A tutta sul terzo tornante, dedicato a Pantani. |
partenza da Borg d'Oisans ( mattina presto) |
il plastico della Salita |
Il progetto
è nato, qualche anno fa, per rivivere quelle “Emozioni” che
Pantani ha saputo dare ai suoi tifosi e in genere a coloro che amano
il ciclismo e lo sport, ma questa volta, in presa diretta, sulle
prestigiose strade del Tour de France.
Mi piace
pensare ai cartelli che indicano il secondo e il terzo tornante della
salita dell’Alpe d’Huez, dedicati a Marco Pantani. Intorno al
palo del terzo cartello, c’è un pupazzo di colore rosa, che si
tiene aggrappato, in un abbraccio; un abbraccio che un tifoso del
Pirata, ha voluto idealmente donargli. Ed è l’unico cartello ad
averlo, tra quelli che si trovano lungo i 21 tornanti, dedicati ad
alcuni dei vincitori, in vita o scomparsi, della mitica tappa del
Tour che terminava sull’ Alpe d’Huez.
Per pedalare
sull’Alpe d’Huez bisogna essere fondamentalmente coraggiosi ed
incoscienti. Ho visto molti ciclisti salire, facendo zig zag sulla
salita; altri andare su, senza guardare più la strada, appoggiando
la testa sulle braccia distese sul manubrio; altri fermi a bordo
strada con le mani tra i capelli; altri ancora, salire a piedi,
stremati, spingendo la bici con le mani; qualcuno invece è stato
soccorso dall’ambulanza per malori o per incidenti; qualcuno infine
ha pedalato nelle ore serali con la luce del giorno tramontata.
Insomma sull’Alpe d’Huez c’è un campo di battaglia. Vedere per
credere.
Non ci sono
parole per descrivere le emozioni che ho avuto pedalando, da solo, in
una mattina di luglio, sull’Alpe d’Huez. Mentre pedalavo, avevo
nella mente, le immagini di Pantani che andava a tutta, sulla “
Salita”; il Pirata era passato di lì e aveva conquistato un sogno.
E quel giorno lo avrei realizzato anche io.
La lunga e
fredda ( 11° gradi circa) discesa, molto tecnica, piena di tornanti
e con qualche ciclista che scendeva con i freni tirati, mi hanno
preparato all’inferno. Avevo il desiderio di iniziare al più
presto a salire; sembrava quasi che il tempo fosse rimasto sospeso,
mentre scendevo a tutta, i 21 tornanti. La velocità era tale, che è
stato molto difficile pedalare, come invece avrei voluto, per
riscaldarmi le gambe. Tant’è che mi è sembrato di essere
arrivato come un lampo giù, al punto di partenza, Borg d’Oisans.
Qui davanti all’ufficio del turismo, c’è la partenza ufficiale.
Cronometro montato nell’auto in attesa, di scattare. Pronti,
partenza e via. E’ stato un attimo. Le prime pedalate sono state
molto forti. Sembrava di scaricare tutta la tensione accumulata nel
tempo che ha preceduto quella agognata partenza: allenamenti, lavoro,
viaggio. La spinta è stata forte e credo che non abbia mai smesso di
farlo, anche sui tornanti. Mi sentivo un energia forte esplodermi
dentro. E credo che sia esplosa completamente. Ricordo di avere
pedalato a tutta, costantemente. Quello che contava era arrivare in
cima al più presto. Lì dove sono posti il traguardo della
cronoscalata e del Tour. Davanti a me, le spaventose rampe che a
vederle non lasciano molto ottimismo, ma che alla fine non devi
valutare, ma solo assalire, con quanto più ossigeno hai nei polmoni.
