domenica 18 dicembre 2022

Ciclismo amatoriale e poesia: come capire se ci si allena ottimamente.

Il ciclismo amatoriale vero è quello vissuto sulla strada. Pratica, tanta pratica. Vedo pedalatori non lucidi; si spremono oltre "la loro cilindrata" e durante e/o al termine del giro diventano irascibili, persino violenti, soprattutto nei confronti di chi ha la "cilindrata più alta". Imparate a gestirvi: dosate le forze e non esagerate mai, allenatevi con gradualità, ci vuole tempo per andare forte a "pane ed acqua", abbiate costanza ed umiltà, dovete competere solo con voi stessi. Chi va in bici da tempo, sa benissimo, che la prima cosa che  capita, se si esagera con lo sforzo atletico, è quella di non ragionare più e di perdere la lucidità, in gergo "non arriva più sangue la cervello" ! Figuriamoci se si riuscirebbe a ricordare una poesia lunga e articolata. Il consiglio. Controllate lo stato di forma con la poesia 😉: al termine di una lunga salita,  a ritmo corsa, se riuscirete anche voi a declamare i versi dell'Infinito di Leopardi, come riesco a fare nel video, allora vorrà dire che vi sterete allenando ottimamente. Se invece non riuscirete a ricordarla, allora vorrà dire che vi state sbagliando, vi allenate male, non avrete " la mente, le gambe e il cuore della cilindrata giusta"! Provateci e capirete. Saluti ciclistici. 



3 commenti:

  1. Notte prima degli esami di Venditti, al massimo questa, a poesia a memoria vado maluccio. Tornando a bomba sul focus, presumo tu abbia avuto una spinta di "vissuto" per scrivere di getto il post, penso che trovare gente che si arrabbia o va fuori dal seminato perchè meno prestante o superata sia na roba tragicomica ma tanto tanto vera, capitano situazioni più o meno spiacevoli quando ci si allena e pure se non te le cerchi ti capitano, purtroppo. Bene che vada te mandano a quel paese ed ecco perchè meglio rifuggire greggi ed agglomerati di pedalatori vari, meglio soli, massimo con uno o due amici prima ciclisti poi.

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  2. A parte che un "Infinito di Leopardi" a settimana farebbe comunque bene a tutti, anche ai non ciclisti, la faccenda merita un'altra testimonianza. Gli incidenti più seri cui ho assistito in gruppo sono stati dovuti a gente che, non consapevole o non attenta ai propri limiti, ha cominciato a fare spropositi perché in carenza di ossigeno al cervello. Staccarsi da chi va più forte non è un dramma, lo è invece farsi male per colpa di un deficiente che non sa più nemmeno come si chiama. Ci tengo perciò a precisare, ove non fosse ancora chiaro, che nello "essere ciclisti", anche in spirito di agonismo (che è uno dei tanti sapori della bici), c'è pure questa maturità di saper ascoltare sé stessi onde captare i segnali di "oltre", superando i quali peraltro si entra in uno stato di prostrazione fisica e mentale che toglie ogni piacere al resto dell'uscita. Se poi i nostri compagni di strada non ci aspettano allo scollinamento, vuol dire che non sono loro il nostro gruppo.

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  3. Dopo tanti anni di ciclismo, ho visto tanti pedalatori finire senza sangue al cervello. L'ultima mi è capitata qualche settimana fa. Mi ero fermato a spostare una bottiglia di vetro rotta, lasciata o finita pericolosamente in mezzo alla strada; appena ripartito, sono stato sorpassato da un pedalatore, il quale non solo non mi ha salutato, come normalmente si fa tra ciclisti, o tra persone educate, ma nel sorpassarmi mi ha sfiorato. La strada era una. Per ritornare a casa dovevo percorrerla. Quindi si è determinata una classica situazione simile ad una corsa, giunta alla fase finale. Lui continuava a pedalare, senza volere dialogare, come si usa fare quando due ciclisti si incontrano. Voleva staccarmi e proseguire da solo, ma non riusciva a farlo perché non aveva benzina sufficiente o allenamento idoneo per riuscire a farlo. Percorrevamo una strada ondulata. Appena ci avvicinammo all'arrivo in città, iniziò la parte finale, caratterizzata da uno strappo duro, in salita. Lui continuava ad allungare, ma senza staccarmi; voleva dimostrarmi che lui era più forte. Immaginavo che sullo strappo finale, negli ultimi 100 metri, avrebbe fatto lo sprint finale per mostrarmi il suo immotivato disprezzo pseudo agonistico. Ovviamente quando c'è competizione, si combatte, non ci si tira indietro, è istintivo. Inizia la volata sullo strappo finale, finisce che lo "svernicio", rallento, lui mi si avvicina ed incomincia a farneticare, a fare discorsi senza senso: " Io sono più forte" " Tu non sei nessuno" " Ti gonfierei di mazzate" eccetera; poi non soddisfatto mi ha sorpassato cercandomi di farmi cadere. Per fortuna o per abilità non ho perso l'equilibrio. Gli ho chiesto perché avesse perso il controllo di se stesso, ma non ho ricevuto una risposta seria. Sta di fatto che avevo due possibilità: o cambiare strada, o cercare di recuperarlo alla ragione avendo compreso la sua frustrazione e la sua condizione di pedalatore senza esperienza. Ho scelto la seconda e forse ho fatto bene, dato che la chiacchierata lo ha reso sereno al punto che ci siamo salutati con un sorriso. Il consiglio è sempre lo stesso: salutate, fraternizzate, regalate sorrisi, siate umili, perché sulla strada troveremo sempre uno più forte e non vale la pena fare la fine del botto a muro; alleniamo la gambe e la capacità di socializzare, la bici serve a questo. Saluti ciclistici.

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