A Terracina si trovano i resti dell'antico santuario rupestre di epoca romana, dedicato al culto del dio Silvano; sono in stato di abbandono ed esposti agli agenti atmosferici e agli atti di vandalismo.
Si tratta di una nicchia dove si trovava la statua del Dio Silvano nel quale sono visibili i fori per i responsi, un altare contenente un epigrafe. Si trovano su Monte S. Angelo, in un aerea estesa e prospiciente alla zona La Fossata, all'interno della quale si trovano altri resti di una villa romana, lasciati anch'essi all'incuria. Su l'epigrafe posta sull'altare, si legge l'iscrizione dedicata al Dio Silvano, da tale " Octavius cum pater filio Pitaino ( traduzione: per visione ricevuta da Dio). Il santuario rupestre, si incontra, sulla destra, sulla strada che porta al più noto, Tempio di Giove.Il sito ha una storia tragicomica, a cui darei il titolo " Dalla mina, all'incuria", da inserire nel filone della commedia all'italiana. Eccone la narrazione tratta da un documento storico e pubblico:
Nella nota di Pio Capponi a Borsari del 28 maggio 1885 è scritto: “Dall’Ing. Ispettore Marchetti forse avrà saputo l’ultima scoperta da me fatta sui prima di Maggio, di cui glie ne accludo uno schizzo fatto sul posto: l’iscrizione fù dal medesimo copiata, come ne prese pure le misure principali, però temo che abbia in talune parti equivocata qualche lettera per la grande corrosione siasi del tempo come delle acque, a questo scopo tengo pronto il calco, che se Ella verrà in Terracina potrà portarselo in Roma [...]“ .
Successivamente il santuario venne calato nell'oblio, Nel marzo del 1921, questa lettera giunse al direttore della Soprintendenza dei Monumenti di Roma da parte di un disegnatore dello stesso Ufficio: “Per portare a conoscenza della S.V.I quanto segue.Nella parte a Monte della Città di Terracina e nell’oliveto della chiesa di S. Francesco, esisteva scolpito sopra una roccia l’avanzo di un Santuario dedicato ai Sylvani. Tale antico ricordo veniva ora dopo tanti secoli distrutto da una mina per ricarvarne del materiale da costruzione.E’ doloroso denunziare alla S.V. simili atto i quali mettono in evidenza il grado di cultura che possa avere sia chi ha dato l’ordine di demolire come chi l’ha eseguito, un’opera che era stata rispettata per tanti secoli. Ritengo opportuno far conoscere che altri avanzi sono spariti, come quelli rinvenuti nei recenti lavori eseguiti alla marina dal SIg, Natali, nell’eseguire le fondazioni di un suo villino nelle quali si rinvennero tratti di muri dell’antico parto di Traiano, che furono in parte ricoperte dalle mura di elevazione della nuova costruzione.Questo stato di cose, devesi sopratutto, al completo abbandona nel quale viene lasciata la città di Terracina, ove abbondano avanzi di antiche costruzioni, senza sorveglianza di persone interessate e sopra tutto per la mancanza dell’Ispettore Onorario che da molto tempo non vi ha più la residenza [...]“.Il Comune, proprietario del terreno dove sorge il monumento, fu ritenuto incapace di impedire l’accaduto e incapace di tutelare, ( come avviene ancora oggi), “il patrimonio archeologico e storico cittadino“. A Roma fu deciso di “scoprire i colpevoli e per deferirli all’autorità giudiziaria“.
Si tratta di una nicchia dove si trovava la statua del Dio Silvano nel quale sono visibili i fori per i responsi, un altare contenente un epigrafe. Si trovano su Monte S. Angelo, in un aerea estesa e prospiciente alla zona La Fossata, all'interno della quale si trovano altri resti di una villa romana, lasciati anch'essi all'incuria. Su l'epigrafe posta sull'altare, si legge l'iscrizione dedicata al Dio Silvano, da tale " Octavius cum pater filio Pitaino ( traduzione: per visione ricevuta da Dio). Il santuario rupestre, si incontra, sulla destra, sulla strada che porta al più noto, Tempio di Giove.Il sito ha una storia tragicomica, a cui darei il titolo " Dalla mina, all'incuria", da inserire nel filone della commedia all'italiana. Eccone la narrazione tratta da un documento storico e pubblico:
Nella nota di Pio Capponi a Borsari del 28 maggio 1885 è scritto: “Dall’Ing. Ispettore Marchetti forse avrà saputo l’ultima scoperta da me fatta sui prima di Maggio, di cui glie ne accludo uno schizzo fatto sul posto: l’iscrizione fù dal medesimo copiata, come ne prese pure le misure principali, però temo che abbia in talune parti equivocata qualche lettera per la grande corrosione siasi del tempo come delle acque, a questo scopo tengo pronto il calco, che se Ella verrà in Terracina potrà portarselo in Roma [...]“ .