Già l’ossigeno. Qui la VAM, a cui è tanto affezionato il mio
amico Vecchia, deve fare i conti, con l’altitudine. Spingevo forte
ma non avevo nei polmoni la quantità di ossigeno a cui ero abituato
al livello zero del mare. Insomma sentivo che i muscoli mi chiedevano
ossigeno, ma non lo trovavano . Il cuore batteva forte. Il respiro
era diventato più corto e frequente. Non era la prima volta che
pedalavo in altitudine; ma non avevo affrontato la “ salita”,
come tutte le altre salite dure alpine che avevo fatto prima. Questa
volta contava arrivare in cima al più presto. Superato il 6°
tornante, quello dedicato a Bugno, ho mandato la catena giù di un
dente, e ho rilanciato, ancora più forte. Sono arrivato al 3°
tornate, il primo dei due dedicati a Pantani, credo in un tempo
relativamente breve. L’estasi mi aveva completamente posseduto. E
poi ecco il secondo tornante, ancora dedicato al Pirata. In salita il
tempo si consuma in modo diverso; in salita il tempo scorre più
lentamente. Non c’è la scia, non c’è la discesa, non c’è
nulla, ci sei soltanto tu. E allora in salita, più che mai, tutto
dipende da te. Devi imparare a gestirti. Quando ho visto il 1°
tornante dedicato a Guerrini, ho capito che l’agonia, era giunta
all’ultimo atto, e sarebbe accaduto nel tempo in cui avrei deciso o
potuto di consumare. I 100 metri circa che segnano il passaggio al
cartello che indicano i due km al traguardo del tour, sono quelli che
ti dicono anche che devi spingere a tutta, in una volata finale,
perché tra 200 metri circa, c’è il traguardo della cronoscalata.
Mi alzo sui pedali e spingo più che posso e mi ricordo di averlo
smesso di fare fino al primo traguardo che ha segnato un tempo di 1
ora, 5 minuti e 40 secondi. Prendo fiato, su un tratto di strada
lungo circa 50 metri. Non mi ricordo quanto sia durato; ricordo solo
che ho socchiuso gli occhi per un attimo e la semicurva mi portava
sotto un breve tunnel, con la strada che incominciava a salire
bruscamente. Sarà stata questa repentina percezione della
difficoltà, mi sono subito alzato sui pedali e ho rincominciato a
menare. Il pannello numero 0 dell’ultimo tornante, è il confine
tra il dolore e la percezione di un iniziale ma tenue senso di
benessere; in buona sostanza, il traguardo del tour è finalmente
vicino. Una discesa di 100 metri, mi porta davanti ad una rotonda. Un
attimo di indecisione, per non sbagliare la direzione, e via, la
strada spiana un po’ e cerco di sfruttare la velocità presa con
la discesa. Le gambe non sentivano più la catena. Spingono da sole.
Il tempo di accorgermene e poco dopo mi ritrovo davanti ad una nuova
rotonda. La percorro inserendo la bici nella traiettoria con una
morbida e precisa curva; ora ecco l’ultimo atto della scena finale:
la rampa del traguardo del Tour. Non ho più pensato; il mio istinto
mi ha fatto spingere attingendo tutto quello che avevo dentro. Mi
alzo ancora una volta sui pedali, impugno la curva nella presa bassa
e spingo senza più guardare la strada. Ricordo solo le mie pedivelle
lucide in carbonio e la scatola del movimento centrale, larga e
possente, dure, ottime per ricevere una spinta sui pedali. Apro la
bocca; ho la sensazione di non respirare più o almeno di non avere
respirato tutto l’ossigeno necessario. Ascolto dalla strada
qualcuno che mi grida: “ alè, alè” e un attimo dopo,
istintivamente, quando sentivo il dolore alle gambe diventare
insopportabile, ecco che alzo la testa: il traguardo del Tour era
dietro di me. Lo avevo tagliato senza smettere di pedalare, sempre a
mani basse sul manubrio e fuori sella. La volata finale è
terminata. Ci sono attimi della vita che sembrano eterni e hanno una
luce diversa. Tra questi ricorderò la luce forte del sole nel
momento, in cui sull’Alpe d’Huez ho tagliato il traguardo del
Tour.
