venerdì 29 novembre 2013

L'inverno apre le porte alla palestra. E' tempo di Stabilità ( anche in sella alla specialissima)

L'inverno è una stagione che non va sprecata. Se da un lato si esce di solito, meno frequentemente con la specialissima, a causa del mal tempo, dall'altro, il tempo a disposizione deve essere impiegato per potenziare e migliorare il corpo, in palestra. Obiettivo: aumentare la stabilità, potenziare ed allungare i muscoli del corpo. Ovviamente è precipuo anche controllare il peso corporeo, perché mantenere il peso forma, o quello prossimo al peso forma, consente di ripartire, più facilmente e prima, una volta iniziata la stagione agonistica. Del resto, è noto, che il primo allenamento, si fa a tavola.   
Spesso mi capita di osservare ciclisti, che quando spingono fuori sella, danzano sui pedali, come dicono i francesi, oscillando vistosamente, inclinando cioè, molto ed in modo prolungato la bicicletta, da non riuscire a mantenere una posizione equilibrata ed orizzontale. Questa oscillazione è controproducente, sia perché aumenta il consumo dell'energia del corpo, per via del fatto, che sulle braccia e sulle spalle, si esercita una forza, sia dal punto di vista meccanico, nel senso che la ruota, lavorando lateralmente sulla strada, e non mantenendosi perpendicolare alla stessa, non riesce a scaricare in modo ottimale, la forza impressa sui pedali. 
La posizione corretta è quella per cui le braccia non esercitano alcuna forza laterale, e mantengono, in perpendicolare, la bicicletta; le braccia e le spalle devono assumere una funzione di "ammortizzatore", anche quando non si pedala in sella, in modo da non "bruciare" inutilmente le energie, e non caricare sulla cervicale e sui muscoli dorsali, le vibrazioni e le asperità della strada. Tutto questo non solo impedisce un affaticamento precoce dell'apparato muscolo scheletrico, ma limita il consumo della forza in movimenti inutili, facilitando e aumentando il movimento delle gambe. Ovviamente, bisogna scalare di uno, due rapporti, in modo che la trazione sia uniforme. Quindi catena più giù. 
Ecco perché diventa importante, fare degli esercizi di base, che consentano un aumento della stabilità , grazie al controllo del movimento del tronco; la maggiore stabilità consente un maggiore controllo e per l'effetto una maggiore efficacia nell'utilizzo dell'energia. 
A tale scopo occorre potenziare i muscoli dell'addome, che si suddividono in orizzontali, verticali e trasversali, ognuno deputato ad un ruolo specifico, e che all'unisono, interagiscono ai fini della stabilità. 
A titolo esemplificativo, allego la didascalia dei muscoli dell'addome :



un esercizio da non fare perchè affatica la schiena
  

sabato 23 novembre 2013

Attenzione Richiamo Sram per freni idraulici e a disco. Riflessioni sul mercato della bicicletta da corsa.

Ho aspettato che la notizia fosse pubblicata sul sito ufficiale della SRAM, prima di scrivere un post sul fatto. Mi piace essere corretto, e chi fa sport, è la prima regola che impara; ed inoltre volevo leggere, come avrebbero motivato l'avvenuto richiamo. E così dopo SHIMANO, (clicca sul link), anche la SRAM ha dovuto fare il richiamo dei freni idraulici difettosi, nella versione disco e cerchio. Una brutta figura per la SRAM, così desiderosa, di proiettarsi nel futuro e seguire la scia dell'innovazione a tutti i costi, secondo il canone del marketing, "aumentare il desiderio del consumatore", che oramai il mercato selvaggio, ha ridotto alla figura del consumatore "dipendente" dall'ultima novità. In fondo anche la SRAM è vittima del marketing sfrenato. 
La notizia, già pubblicata ampiamente sul WEB , per quanto mi riguarda, era attesa, è da tempo che spiego i limiti, il pericolo e l'inutilità dei freni a disco per l'uso su strada.
Ecco il link pubblicato sul sito ufficiale SRAM,  Richiamo freni idraulici ( clicca sul link). 
Il comunicato ufficiale, SRAM avvisa i suoi clienti (che ringrazia per avere acquistato un loro prodotto, sic) che 3.553 freni idraulici per uso strada RED 22 e S-700, ( n.d.r. freno idraulico per cerchi e freno idraulico a disco), dei quali fornisce il numero di serie, hanno un "problema di performance e sicurezza", ma che comunque non si sono segnalati problemi nell'uso da parte dei clienti. Il comunicato spiega che i freni richiamati e messi in vendita, sono 500 e che la SRAM ha informato l'agenzia del CPSC, un organo di controllo della sicurezza per i consumatori statunitense e le altre agenzie europee. Conclude anticipando che ci sarà un nuovo comunicato della SRAM, dopo l'intervento del CPSC. 
Ecco il testo:

