venerdì 3 giugno 2016

La sociologia del ciclismo amatoriale italiano.

La bicicletta è un osservatorio speciale e ravvicinato della persone dedicatesi all'antica pratica del ciclismo. Ogni generazione di ciclisti, è un perfetto spaccato della società contemporanea italiana, quindi è sufficiente pedalare per capire che aria tira. In buona sostanza il ciclismo amatoriale, come ogni altro sport, è la chiave di lettura del mutamento sociale. La società contemporanea italiana non è solidale, ma competitiva,  emargina e prevarica il prossimo. Pedalo da moltissimi anni e in  questi anni di pratica e di raduni ciclistici, organizzati con lo scopo di recuperare, al sano agonismo, orde di corridori da "corse clandestine", ho saputo cogliere le diverse sfumature delle personalità ciclistiche, notando un comune denominatore: la competizione insana ovvero irragionevole ed insensata. La maggioranza dei ciclisti amatoriali, che definisco ciclisti medi, pedala per competere con il compagno di uscita; sono pochi, e solo i migliori dal punto di vista caratteriale e sociale, quelli che invece la usano per competere con se stessi, per avere un collegamento con la libertà, con la natura e con il prossimo. Dal ciclista medio ci si difende con l'ironia, facendolo sentire il più forte; è inutile sorpassarlo, tanto non capirebbe. Il novello usa la bici per dimostrare che non è l'ultimo e che è disposto a vendere cara la pelle; l'esperto la usa per affermare la sua superiorità nel gruppo; l'anziano la usa per dimostrare che non è finito. Il momento topico del ciclista medio, in cui prende forma il suo inutile talento, è quello tragico e persino comico dell'uscita con il gruppo, dove egli manifesta la personalità in modo competitivo mediante impulsi aggressivi che celano frustrazioni. Del resto dove c'è una competizione non necessaria, non può esserci amicizia e socialità. Una farsa sportiva quella generata dal ciclista medio, che ha l'aspetto di una competizione malsana, talmente smodata, che nemmeno i professionisti oserebbero tanto e così ingiustificatamente. La scena del "crimine" è il gruppo, il modus facendo è stare davanti,  per farsi ammirare, osannare, come il campione della porta accanto, che avrebbe potuto competere al Tour de France, se solo qualcuno se ne fosse accorto! I ciclisti medi non tollerano la mezza ruota, e sono disposti a rischiare un infarto per non farsela fare. In ogni gruppo si cela il BIG della situazione, quello che si allena sui rulli persino 5 ore al giorno, quello che pedala 20.000 km all'anno, quello che usa il 53 sulla salita, e tutti loro almeno, una volta, l'hanno sparata grossa, con l'espressione di chi mente a se stesso. Ne ho visti di ciclisti medi pedalare e pavoneggiare ; francamente ne sono assuefatto e oramai rassegnato. I miei raduni sono stati un esperimento sociale, con tristi esiti, di vita aggregata tra ciclisti medi impropriamente competitivi. Non c'è stato verso di migliorare la loro socialità in sella. Se dovessi cogliere un tratto comune nel loro pensiero, potrei compendiarlo senz'altro in questi brevi brocardi: "In sella non conosco nessuno. Nessun fratello e nemmeno cugino in sella riconosco. Conta solo chi sta davanti". E ne ho visti di questi formidabili campioni incompresi, vomitare ed imbruttirsi, mentre si danno l'anima per vincere il momento di gloria, pedalando al di sopra delle possibilità. E che dire del ciclista medio, che non si presenta al raduno perché non si sente in forma, giustificandosi in modo pittoresco. Il ciclista medio non ha compreso che nessuno di noi è un campione e non deve dimostrare niente a nessuno. Per una volta ancora, voglio dare un consiglio a tutti i ciclisti medi: divertitevi con voi stessi e con gli altri e non prendetevi troppo sul serio, altrimenti finirete per essere delusi oppure per ammalarvi di una mania compulsiva. La bicicletta è un grande invenzione, uno strumento di fratellanza, la rivoluzione dell'uomo moderno, non un arma letale, da puntare "in faccia" al prossimo che come noi, si caratterizza per gli stessi limiti; tutti faticano, nessuno è invincibile. Come non ricordare i ciclisti medi che si impegnano in programmi di allenamento pianificati da improbabili preparatori e non raggiungendo i risultati sperati, finiscono per odiare la bicicletta; oppure i ciclisti medi che fanno una vita da atleta anonimo per vincere l'uscita domenicale; i ciclisti medi che sono stati trovati positivi al doping; quelli che svengono ad una GF; quelli che se li superi ti scattano alle spalle per andare in fuga ( verso cosa ?) per dimostrarti che sono più forti; quelli che usano bugie formidabile, con dovizia di particolari, per conquistare una donna appassionata di ciclismo; i ciclisti medi e novelli che sfidano il vicino di casa, senza sapere come è fatta una bicicletta; quelli meschini, bugiardi ed invidiosi che incontrandoti per strada con l'auto, abbassano il finestrino e ti dicono con tono malefico: " Esci sempre....io non riesco mai ad allenarmi"! 
Ciò nonostante, non tutti i ciclisti amatoriali, sono medi, cioè ugualmente normali, nella loro mediocrità sociale, nel loro vivere nel gregge; c'è ancora un gruppo di ciclisti che crede nei valori, che non mancherebbero mai di esserci ad una pedalata,  persino in un giorno qualsiasi. Per questi ciclisti,  eroi dei nostri giorni, portatori dei valori della vita, che si distinguono dalla massa, e dalle convenzioni, c'è sì, tutta una strada da salire, ma in serenità; c'è il ciclismo autentico, quello tramandato con le gesta del ciclismo eroico, molto di più di un arrivare per prima in cima. Il vero ciclismo è una storia di amicizia. Il ciclismo fa selezione, in modo positivo, nel senso che in molti partono con te, ma solo gli amici non si staccano e continuano a pedalarti accanto. L'amico ciclista è quello che condivide, e non solo metaforicamente, la strada della vita, anche in sella, è quello che ti pedala accanto. Evolvetevi e pedalate ovvero evolvetevi nel pedalare. Saluti ciclistici.



4 commenti:

  1. Come non essere d'accordo? Ma a pensarla così siamo davvero in pochi.
    Claudio come sempre hai colto nel segno.
    Ti abbraccio, ciao.

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  2. Ciao Claudio ,
    girando per il tuo blog mi sono imbattuto in queste tue riflessioni , sono purtroppo attualissime .
    L'articolo sembra scritto ieri .
    E' stato molto bello leggerlo e ritrovarsi con le tue considerazioni , gli anni sono passati invano .
    Anzi la situazione è sensibilmente peggiorata , parola di lupacchiotto irpino .
    Ti ringrazio per come curi il blog , è sempre un piacere visitarlo .
    Salvatore Cuomo

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  3. Che maestria nell'esporre questi pensieri, tanto semplici da essere quasi scontati, ma di scontato ahimè non c'è proprio nulla perché ciò che è semplice per una mente sana non lo è affatto per una mente alienata dal nulla e dal periodo convulso in cui stiamo vivendo. Queste righe sono lo spaccato dei nostri tempi... purtroppo.
    Penso che l'ignoranza faccia vivere bene, sì perché ci si ferma all'apparenza delle cose e non se ne comprende il senso.
    È un articolo del 2016 ma potrebbe esserlo del 2026. Qui si discute piacevolmente di bici ma lo si potrebbe applicare a tutti i contesti.
    Concludo dicendo che è sempre un grande piacere e una crescita Interiore leggere queste parole.
    Ciao

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