Successivamente il santuario venne calato nell'oblio, Nel marzo del 1921, questa lettera giunse al direttore della Soprintendenza dei Monumenti di Roma da parte di un disegnatore dello stesso Ufficio: “Per portare a conoscenza della S.V.I quanto segue.Nella parte a Monte della Città di Terracina e nell’oliveto della chiesa di S. Francesco, esisteva scolpito sopra una roccia l’avanzo di un Santuario dedicato ai Sylvani. Tale antico ricordo veniva ora dopo tanti secoli distrutto da una mina per ricarvarne del materiale da costruzione.E’ doloroso denunziare alla S.V. simili atto i quali mettono in evidenza il grado di cultura che possa avere sia chi ha dato l’ordine di demolire come chi l’ha eseguito, un’opera che era stata rispettata per tanti secoli. Ritengo opportuno far conoscere che altri avanzi sono spariti, come quelli rinvenuti nei recenti lavori eseguiti alla marina dal SIg, Natali, nell’eseguire le fondazioni di un suo villino nelle quali si rinvennero tratti di muri dell’antico parto di Traiano, che furono in parte ricoperte dalle mura di elevazione della nuova costruzione.Questo stato di cose, devesi sopratutto, al completo abbandona nel quale viene lasciata la città di Terracina, ove abbondano avanzi di antiche costruzioni, senza sorveglianza di persone interessate e sopra tutto per la mancanza dell’Ispettore Onorario che da molto tempo non vi ha più la residenza [...]“.Il Comune, proprietario del terreno dove sorge il monumento, fu ritenuto incapace di impedire l’accaduto e incapace di tutelare, ( come avviene ancora oggi), “il patrimonio archeologico e storico cittadino“. A Roma fu deciso di “scoprire i colpevoli e per deferirli all’autorità giudiziaria“.
“[...] che con facilità dovesse emergere la persona responsabile che rilasciò il permesso di demolire le roccie esistenti in detto terreno, senza fare obbligo di rispettare il Monumento in parola, e di conseguenza conoscere l’operaio che eseguì tale distruzione [...]”
Il prosindaco Pandolfi, però, declinò ogni responsabilità e rispose che i resti del santuario erano stati distrutti da un temporale (sic) di una violenza tale da frantumare le rocce:
“[...] In riscontro alla nota controindicata mi pregio significare che per quanto risulta a quest’Amministrazione non sembra esatto che gli avanzi del Santuario ai Sylvani siano stati distrutti da una mina, giacché si trovano rovinati dopo ed a seguito di un forte temporale. [...]
Il Ministero replicò:
[...] La trovata del temporale è bella, ma in pratica non è attuabile, perché quegli avanzi molti temporali avevano sostenuto in oltre due mila anni di esistenza e se non fosse intervenuta la marra devastatrice dell’uomo parecchi secoli avrebbero ancora resistito.
Di più il funzionario che fece il sopraluogo e che conosceva a fondo la località e l’opera, ebbe a riscontrare che a posto del monumento era un cumulo di pietra atta a costruzioni e ridotto a scaglioni da mina e da mazza. [...]“.
Di più il funzionario che fece il sopraluogo e che conosceva a fondo la località e l’opera, ebbe a riscontrare che a posto del monumento era un cumulo di pietra atta a costruzioni e ridotto a scaglioni da mina e da mazza. [...]“.
Il Ministero andò avanti nell'intento di scoprire i responsabili ed incarico delle indagini i locali Carabinieri. L’11 settembre 1921, i Carabinieri di Terracina fecero giungere al Ministero la seguente nota:
“[...] Significando che malgrado le più assidue indagini esperite da quest’Arma per venire alla scoperta degli autori e raccogliere prove sui colpevoli per la demolizione del Santuario dei Silvani [...] non è riuscito venire alla conoscenza dagli autori. Si continuano le indagini [...]“.
Qualche mese dopo una comunicazione dei Carabinieri al Ministero del 12 dicembre 1921 precisò infine:
“In riscontro al controsegnato foglio, si ha ha l’onore di riferire che da un sopraluogo fatto al monurnento in oggetto, si è potuto constatare che il monumento ai Silvani non è affatto demolito dalla mina, ma esso è tuttora intatto.
