Domenica 4
agosto 2013, ore 8,44, temperatura 30° circa, il Mostro mi attende,
dal lato più duro, quello di Lettompanoppello; una “rampa di
garage” con pendenza media del 7,39%, lunga 28 km, con il più alto
dislivello d'Italia; si parte da quota 104 metri e si arriva a
2142 metri; una salita senza possibilità di recupero, dura, severa,
come questa parte della terra d'Abruzzo, la Majella.Un giorno da
lupo.
Dopo
un riscaldamento iniziale, attacco la salita, dal versante del Giro
d'Italia, quello più duro, da Lettomanoppello, in una mattina
agostana; caldo torrido, che l'altitudine dell'Appenino non sa
attenuare; temperatura d'arrivo 40°, si pedala all'inferno.
Pedalo
concentrato sin dalle prime rampe, gli strappi più duri, sono
all'inizio, sembra quasi che il Block Haus mi dice: “ Qui inizia il
tuo calvario.”; rispondo con un attacco secco, grazie al buon
lavoro di preparazione; quasi una immersione in quota; inizio il mio
soliloquio esistenziale, un dialogo silente con l'anima e con il
cambio: 21/23/25/27, una sequenza automatica, incessante;
continua metamorfosi dei movimenti, evoluzione gestuale, che segue
l'andamento della strada appenninica, fatta di rilanci sui pedali, di
una parvenza di regolarità con le mani sul manubrio, alternate alla
presa sulle leve: il breviario dello scalatore, imparato a memoria,
forgiato e personalizzato.
Il
ciclismo è pensiero che si fa azione; si pedala sulla strada e non
al bar; solo sudore, sacrifici e passione; chi pedala, non parla, ma
“mena “sui pedali. Tutti i ciclisti onesti e caparbi meritano
rispetto. Non lo meritano quelli che criticano seduti sulla poltrona
di casa, con la pancia gonfia di presunzione, quelli che chiamo i
“paposciari”. Del resto il ciclismo è la metafora della vita.
E
il Block Haus merita rispetto; una salita maestosa, granitica,
implacabile, che non puoi scalare se non hai almeno una buona
preparazione, non consente improvvisazioni, con il suo continuo
salire, che non concede respiro, una sfida celebrale, ancor prima che
fisica, logorante: o riesci a mulinare incessantemente le gambe, in
modo regolare, con scatti di rilancio, rapporti agili, senza andare
fuori giri, perchè il Block Haus non ti perdona il rapporto
sbagliato, lo spreco di energie, la perdita di concentrazione, oppure
su in cima non si arriva ed è meglio rimanere a casa, a sognarlo e a
vederlo scalare dai professionisti del Giro d'Italia.
Il
caldo torrido è come una calamita che aumenta la sofferenza, cerca
di svuotarmi delle energie, mi colpisce il casco come un martello,
nei lunghi tratti esposti al sole agostano; bere è l'unica, ma anche
nutrirsi, regolarmente, con i miei fruttini alla frutta concentrati
di fruttosio, di pronta assimilazione. L'ossigeno inizia a
scarseggiare; in quota la temperatura si fa calda; quindi quel poco
d'ossigeno arriva “bollente”; ma in questi anni di scalate,
l'ossigeno ho imparato ad usarlo con parsimonia, superati i 1500
metri, full immersion, è il duro lavoro di chi ama l'alta montagna.
L'olio
termoregolatore Hibros Presport Professional sulle gambe e una crema
repellente sulle braccia e un po' sulla maglia, mi rendono sgradevole
agli insetti, e anche questa è una lotta, con la natura; bisogna
essere preparati anche al loro attacco, altrimenti si perde energia e
concentrazione per scacciarli. Nessun insetto mi ha punto; qualcuno
invece, forse il più disperato, è riuscito solo a disturbarmi, ma
davvero per poco.
