venerdì 29 agosto 2014

Il Tempio Canoviano di Possagno



Nel mio errare sulle montagne per arrivare più vicino al cielo, ho trovato Possagno, un piccolo paese in provincia di Treviso, posto alle pendici del Monte Grappa; avvenne il giorno prima della sua scalata. La personale sete di cultura, spesso si rivela, subitanea, e mi trovo perso, tra la conoscenza e la curiosità, che pur muove ogni intelletto umano. Incontrai il tempio, in modo causale, pur conoscendolo. Accadde mentre percorrevo la strada provinciale, in un posto recondito, nel mezzo di un cammino lontano; il Tempio si stagliava sull'altura del Col Draga, ad un altezza di 342 metri dal livello del mare; istinto di grimpeur o richiamo della bellezza ? Il Tempio del Canova si ergeva all'orizzonte, figura aurea, eleganza non comune, evocando civiltà e dimensioni temporali lontane. Dostoevskij disse che la " Bellezza salverà il mondo." . Certo è che la bellezza può, fare attraversare il tempo,ovunque, persino dai ricordi; come mi accade nel momento in cui vidi il Tempio, eretto su tre ampie gradinate, con la sua forma unica, nata dalla commistione di due stili; un tributo alle culture più importanti della storia antica:quella greca e quella romana; il colonnato ricorda il Partenone di Atene, il corpo centrale invece, è simile al Pantheon romano. Lo disegnò Antonio Canova, e nel farlo rese omaggio alla civiltà greca, la cultura romana e il messaggio cristiano. Egli lo progettò nell'800 e ne sostenne quasi per intero la spesa per la realizzazione. E quando lo scultore scomparve furono altri a portarlo a compimento. Fu proprio nella nicchia centrale del Tempio, che Canova volle essere sepolto; in un Tempio, che rappresenta, un dono prezioso per la comunità del piccolo paese trevigiano e per il mondo intero. Al suo interno, si possono ammirare, la cupola semisferica di celeste bellezza e di imponenza non comune, le opere dello stesso Canova, di Luca Giordano, di Palma il Giovane, di Giovanni Sacchis, di Andrea Vicentino, la Pietà in bronzo di Bartolomeo Ferrari, gli affreschi di Giovanni De Min, infine la pala canoviana. La sensazione di diffusa bellezza ammaliano il visitatore. L'allegoria del messaggio cristiano è ovunque; nella Cogolà, nelle colonne, nelle porte strette, nell'aula rotonda, nella luce che splende al suo interno, nel portone grande. Uscendo ebbi come una sensazione di essere giunto molto lontano, in un punto indefinibile, dello spazio e del tempo, in una dimensione ultra terrena. In questa pace elegantemente intarsiata negli altari e nei pavimenti composti con pietre bianche e rosse del Piave, del Grappa, di lumachella e  nei legni antichi e pregiati, l'uomo può solo genuflettersi innanzi al mistero del divino e alla bellezza universale, quale umile esecutore. Porterò con me quelle emozioni. 

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