SRAM Road Hydraulic Brake Update


SRAM has identified a technical issue with respect to a narrow production range of its RED 22 and S-700 Road Hydraulic road brakes. This is a performance and safety concern. There are no reported failures in the field.
We began proactive quarantine efforts with factories, bike brands and distributors last week. We have reported this issue to the US CPSC and will be cooperating with the agency to announce a safety recall in the near future. We are also working with European consumer administrations.
The affected serial numbers range from 36T30993767 to 42T39407156. This represents 3,553 brakes produced. Based on our investigative and quarantine efforts with our customers, we expect that there are fewer than 500 brakes worldwide in the affected range that are at Dealers or have been purchased by consumers.
The serial number can be found on the brake caliper (rim or disc) and on the outside of the box containing the product. SRAM will issue another notice when the CPSC approved recall launches.
As always, we appreciate your business, and apologize for the disruption.

Bene, anzi male. Ancora una volta, ci ritroviamo, davanti ad un nuovo episodio, di "cattivo prodotto" messo in circolazione sul mercato.  Oramai sembra che i produttori facciano testare i prodotti agli acquirenti. E' appena il caso di scrivere che non si mettono in vendita prodotti se non sono sufficientemente testati. I produttori devono riuscire a capire, che fare testare i prodotti ad una aliquota ristretta di professionisti, che peraltro pagano, non è la soluzione al problema. I prodotti devono essere testati da un buon numero di ciclisti amatoriali evoluti; e ancor prima devono progettarli e realizzarli a regola d'arte. I produttori devono cessare ogni pratica di assalto del mercato, e limitare l'introduzione di continue e spesso inutili novità; ci vuole tempo e pazienza certosina per realizzare un prodotto affidabile e competitivo; ci vuole capacità e lungimiranza, per capire il prodotto che veramente serve al consumatore; ci vuole il senso della misura per comprendere e realizzare nell'esatta misura, l'evoluzione della bicicletta.
Ed invece i produttori, continuano a proporci, nuovi prodotti stimolanti, che fanno presa nei confronti degli inesperti e dei fanatici. Conosco ciclisti che cambiano una bicicletta ogni sei mesi, solo per dare l'impressione, di essere uno che ci capisce ! Pedalate e non passate il tempo nei negozi di biciclette
Il migliore spot progresso per i consumatori ? Questo: nel luglio 2012, sulla salita dell'Alpe d'Huez, ho visto ciclisti stranieri, salire con biciclette "vecchie",  quelle che chiamano cancelli, ad una velocità elevata. 
Quello che conta è avere una bicicletta affidabile, non quella all'ultima moda. Evidentemente sono ciclisti che non guardano la forma, ma la sostanza; che probabilmente rimangono a chiedersi perchè un ciclista amatoriale deve montare un SRM per cercare di andare più forte. 
Insomma ci vogliono le gambe, il cuore e la testa e prodotti seri ed affidabili. Che si ritorni al ciclismo "normale", anche per ciò che concerne, il mercato. Solo cose utili e sicure. E per favore, furbi produttori, togliete quei dischi a lama rotante dalle biciclette; non sono astronavi, ma velocipedi. Grazie. E speriamo che il mercato bocci questi inutili e pericolosi prodotti per la bicicletta da strada. 
Un plauso all'UCI che ha vietato l'uso dei freni a disco nelle competizioni su strada, ritenendoli pericolosi. Finalmente c'è qualcuno che conta, che dice NO.
Oramai ci sono ciclisti, quelli meno esperti, che pensano di guidare un auto: cambio elettrico, freni a disco, freni idraulici, navigatore satellitare! Se continua così, il mercato, produrrà i sedili per la bicicletta !