Il
Block Haus non smette mai di salire, lo leggo sulla strada, lo ripeto
dentro di me; interpreto anche questa scalata, come mi insegnò un
anziano ciclista, pedalando regolare, fino al penultimo km, perchè
il “buio” può arrivare all'improvviso e rovinare tutto; perchè
pedalare regolare significa mantenere la media e togliersi persino
dalla ruota molti avversari. Ma qui non ci sono “avversari”; è
una fuga solitaria e le sfide contro me stesso sono quelle che cerco
perchè fanno crescere e superare i limiti. I passaggi sui tornanti,
seguono un ritmo preciso, come una litania, senza spingere,
mantenendo il passo. Ammetto che qualche spinta l'ho data; non ho
resistito. Solo un passaggio tra ali di alberi, prima di giungere a
passo Lanciano, consente di ripararmi dai violenti raggi solari. Sono
sicuro che qualche albero mi ha incitato. Vorrei socchiudere gli
occhi e goderne a pieni polmoni, della frescura creata dall'ombra
fitta. Cedo con il pensiero solo un attimo, che vorrei che fosse
eterno, mentre le gambe continuano a mulinare, da sole. Arrivo a
Passo Lanciano. Grazie alla mia “ammiraglia” che mi rifornisce di
borracce, non interrompo la scalata, e tiro dritto, mentre davanti a
me, molti ciclisti probabilmente provenienti dal lato opposto, quello
da Roccamorice, sono in fila davanti all'unica fontanella.
La
strada si alza bruscamente. Dopo qualche centinaio di metri, passo
tra ali di alberi da alto fusto, con un manto stradale, non ottimale,
per via degli avvallamenti provocati dalle radici, che avanzano; poi
ritorno sotto il sole, implacabile, cocente; altri tornanti,
paesaggio brullo, e guardando sempre più in alto, scorgo persino le
numerose antenne, issate sulla sommità. Strada larga e ben
conservata, qualche sasso. Superò l'hotel ristorante Mammarosa,
l'ultima possibilità per chi decide di rifocillarsi, ma non per me
che cerco di arrivare prima, aumento il passo, il traguardo si
avvicina; lo desidero da un anno; l'ho immaginato nelle notti
d'inverno; l'ho disegnato nelle giornate di primavera; l'ho chiamato
con il pensiero nelle giornate di mare. Supero due grossi blocchi di
pietra, posti ai lati della strada, che ne stringono la carreggiata,
quasi una porta che apre all'ultima parte. La strada continua a
salire, lungo gli ultimi tornanti. Le gambe continuano a girare per
non perdere il ritmo, anche se la tentazione è quella di spingere di
più. Incontro un camminatore, che mi chiede “ Quintana ? “; mi
viene da sorridere e gli rispondo “ Magari sono solo Lupo
Solitario”. Mi saluta agitando la maglietta. Mi sento in fuga. Non
vedo nessun ciclista davanti, utile come punto di riferimento. Un
tornante ancora e poi supero le antenne e il piazzale di ghiaia: il
rifugio Pomilio. La scalata non è terminata. Passo tra motociclisti
immobili e “affaticati” , fermi in sosta, ed escursionisti
diretti verso la vetta del Block Haus. collocata sul Monte Amaro.
Supero in uno stato ascetico, l'inizio dell'area interdetta al
traffico veicolare. Ancora due km o poco più. Altra curva. Il Block
Haus si inerpica ancora, e la strada, si fa molto stretta; schivo
qualche buca, qualche camminatore, che mi saluta con diversi
dialetti, segno che la montagna unisce e richiama persone da ogni
luogo. Sale, sale, sale, non smette mai. Inizia un tratto
contraddistinto a sinistra da uno steccato di legno. Una curva ancora
e poi una piccolissima rotatoria. Supero l'ultimo passaggio. I
tubolari solcano un breve tratto in cemento. Arrivato. L'edicola
votiva della Madonnina , nascosta da un tabellone del Parco della
Majella, e da una macera. Ora posso farlo, socchiudo gli occhi, tiro
un respiro e mi abbandono alla fatica. Ma l'endorfina prodotta dal
mio cervello, grazie allo sforzo atletico, inizia a creare uno stato
diffuso di benessere. La fatica sembra svanita. Scendo dalla sella;
appoggio la Trek Madone 7S, uno sguardo silenzioso e compiaciuto per
ringraziarla per avermi accompagnato e assecondato nell'ascesa. Mi
guardo intorno. Un panorama spettacolare. Appennino allo stato puro.