Infatti esiste, impressa nello scoglio, una lapide della quale è stato possibile leggere le seguenti lettere: (vedi foto). A sinistra della lapide vi è una vaschetta cilindrica, impressa pure nello scoglio, con la metà della sporgenza rosa dal tempo. In uno scoglio soprastante, a circa 2 metri da quello ove è scolpita l’epigrafe, esiste una nicchietta vuota perfettamente intatta. Nello scoglio ov’è la lapide, da lungo tempo è stata fatta sulla destra una mina, e in altro scoglio sottostante ne è stata praticata altra. L’epoca delle mine fatte rimonta a degli anni, poiché la traccia lasciata sulla pietra dal paletto, ha già ripreso il colore naturale. Praticate accurate indagini non è stato possibile finora scoprire gli autori delle mine, poiché le stesse Autorità Comunali non hanno saputo dare il più minimo indizio, tanto che ignoravano perfino l’esistenza di detto Santuario. Ad ogni modo sono state interessate dallo scrivente per la sorveglianza. Si continuano le indagini per scoprire gli autori delle mine.”
Infatti esiste, impressa nello scoglio, una lapide della quale è stato possibile leggere le seguenti lettere: (vedi foto). A sinistra della lapide vi è una vaschetta cilindrica, impressa pure nello scoglio, con la metà della sporgenza rosa dal tempo. In uno scoglio soprastante, a circa 2 metri da quello ove è scolpita l’epigrafe, esiste una nicchietta vuota perfettamente intatta. Nello scoglio ov’è la lapide, da lungo tempo è stata fatta sulla destra una mina, e in altro scoglio sottostante ne è stata praticata altra. L’epoca delle mine fatte rimonta a degli anni, poiché la traccia lasciata sulla pietra dal paletto, ha già ripreso il colore naturale. Praticate accurate indagini non è stato possibile finora scoprire gli autori delle mine, poiché le stesse Autorità Comunali non hanno saputo dare il più minimo indizio, tanto che ignoravano perfino l’esistenza di detto Santuario. Ad ogni modo sono state interessate dallo scrivente per la sorveglianza. Si continuano le indagini per scoprire gli autori delle mine.”
Gli autori della parziale distruzione non vennero mai scoperti per effetto dell'omertà e del disinteresse da parte della popolazione locale.
II 24 novembre 1927, il soprintendente di Roma scrisse al al podestà di Terracina:
“Richiamo l’attenzione della S.V. Ill.ma sullo stato di abbandono nel quale si trova l’Ara di Silvano nell’Oliveto di S. Francesco in codesta città, per la trascuranza delle guardie campestri, inconsapevoli del suo valore artistico. Tale abbandono, messo in rilievo da una recente pubblicazione, è giunto all’orecchio del Ministro della P. I. che ne ha fatto rimostranze a quest’Ufficio. Mi rivolgo quindi alla S. V. Ill.ma affinché prenda i provvedimenti necessari ad eliminare tale inconveniente.[...].
Successivamente si realizzò, sulla carta, un progetto per la recinzione dell’area, che non venne mai realizzato.
Il tempo passa, ma l'apatia e la disaffezione di buona parte dei terracinesi, continua e con essa l'incapacità delle succedutesi amministrazioni comunali, inette, di realizzare un opera proficua per la tutela del notevole patrimonio storico ivi esistente.
Questa è la cronaca che avvolge i resti del santuario rupestre terracinese dedicato al Dio Silvano, forse, l'unico ancora visitabile.
Il Dio Silvano era conosciuto come un appassionato di musica, in particolare dello strumento, la siringa; per questo venne chiamato come Silvano con Pan, ma anche, Fauno, Inuus e Aegipan. Per Catone era associato alla divinità di Marte, e per questo lo identificava come Marte Silvano. I sacrifici offerti al Dio Silvano erano uva, spighe di grano, latte, carne, vino e maiali e venivano offerti per la salute del bestiame e per l'agricoltura. Dal culto venivano escluse le donne.
La pianta archeologica di Terracina del 1923 obbliga l'amministrazione cittadina alla tutela dei siti ivi indicati come previsto dalla legislazione vigente in materia; ma soprattutto dovrebbe auspicare ogni cittadino a farsi "guardiano" del patrimonio storico culturale. Il patrimonio della città di Terracina deve essere salvato da tutti.