Ora statemi
a ruota che vi spiego qualcos’altro della “ Salita”. L’Alpe
d’Huez è un “santuario” del ciclismo internazionale. Vi posso
assicurare che ogni giorno ho visto passare tanti di quei ciclisti
che non saprei quantificarli. Hanno calcolato che in media 400
ciclisti al giorno (principalmente francesi, tedeschi, olandesi,
belgi, inglesi, danesi e australiani) provenienti da ogni parte della
Terra, sfidano i 21 tornanti della “Salita”, che in alcuni tratti
non scendono mai sotto il 10-12% e salgono lungo 14 km di ascensione
con una pendenza media del 7,9 % e una pendenza massima del 14%, per
un dislivello di 1100 metri !!! Il tempo buono di percorrenza
indicato nella guida “Oisans 30 itineraires cyclo tourisme” (
disponibile solo in lingua inglese e francese), che si può ritirare
gratuitamente presso il locale ufficio del turismo, è di 2 ore. E’
impossibile pedalare regolarmente; è assolutamente vietato non
sapersi gestire perché altrimenti in cima non si arriva; si può
anche cadere per la stanchezza. E’ una salita spaventosa, che
mostra tutta la sua durezza, da subito, con rampe implacabili che si
susseguono ad un ritmo infernale, senza un punto dove si possa
effettivamente tirare il fiato. In pratica la “ Salita” la si fa
in apnea. Non si può improvvisare l’ascesa; ci vuole un ottima
preparazione. Diversamente scordatevi di arrivare in cima. Ho visto
molti ciclisti pedalare ad una velocità prossima alla perdita di
equilibrio. Ho visto altri che tiravano dritti. Ho visto donne,
uomini e ragazzi, misurarsi con la “ Salita”. Ognuno con la sua
sfida personale. E credetemi, una volta raggiunta la metà, si è
pervasi da un entusiasmo incredibile; si sente il sapore dell’impresa
e tale è. L’Alpe d’Huez non si dimentica. L’Alpe d’Huez si
ama o si odia. Ma ciò dipenderà solo da noi. Sulla “Salita” si
pedala ad ogni ora. Il primo ciclista che ho visto transitare è
stato alle 7 circa; l’ultimo alle 21,40. Per la cronaca ne ho visto
anche uno, che transitava alle 22 circa, ma era scortato da un auto e
una moto!!! Dovete sapere, che qui, la luce solare dura più a
lungo. Quindi potrete programmare il tutto, con calma. Il traffico e
il sole, sconsigliano di farlo, nelle ore centrali. Non è una
salita, ma la “Salita”, come la chiamano i francesi. Partenza da
Bourg –d’Oisans, davanti all’ufficio locale del turismo. Per
chi non soggiorna in zona, può utilizzare l’ampio parcheggio posto
dopo la rotatoria centrale, che si incontra 200 metri dopo la
partenza da Bourg d’Oisans. Esiste un'altra partenza che si trova a
destra, ai piedi della “ Salita”, superato un campeggio. Ma so
per certo che quello ufficiale è quello posto sotto la bandiera
posizionata davanti all’ufficio del turismo del paese di Bourg
d’Oisans. Potete usare la pista ciclabile che parte da quest’ultimo
paese posto ai piedi dell’Alpe d’Huez. Arriva fino alla metà
circa dell’ascesa. Nella zona si presta molta attenzione per i
ciclisti. Strade in ottimo stato; segnali stradali che obbligano gli
automobilisti a rispettare un limite di 1 metro e mezzo, in fase di
sorpasso del ciclista; cartelli di richiamo a prestare attenzione ai
ciclisti, perfino luminosi, posti anche all’inizio delle numerose
gallerie, anche se spesso queste hanno una piccola strada laterale
quasi sterrata che evita di passare all’interno. Gli automobilisti
francesi non suonano mai ai ciclisti. Ma consiglio di usare le
ciclabili, peraltro tenute molto bene e segnalate adeguatamente.