Ufficialmente i freni idraulici sono stati introdotti per fare in modo che il ciclista impieghi meno forza fisica per frenare. Quanti ciclisti che usano il freno meccanico, hanno problemi di crampi alle mani, o di dispendio di energia a scapito della performance? Sarà forse che i freni idraulici su sistemi a disco servono invece a limitare e a rendere più equilibrata, la forza dei freni a disco, per risolvere problemi di sicurezza ? Molti ciclisti non sanno che il disco dei freni si surriscalda ed in caso di caduta, un freno con una lama tagliente, come è la struttura del disco, e rovente, è assolutamente pericoloso, per l'incolumità del ciclista e dei compagni di uscita. E non mi venissero a dire, che i freni a disco frenano meglio ed in ogni condizione, in particolare sul bagnato, dove meno si frena e meglio è. La bici da strada non è una moto o un auto; le velocità e le necessità sono diverse. Non serve una potenza di frenata elevata. In bicicletta si frena quasi esclusivamente ( 70%) con il freno anteriore e la frenata non deve essere continua, ma rapida e secca. Frenare con il freno posteriore in modo prevalente o con la stessa potenza di quello anteriore, è pericoloso, la bicicletta perde aderenza, e sbanda. Anzi consiglio di diminuire la tensione del freno posteriore; la frenata posteriore deve essere di accompagno, di completamento di quella anteriore. Avere un freno potente in bicicletta non serve a  superare le paure in discesa. E' un fatto psicologico, più che tecnico. La maggiore potenza di frenata non colma l'insicurezza del ciclista. Troppa forza di frenata è inutile e dannosa per la sicurezza. Quanti ciclisti ho visto cadere per questo motivo, durante, una discesa, soprattutto alpina.
Mi viene da sorridere quando leggo, quello che scrivono coloro che sono interessati a pubblicizzarli, cioè che i freni a disco evitano il surriscaldarsi del cerchio e il consumo della pista frenante. Chi lo scrive e' inesperto o ignora la realtà della strada. Insomma sono opinioni scritte da chi pedala dalla scrivania.
Attualmente le ruote compatibili con  il freno a disco, sono soggette anche al surriscaldamento del mozzo, che nel caso del mozzo in carbonio è notevole, vista la particolare conducibilità termica del composito.
Invece, lo standard attuale elevato dei tacchetti  specifici e delle piste in carbonio, hanno eliminato qualsiasi problema, di frenata e di surriscaldamento dei freni e dei cerchi tradizionali.
Infine i freni a disco hanno problemi di scorrevolezza perchè ci sono contatti tra il materiale di attrito e i dischi. Limite che ho appurato di persona con la MTB top di gamma.
Un ultima considerazione tecnica. Da tempo l'industria del settore, sviluppa materiali superleggeri, rigidi e resistenti, e oramai, una bicicletta da corsa, top di gamma pesa sotto i 6 kg, mentre quella di media gamma, intorno ai 6,5/6,8 kg, con soddisfazione dei ciclisti, che possono spingere sui pedali con minore forza, dovendosi sommare al peso corporeo, quello della bicicletta. Ebbene, considerato che un impianto frenante a disco, idraulico, ha un peso decisamente maggiore, rispetto a quello meccanico, ritenuta l'inutilità di tanta forza frenante, e il pericolo dei dischi dei freni, qualcuno dei produttori, dovrebbe spiegarmi, dove sta il vantaggio?
Lasciate i freni a disco a chi va per sentieri, dirupi, si lancia dalla montagna e pedala nel fango, con la MTB.
Pedalate e non vi fate suggestionare dai freni "dell'idraulico" e dai freni con "lame rotanti".
Siate svegli. 

P.S. INVITO PUBBLICAMENTE I PRODUTTORI AD INVIARE A QUESTO BLOG UNA BICI DA CORSA CON IMPIANTO FRENANTE A DISCO O IDRAULICO, PER REALIZZARE UN TEST DURO, SERIO ED OBIETTIVO, ANCHE CON FILMATI. LANCIO LA SFIDA. 








   


venerdì 22 novembre 2013

Game over doping ?

Dalla Svizzera, una nuova applicazione tecnologica, usata nel campo della medicina. Il laboratorio svizzero di analisi antidoping che collabora con la Wada, ha preso contatti con il Politecnico svizzero, che lo ha inventato, e prevede che entro i prossimi anni, gli atleti saranno obbligati ad usarlo. In pratica è un piccolo laboratorio, che in tempo reale, trasmette all'organo preposto al controllo, i dati ematici dell'atleta. Game over doping ?

Il microchip antidoping ( ecco il video cliccare sul link)

giovedì 21 novembre 2013

La normativa etica del CONI servirà ad arginare la brutta piega presa dal ciclismo amatoriale italiano ?