L'anima sembra volare in quegli spazi infiniti, colorati
dall'azzurro. Chiudo gli occhi e alzo la mano: mi sembra di toccare
il cielo. Arriverà il giorno in cui continuerò a pedalare, lassù,
dove non ci sono strade di catrame e di pietre; dove tutto è aria ed
infinito. Ho bisogno di bere, ma la borraccia è vuota. Qualche foto,
per regalarle all'immortalità di un povero e semplice ciclista. Poi
saluto i ciclisti sopraggiunti. Ci scambiamo gli scatti fotografici.
Un arrivederci, che sa di addio. Rimonto in sella. Ritorno sul tratto
in cemento; supero la piccola rotonda. Sono soddisfatto del l'ascesa.
Inizio la discesa; freno perchè prendo velocità facilmente; la
durezza della salita si capisce dalla discesa; scarto le buche;
schivo le persone; saluto qualche ciclista che sale; l'ultima curva e
poi ritorno al rifugio Pomilio. E' finita. Saluto con rispetto il
Bloch Haus che mi ha regalato una grande sfida. Una salita infinita
di cui ne vado fiero e che ricorderò per sempre.
Dico
ai ciclisti abruzzesi: siate orgogliosi del Block Haus. E' un dono
divino.
Curiosità:
tempo impiegato per l'ascesa, un ora e 50 minuti circa. Direi che è
un tempo di tutto rispetto se considerò che Davide Cassani, nel DVD
Le Grandi Salite del Ciclismo, indica 3 ore e 20 minuti per un
cicloamatore, due ore e 15 minuti per un cicloamatore con una
preparazione media e un ora e 45 minuti per un cicloamatore con una
preparazione buona. Forse qualche minuto avrei potuto guadagnarlo se
avessi conosciuto la salita. Ma ho preferito gestirmi. Sono comunque
soddisfatto considerato che ho 48 anni di età a dicembre, lavoro,
famiglia e vado a propulsione naturale.
Da
sapere:
l'ascesa del Blockhaus (2145 m s.l.m.), classificabile come salita
appenninica lunga con il maggiore dislivello in
Italia (2039 m) ed una delle più dure del centro Italia, assieme a
quella del Gran
Sasso (Campo
Imperatore) e del Terminillo. Comprende in tutto tre diversi
versanti di difficoltà crescente con un ultimo tratto finale in
comune. Il versante da Pretoro è
quello più facile, ma anche il più lungo (circa 30 km)
con pendenze medie
di circa il 6%; il versante da Lettomanopello è
quello più duro, lungo 28 km, con un primo tratto di 10,4 km
all'8,4% fino a Passolanciano(1300
m) dove si innesta al precedente percorso ed una pendenza media
complessiva del 7,39%; infine il versante da Roccamorice è
leggermente più facile rispetto a quello di Lettomanoppello e la
strada si ricongiunge a quella dei due percorsi precedenti nei pressi
della Maielletta(1600
m) con pendenza media complessiva del 7,1%. La strada che sale al
Blockhaus tuttavia è da qualche anno interrotta a quota 1890 m nei
pressi del Rifugio
Pomilio ed
il restante tratto è sterrato, rendendo quindi la scalata un po' più
breve e più facile. Si può comunque raggiungere la vetta del Block
haus (dove c'è la statua della Madonna), percorrendo il sentiero con
fondo di cemento, piuttosto ruvido ma fruibile, che inizia dal
rifugio Pomilio e chiuso al transito degli autoveicoli. La
salita del Block Haus, dal lato più ostico che parte da
Lettomanoppello è stata scoperta grazie al compianto patron del Giro
d'Italia Torriani. Nell'albo d'oro della corsa rosa figurano nomi
come Merchx , il primo a vincere sul Mostro.