La pianta archeologica di Terracina realizzata da Gismondi nel 1923.Legenda GISMONDI 1923
TERRACINA ALTA
I – LE MURA
A. Porta Maggio
B. Torrione S. Giovanni C. Mura ciclopiche D. Mura Bizantine E. Piccola torre, o sperone F. Porta Nuova G. Mura ciclopiche H. Muro del Castello I. Linea delle mura L. Tratto di muro ciclopico M. Torre della piccola acropoli N. Grande bastione poligonale O. Tratto di muro ciclopico P. Porte orientali della città alta Q. Porta Est sulla via Appia traianea R. Torre del Salvatore S. Porta Ovest sulla via Appia traianea T. Grande muro in opera poligonale U. Angolo S-O delle mura V. Porta Romana Z. Torre rotonda
II – I MONUMENTI
1. Casa di età sillana
2. Corridoi sostruttivi 3. Muro antico di confine 4. Corridoi a volta 5. Altri corridoi a volta 6. Grande casa di età sillana 7. Muraglione con nicchie 8. Villa di età repubblicana 9. Alto muro in opus incertum 10. Muro reticolato 11. Stanza sotterranea 12. Basamento poligonale 13. Avanzi lungo la Linea Pia 14. Grande edificio con cornice sagomata 15. Costruzioni tagliate dalla Linea Pia 16. Muri reticolati 17. Avanzo di stanza a volta 18. Conserva d’acqua a corridoio 19. Casa del II secolo dell’Impero 20. Muro reticolato 21. Angolo di edificio in opera quadrata 22. Muro in opera quadrata 23. Tempio maggiore della città alta 24. Tempio a tre celle o Capitolium 25. Foro Emiliano 26. Sostruzioni del Foro Emiliano (I gruppo) 27. Sostruzioni del Foro Emiliano (II gruppo) 28. Sostruzioni del Foro Emiliano (III gruppo) 29. Basilica Forense 30. Edicola di Augusto e Livia 31. Alto muro reticolato 32. Arco onorario sulla via Appia 33. Basamento in opera quadrata 34. Sostruzioni delle Via Appia I 35. Sostruzioni della Via Appia II 36. Arco in laterizio 37. Castello di divisione dell’acquedotto dell’Amaseno (la Ruota) 38. Muro in opus reticulatum 39. Pomerio interno 40. Pomerio interno 41. Stanza in proprietà “Gonzales” 42. Corridoi e stanze a valle della via Appia 43. Grande basamento del tempio di Minerva (?) 44. Serie di stanze sopra il basamento 45. Muro sostruttivo 46. Muro in opus mixtum ai piedi del colle 47. Stanza o torre presso le mura 48. Avanzi di antiche vie 49. Concamerazioni a sostegno del colle 50. Tempio nel giardino di S. Francesco 51. Cisterne e muri all’interno della via Appia 52. Fontana rettangolare a valle della via Appia 53. Villa a terrazze presso le case popolari 54. Cisterna con speroni 55. Mura e voltoni sotto il Castello 56. Cunicolo e muri fuori Porta Nuova 57. Avanzi di villa sotto Porta Nuova 58. Basamento di villa di età sillana 59. Terrazzamenti fra la città alta e la città bassa 60. Foro Severiano 61. Costruzioni attigue al Foro Severiano 62. Selciato della via Appia-traianea 63. Nicchia sotto Monte S. Angelo 64. Grotta preistorica della Catena 65. Conserva d’acqua alla Catena 66. Terme dette Neptuniae 67. Costruzioni varie e speco dell’acquedotto 68. Selciato della via Appia traianea 69. Portico e cubicoli portuali 70. Sepolcri scavati nella roccia 71. Edificio incerto presso il Salvatore
TERRACINA BASSA
72. Molo lungo la spiaggia di levante
73. Il Porto 74. Muri e selciato della via del Porto 75. Tratto di muro nell’Emiciclo 76. Muri antichi sotto i granai Monti 77. Conserva d’acqua a due piani 78. Villa rustica presso il canale 79. Altra villa rustica ai Quattro Cantoni 80. Muri vari ad Est del viale della Vittoria 81. Muri vari ad Ovest del viale della Vittoria 82. Grandi terme alla Marina (gruppo A, strutture varie; gruppo B, locali sotterranei) 83. Sala poligonale e muri sparsi 84. Conserva d’acqua alle “Arene” 85. Anfiteatro 86. Muri sparsi a Sud della Linea Pia 87. Muri sparsi a Nord della Linea Pia 88. Tempio nell’orto Luzzi 89. Avanzi di abitato ad Est della via della Marina 90. Portico tipo “Pecile”
ACROPOLI DI TERRACINA
A – LE MURA
a. Tratto di muro
b. Prima torre rotonda c. Altro tratto di muro d. Porta pirncipale e. Seconda torre f. Terza torre g. Quarta torre h. Quinta torre i. Sesta torre l. Settima torre m. Ottava torre n. Nona torre o. p. Lato nord del campo trincerato
B – I MONUMETI
91. Grande conserva d’acqua
92. Piccola conserva d’acqua 93. Villa di età repubblicana 94. Edificio incerto 95. Ara di Silvano 96. Il così detto piccolo tempio 97. Il Campo trincerato 98. Il tempio di Jupiter Anxur |
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