: "ascesa abile" giacché richiedono anche abilità ed equilibrio per scartare o passare sopra pietre di varie dimensioni. In generale la salita gravel è più impegnativa della salita asfaltata, il fondo è precario, non ci si può alzare sui pedali, bisogna tenere il corpo bene bilanciato sulla bici per non slittare e continuare a spingere rimanendo seduti, non si può rilanciare fuori sella, bisogna andare di passo nei tratti più impegnativi. Poi c'è la discesa gravel, ma ne parlerò in un altra occasione, perché il gravel non lo fa la barba alla moda, ma la gamba e il coraggio, come sempre.
Detto ciò, il mio allenamento in salita e per la salita è un esercizio psico/fisico, la "mentalizzo" cioè mi abituo all'ascesa, per fare in modo che diventi un esercizio quasi normale. Variare il ritmo, abbassare il battito cardiaco, lavorando oltre la soglia a sessioni: si spinge a tutta, come se ci allenasse in apnea e si rallenta per 10 secondi e poi si riparte, per più volte, fino a sentire male alle gambe, o poco prima. Così mi alleno a variare il ritmo, in modo che diventi quasi un abitudine, allungare e rallentare continuamente, la migliore tattica per fare "boccheggiare" l'avversario e alzare la soglia e/o mantenerla alta.
Su come pedalare gravel CLICCA QUI
Se si pedala in salita, poco, in modo discontinuo, non si abitua la mente e il corpo alla salita, e ogni volta che da soli o in compagnia si ritorna a farla, inizia quella che chiamo, la " via crucis ciclistica", una sofferenza oltre quella normale, dato che tutti, anche i campioni, soffrono in salita, e non c'è possibilità di stare a ruota, ognuno pensa per sé, in modalità " si salvi chi può", un pò come accade nella vita quotidiana, la migliore metafora della vita. Diciamocelo: che ciclismo sarebbe senza salita ?! Saluti ciclistici.
Nessun commento:
Posta un commento