Avevo letto che i primi 6 km della “ Salita” erano duri. Vi
assicuro che è una indicazione sbagliata. Io dico che si pedala al
limite, lungo tutti i 14 km dell’intera ascesa. Per intendere bene
quella che è la difficoltà, anzi una delle difficoltà, bisogna
capire cosa significa pedalare in altitudine. In altitudine, diciamo
a partire dai 1300/1500 metri di altitudine, c’è una diminuzione
della pressione atmosferica e si viene colti dal “male acuto di
montagna” ovvero da una fatica anomala, dovuta alla ridotta
quantità di ossigeno nel sangue con conseguente riduzione del
rendimento della pedalata. Si è calcolato che sui 1860 metri
dell’Alpe d’Huez la VO2 avrà una diminuzione tra il 3-8%
rispetto a quella sviluppata a livello del mare !!! Sull’Everest la
VO2 cala del 90% !!! Per fortuna che con il passare dei giorni il
corpo gradualmente si abitua e migliora la capacità aerobica e del
trasporto dell’ossigeno del sangue. Quindi consiglio di scalare
l’Alpe d’Huez, solo dopo qualche giorno di adattamento all’alta
quota. Altro problema: il recupero. Pedalare in alta quota rallenta il recupero della fatica. Per chi va a pane e acqua come me la cosa è estremamente delicata. Bisogna sapersi gestire ascoltando il proprio corpo. La “Salita” non puoi farla, se non ne conosci la
sofferenza che rappresenta la sua natura perché non ti fa mai
respirare. Lungo i suoi tornanti si soffre solo, si purifica l’anima
e si esalta la capacità di reagire al dolore dei muscoli o più
generalmente del corpo. Generalmente il ciclista che ama la salita e
la montagna, è una persona che soffre per gioire, una sorta di
asceta che migliora la propria condizione spirituale, attraverso la
sofferenza dei muscoli.
E’ appena
il caso di precisare che per scalare la “mitica” bisogna avere un
ottima preparazione e usare i rapporti giusti: consiglio la compact,
in particolare la 50/34, la sola guarnitura che consente di scalare
tutte le dure ascese di montagna, con la corretta cadenza di
pedalate, senza costringere le gambe a strappi continui e a maggiore
sollecitazioni. In altre parole la guarnitura tradizionale, 53/39
usata in montagna non è la scelta corretta. Ultimo pignone
necessario, il 27 o il 29. Consiglio di fare colazione almeno due ore
prima dell’ascesa, e di bere molto, durante la salita; anche se la
salita non consente mai di mollare lo sforzo, ricordarsi di bere,
serve a scongiurare i crampi ed evitare di ridurre la risposta del
corpo allo sforzo. Quando avvertirete un senso di secchezza nella
bocca e avrete difficoltà di secrezione della saliva, allora sarà
troppo tardi: i crampi staranno per arrivare.
I 21
tornanti sono segnati da pannelli dedicati ad alcuni dei ciclisti
professionisti che hanno vinto la tappa del Tour con arrivo sull’Alpe
d’Huez. Il primo è dedicato all’italiano Fausto Coppi ( in
comunione con Lance Armstrong) perché è stato il primo a vincere la
sfida con la “ Salita” nel 1952; l’ultimo invece è dedicato ad
un altro italiano, Guerrini, nella celebre tappa che lo vide cadere
per colpa di uno spettatore e rialzarsi subito per involarsi
vittorioso verso il traguardo. I pannelli sembrano una sorta di ex
voto per coloro che sono passati da qui verso la gloria. Se penso che
il record della salita è di Marco Pantani, credo che per fare un
tempo come il suo, bisogna essere molto più di un campione; bisogna
essere un uomo che si esalta con la sofferenza, un uomo che ha
caratteristiche fisiche e mentali fuori dal comune. In fondo Marco
Pantani è stato un ciclista irripetibile, uno straordinario
campione, dotato dal punto di visita fisico, che in salita si
realizzava ed esaltava, come nessun altro. Solo istinto e forza. Per
questo, durante la mia scalata della “Salita” pensavo a quando il
Pirata rilanciava su quei micidiali tornanti, con il suo classico
modo di pedalare fuori sella, in punta di piedi, impugnando la curva
sulla presa bassa. Un mio amico italo-francese, che dal terrazzo di
casa, lo vide passare nel 1997, mi ha detto: “sembrava un motorino”
!!!!! In quei momenti il Pirata stava scrivendo una pagina della
storia del ciclismo; il record dell’ascesa della “ Salita”, con
un tempo di soli 37 minuti e 35 secondi, alla media stratosferica di
23,08 km/h ! La presenza del Pirata lungo i 21 tornanti la senti
forte e ti sembra di vederlo scattare davanti a te, o di vederlo
fermo, su un tornante, mentre sorride e ti invita a non mollare,
perché nonostante tutto, la salita non fa male !