A
piedi si può continuare ed arrivare fino alla punta del Monte Amaro
dove c'è la suggestiva roccia dei briganti sulla quale sono stati
incisi con la lama i nomi e qualche data della loro uccisione. Anche
qui venne scritta una pagina amara della storia dell'Italia: quella
della fase del risorgimento, in cui le truppe piemontesi combatterono
il fenomeno del brigantaggio, che in realtà fu una lotta sanguinosa
contro ex soldati pontifici e borbonici, comunque tutti italiani, che
non accettarono quella che il Sud considerò un invasione dello stato
sabaudo. Ma questa è un altra storia, amara e quasi nascosta della
nostra Italia. Mi fermo qui.
Il versante del Giro d'Italia, il più duro, da Lettomanoppello. Si svolta verso Passo Lanciano |
le prime rampe, dure come la roccia. |
Passaggio della borraccia al volo a mia moglie: prendo quella piena, senza fermarmi. Mai piede a terra. |
Passo Lanciano: passaggio vicino alla video camera, invece di fermarmi alla fontanella, si continua verso il Blockhaus.
Mi è venuta voglia di caricare la bici in macchina e partire per l'Abruzzo !
RispondiEliminaComplimenti, ciclista vero.
Grazie Mimmo.
RispondiEliminaComplimenti! Hai domato un vero "mostro" e da ciclista abruzzese posso confermarti che anch'io considero il versante da Lettomanoppello più difficile di quello da Roccamorice. Quest'ultimo ha pendenze con punte maggiori, ma ha tornanti che fanno rifiatare. Lettomanoppello invece ha un bel tratto che tira dritto senza misericordia, senza contare l'inizio veramente duro. Se torni da queste parti possiamo rifarlo insieme:
RispondiEliminaaffacciati su BDC forum, il mio nick è Bladerunner 1957. Di nuovo complimenti.
Sergio
Ciao Sergio. Ti ringrazio. Contaci; te lo farò sapere. Buone pedalate e buon divertimento.
RispondiEliminacomplimenti Claudio .. oggi ho scalato il Blockhaus.. è un vero mostro .. versante da Lettomanoppello ..come te... unico rammarico è che essendo ancora inizio primavera l'ultimo tratto era ostruito dalla neve.. quindi non sono potuto arrivare fino in cima ma solo un km oltre il rifugio pomilio. Ho scalato salite davvero dure .. tipo il San Pellegrino in Alpe.. ma il Blockhaus è come dici tu un vero Mostro.. davvero ..complimenti a tutti quelli che hanno il coraggio di scalarlo!!!
RispondiEliminaCiao Ciro. Complimenti anche a te...anzi a tutti noi che abbiamo avuto il coraggio e la tenacia di farlo. Dopo che si è domato il Mostro, niente è più come prima, si sale di categoria. Saluti ciclistici.
EliminaCiao, io da abruzzese della "costa" ho sempre ammirato ma mai osato salire così in alto, partendo dalla spiaggia _ortona_ arrivo a Pretoro e temo di non essere all'altezza di quella salita. Da un pó però, ho questo richiamo..il prossimo anno ci proverò! Ottimo descrizione! Grazie
RispondiEliminaCiao Claudio,
RispondiEliminaGrazie di cuore per avermi fatto conoscere il "Mostro".
Ieri ho affrontato e domato il Blokhaus e come si evince chiaramente dal tuo dettagliato e stupendo reportage dopo aver vinto la sfida "nulla sarà piu come prima".Sensazioni uniche, scenari incantevoli ed una soddisfazione eccezionale....personalmente l'ho affrontata da fara filiorum Petri ed effettivamemre, da quel versante,fino a Passo Lanciano è abbastanza agevole,ho trovato particolarmente duro il tratto dall'Hotel Mamma Rosa fino in cima. Saluti Rino
ciao,
RispondiEliminaa settembre di quest'anno affronterò il blockhaus dai due versanti: lettomanoppello e da roccamorice. cercavo su internet qualche racconto e ho trovato il tuo: mi sono emozionato.
grazie
pierpaolo
Ciao Pierpaolo. Ti ringrazio. Buona avventura. Saluti ciclistici.
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