giovedì 20 settembre 2012

19.5.2013. Il Giro d'Italia arriverà sul Col de Galibier: lo spettacolo è servito.

19 maggio 2013. Sarà una domenica. Segnatelo perchè sarà uno spettacolo da vivere. Per la prima volta la corsa rosa si arrampicherà  sui leggendari tornanti del Gigante Galibier salendo fino ai 2642 metri !!!!
Ma ci sono altre date da ricordare. Il 10 luglio 1911. Un eroe con il dorsale numero 2, indossando una maglia a maniche lunghe e pedalando con una bici da 15 chili che si chiamava Emile Georget. Era la quinta tappa del nono Tour de France. Una tappa di 366 km a quasi 27 km/h di media, per un totale di 13 ore e mezzo. Georget una volta riuscito ad arrivare in cime al Galibier, stravolto dalla fatica della salita, disse: " Mai visto niente di simile". La bellezza dello spettacolo della montagna simbolo del Tour de France,  lo aveva colpito quanto la durezza dei tornanti  e l'altitudine del Gigante. 
La storia del Galibier si perde nei tempi. In origine apparteneva ai mercanti e contrabbandieri. Poi è diventata una cima epica per il ciclismo. Henri Pelissier, Eugene Christophe, Federico Bahamontes, Charly Gaul, Eddy Merckx, Gino Bartali, Mario Vicini, Fausto Coppi, Franco Chioccioli, Stefano Garzelli, Marco Pantani. Ecco i campioni che hanno dedicato le loro gesta al Gigante del Col de Galibier. 
La memoria ritorna ad un altra data: il 27 luglio 1998. Quel giorno l'estate se ne andò per lasciare posto all'inverno. Doveva rimanere una giornata epica. La bufera e il freddo aggravarono la durezza della tappa. Solo il dolore e la difficoltà esaltano gli eroi. E quel giorno un eroe conquistò la tappa. Scattò a 47 km dall'arrivo di Les Duex Alpes e a 4 km dalla vetta del Galibier, nel punto dove ora c'è un monumento a ricordarlo. Scattò in faccia alla maglia gialla Ulrich e si involò verso il traguardo in solitaria. 
Il ciclismo è memoria. Sul Galibier c'è un altro monumento che ricorda un uomo di ieri: Henri Desgrange, l'ideatore del Tour de France, la corsa a tappe più prestigiosa. Egli aveva sognato questa cattedrale del ciclismo mondiale, appunto il Galibier e  disse: " Oh Sappey, oh Laffrey, oh Col Bayard, oh Tourmalet ! Non mi sottrarrò al mio dovere nel proclamare che, confronto al Galibier, non siete altro che neonati pallidi."
Sul Galibier si odono ancora il fiato e le parole sussurrate e farfugliate per la fatica dai corridori che lo hanno sfidato. Come non ricordare le parole deliranti di Dédé Leducq, che nel 1930, colto da una tremenda crisi di fame,si fermò su una pietra per chiamare la mamma; oppure le parole del grande Raymond Poulidor che definì il Galibier "un supplizio". 
Il Giro d'Italia il prossimo anno arriverà per la prima volta sul Galibier e lo farà per celebrare un suo compianto campione, che qui scrisse, una delle pagine più belle del ciclismo e la sua leggenda. Quell'uomo che veniva dal mare, si chiamava Marco Pantani. 
E' stato come un presentimento. E' il caso di dire che sono andato ad annunciare la carovana rosa.  Quest'estate sono andato in Francia per ricordarlo e per pedalare dove lui aveva messo le ruote. Galibier, Les Duex Alpes, Telegraphé, Alpe d'Huez, Lautaret; ma anche Croix de Fer e Glandon per ricordare il Pirata e tutti i campioni che hanno lottato su queste cime epiche e a quell'altitudine.  E' stata un emozione fortissima. Non ci sono parole per descriverla. Il Galibier l'ho salito  in entrambe i versanti; quello dal Col de Lautaret e quello da Valloire. Quando per la prima volta nello stesso giorno, scesi il Galibier provenendo da Lautaret per andare verso Valloire, la strada scorreva veloce sotto le ruote e le curve erano molto impegnative, direi brusche, a gomito e continue. All'uscita di un tornante, mi si parò davanti una piccola vallata nascosta in una gola. Lì si erge un monumento hi-tech commemorativo di Marco Pantani, realizzata da Sergio Piumetto. L'avevo memorizzato da una foto. Ma non sapevo che l'avrei incontrata proprio lì e in quel momento. Quando la vidi, mi sembrò come di sognare. Tirai forte i freni. Mi avvicinai al bordo della strada, attraversando la corsia opposta e mi fermai ad ammirare la stele. Scesi e senza una parola e non curandomi del sopraggiungere dei miei familiari che mi seguivano a bordo "dell'ammiraglia", mi avvicinai e rimasi ad ammirarla per un tempo che non ricordo. Mio figlio mi scattò qualche foto e ripartì a tutta pensando a Pantani. Quella mattina pedalai nel silenzio di un emozione che non scorderò mai. 





Il saluto al Pirata su Les Duex Alpes


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