Ma la tappa
dell’Alpe d’Huez non può che avere un fascino straordinario
anche per la sua storia. Pensate che durante la tappa dell’edizione
del 2004, c’erano 500.000 persone lungo la strada che portava in
cima. Non c’è altro sport che richiama così tanta gente sulle
strade, come il ciclismo.
La “Salita”
ha due arrivi. Quello usato per il cronometraggio; quello ufficiale
del Tour de France. Il percorso del Tour è visibile grazie a delle
indicazioni stradali, poste come a quelle della fermata dell’autobus.
Una volta giunti al traguardo del Tour, non attendetevi un finale
all’altezza del prestigio della corsa a tappe più prestigiosa.
Infatti si termina la scalata tagliando un traguardo anonimo; non
vedrete il classico cartello con il nome della salita. Ma un cartello
stile “metro” e che ci indica che si è arrivati dove taglia il
traguardo il Tour, all’interno del paese dell’Alpe d’Huez.
Nello stesso punto è installato anche un cartello di arrivo della
cronoscalata. Insomma ufficialmente ci sono tre traguardi. Scegliete
quello che volete.
Il manto
stradale è in buono stato, anche se sconsiglio di pedalare
costantemente lungo la pista ciclabile, perché in alcuni tratti può
essere sporca di detriti e di piccoli sassi, segno del passaggio
delle acque piovane, al fine di evitare una possibile foratura. Una
nota dolente, l’eccessivo traffico di auto non permette di
respirare a pieni polmoni, cosa già resa difficoltosa
dall’altitudine. Troverete due fotografi negli ultimi tornati che
vi scatteranno la foto; vi lasceranno un biglietto nel caso vorrete
passare al loro negozio per acquistarle. Presso l’ufficio
turistico dell’Alpe d’Huez potrete acquistare, al prezzo popolare
di 1 €, il diploma per ricordare l’ascesa e il tempo di
percorrenza. Un consiglio: non tagliate i tornanti potreste trovarvi
nella corsa opposta e rischiare di scontrarvi con i veicoli a motore,
ma anche con gli altri ciclisti provenienti dal senso opposto.
Affrontate questa salita, come tutte le altre ascese alpine, con
rispetto della montagna, pedalando con la mente. La montagna non
perdona l’arroganza, ama l’umiltà e la pazienza. Come diceva
Louison Bobet: “ La bici è una costante
lezione di umiltà”.
Sull’Alpe
d’Huez sono state scritte pagine gloriose del ciclismo, alcune
personali come la mia, altre di altro blasone scritte dai campioni,
che niente e nessuno potrà mai cancellare. Qui ho scritto un'altra
pagina della mia vita.
Unica e
magica Alpe d’Huez dove ho iniziato il mio pellegrinaggio verso le
cime sacre che hanno visto il trionfo in terra francese di Marco
Pantani. Un trionfo non solo dell’Italia, ma di tutti gli sportivi
del mondo, che nelle gesta del campione romagnolo, si sono esaltati
fino al punto di iniziare a pedalare indossando la famosa bandana.
Non solo lui voglio ricordare. Qui ha vinto anche un altro campione
italiano, anch’egli mitico e sfortunato, Fausto Coppi. Qui è
possibile sentirne ancora il respiro forte, tra le urla dei tifosi.
Ricordarli e rendergli omaggio. Non ho portato dei fiori, ma solo le
gocce del mio sudore e i battiti del mio cuore, perché sull’altare
dei campioni, si rende omaggio solo con il dolore. Per me Fausto e
Marco pedalano ancora; basta alzare gli occhi al cielo nelle notti
d’estate; ma può capitare anche di vederli, mentre si pedala in
questi luoghi, come mi è capitato; li ho visti rallentare solo per
un attimo, guardarmi negli occhi, ma non per sfidarmi, ma per
sorridermi, prima di rilanciare la loro ineguagliabile ed
impressionante andatura. Li ho visti passarmi davanti e salutarmi con
un gesto sereno del viso. Li ho visti andare via, a tutta, verso le
porte del paradiso. Il ciclismo è anche poesia.
La catena
alpina, che si staglia intorno all’Alpe d’Huez, si presenta come
uno scenario maestoso e di rara bellezza, una bellezza che sa di
mistero; le alpi francesi, come quelle italiane, sono un dono divino
per ricordarne la magnificenza e la forza. Pedalare su queste cime,
verso il cielo, fino quasi a toccarlo con la mano, fa capire il senso
delle cose e della vita. Pedalare verso il cielo. Appunto. La “
Salita” ha lasciato dentro di me, un qualcosa di unico: nostalgia,
mistero, rispetto, amore, un ricordo di assoluta bellezza. Il ricordo
della “ Salita” è più forte della continua pendenza e dei suoi
perfetti tornanti che ammaliano e conquistano il cuore del ciclista.
Dell’Alpe d’Huez ci si può innamorare.
Ecco i dati
per chi non riesce a farne a meno: dislivello 1100 metri; pendenza
massima 14%; pendenza media 7,9 %; stato del manto stradale, buono;
lunghezza 14 km. Ma ricordatevi che in montagna, serve solo l’istinto
e l’esperienza. Con il tempo si impara a scalare. In Francia il
ciclismo è un cult. Qui pedalare è una cosa normale. I ciclisti
francesi usano salutare, ma direi che lo fanno generalmente tutti i
francesi; e lo fanno con un sorriso, con un “alè”; con un gesto
della testa. Lo fanno uomini, donne e bambini. Tutti hanno la loro
amata specialissima, che trattano con molta cura. Non ho visto una
bici sporca. Tutte lucide. In molti casi non si tratta di bici
costose e aggiornate. Credo che per i ciclisti francesi, ma anche per
molti ciclisti stranieri, quello che conta è pedalare. La quasi
totalità dei ciclisti che ho visto pedalare in loco, indossano
abbigliamento della squadra sociale di appartenenza. In buona
sostanza qui pedalare è la normalità. La Francia è una nazione
evoluta anche dal punto di vista ciclistico. Tra Borg d’Oisans e
Alpe d’Huez potrete trovare ben sei negozi a cui potrete rivolgervi
per l’assistenza meccanica, per il noleggio e per l’acquisto, per
la bici da strada, per la mountain bike e per VTT. Sull’Alpe d’Huez
si dorme tranquillamente, ad ogni ora, e in paese c’è un clima di
benessere e di tranquillità. Non c’è caos, la vita cittadina si
svolge con discrezione e senso civico, anche se è molto frequentata
e trafficata. Strade pulite, parcheggi, servizi e negozi di ogni
genere. Non posso consigliarvi sui locali notturni, che ce ne sono,
persino una discoteca; non ho fatto vita notturna. L’impegno
sportivo richiede riposo. Internet illimitato è offerto dagli hotel,
ai propri clienti, ma anche da molti locali al prezzo di un caffè o
di una consumazione. La rete di copertura dei cellulari è ottima
ovunque. Ad Alpe d’Huez si può fare sport a 360 gradi. Ci sono due
piscine (una coperta), una pista di pattinaggio sul ghiaccio, un
campo di calcio, un palazzetto dello sport , funivie, anche per la
pratica del VTT. Insomma c’è tutto quello che serve per
trascorrere una vacanza in relax e all’insegna dello sport. Un
ultima annotazione. Il carburante per l’auto costa molto di meno
che in Italia. Lo si può pagare anche 1380 € (diesel), in un
supermercato a Borg d’Oisans.
Alpe
d’Huez, 18 luglio 2012
Foto della Salita:
Foto della Salita:
il cartello del primo km |
Oltre alle gesta avute sui "teatri" d'oltralpe oggi mi hai segnalato una frase che significa molto:
RispondiEliminaLouison Bobet, “ Le vèlo est une lecon permanente d’humilitè”.
(La bici è una costante lezione di umiltà)
Sacrosante parole che più si avvicinano alla passione, al sacrificio e al sudore ciclistico!
ciao!
gennaro