E' un fenomeno tipicamente italiano, quello di esasperare, la pratica sportiva amatoriale, rendendola una competizione sfrenata ed insulsa, per raggiungere nulla di concreto. Lo sport amatoriale è tale perché viene esercitato per passione, divertimento e per raggiungere ed aumentare il benessere psico fisico. Tutto qui. Andare oltre, significa travisare la realtà personale e sociale, minare persino il proprio benessere psicologico, finanche a giungere a disturbi della personalità. Un ciclista amatoriale, non può e non deve imitare, il ciclista professionista, che come tale, è un atleta pagato per raggiungere obiettivi, in quanto dotato di particolari caratteristiche psico fisiche, spesso non comuni, come nel caso del campione. Chiarito questo, e per molti potrebbe essere una scoperta, va detto che ciclisti amatoriali, sono stati trovati positivi ai controlli antidoping. Doparsi per vincere un prosciutto o altri generi alimentari ( spesso di non eccelsa qualità) e/o per conquistare piazzamenti in classifica, non fanno guadagnare "direttamente" soldi; dunque l'unico risultato è quello di ostentare saccenza verso i compagni di squadra o gli altri concorrenti ed  impedire di  farsi sfottere, e quindi subire una frustrazione personale,a causa della fragilità emotiva. Ciclisti "vittime" di un errore fatale che fuggono all'arrivo di una gran fondo, per evitare i controlli antidoping ed un processo penale. Tra i ciclisti amatoriali ossessionati dalla prestazione, dal successo ad ogni costo, ci sono persino persone che hanno superato i 40 anni, età in cui i professionisti, si sono ritirati dallo sport agonistico ed hanno incominciato a fare un lavoro comune.  
Nel ciclismo amatoriale le vittorie e i piazzamenti non possono essere pagati con premi in denaro, è vietato; ciò nonostante, qualcuno, a cui piace giocare a fare il presidente di un team vincente, potrebbe eludere il divieto, pagando ai tesserati, spesso ex professionisti, premi in denaro, sotto forma di rimborsi e/ o compensazioni. Uso il condizionale, perché ovviamente non accade, e tutti lo speriamo,anche perché, questa oscena pratica, se posta in essere, contribuirebbe a fare estinguere il mondo amatoriale, facendolo diventare un mondo di combattimenti "clandestini". Anche questa sarebbe un contributo aberrante, alla deformazione della realtà amatoriale. Un ulteriore deriva del sistema, di cui il tempo, ne svelerà l'abuso concreto.
Quello che invece è certo è l'uso del doping nello sport amatoriale, come dimostrano i fatti di cronaca ed i numerosi processi penali e sportivi. Un dramma che sta allontanando molti appassionati puri, dalla pratica amatoriale, vinti dalla nausea verso il sistema amatoriale attuale, deformato e deviato, felici in cuor loro, di partecipare solo a manifestazioni goliardiche, pregne di sano e partecipato spirito sportivo, costretti per questo a pedalare numerosi, lontano dalle gran fondo e dalle gare di circuito. Del resto non ha senso iscriversi ad una gara amatoriale, quando nella griglia rossa o di altro colore, ci sono gli ex professionisti o ciclisti dopati; non ha senso per chi vuole misurarsi sulla base di un sano confronto, senza scorciatoie ed inganni. 
Va detto, che gli organizzatori partecipanti al Consorzio Five Stars League, che raccoglie alcune tra le più importanti gran fondo italiane, come la Maratona delle Dolomiti, la Novecolli, la Sportful, la Pinarello, la Gimondi e la Grand Fondo Campagnolo Roma, hanno adottato, già da tempo, nei loro regolamenti, norme etiche che prevedono l'inibizione per coloro che sono stati coinvolti in pratiche di doping. 
E così questo clima esasperato e violento, per certi versi, fantoziano, ha determinato il varo da parte del CONI di un codice etico. 
Il CONI, con la delibera n°450 del 20/12/2011, ha rimandato alla FCI e alla sua struttura amatoriale, quali la  FSN, EPS, ASI, UISP, CSI e CSAIN, eccetera, che a sua volta hanno proceduto in larga parte, all'approvazione in sede di CNC, l'adozione di specifiche norme di certificazione etica, a partire dalla prossima stagione agonistica (2014). In particolare l'art. 1.1.03 stabilisce che :" Non potranno essere tesserati Cicloamatori i soggetti che risultino sanzionati dalla giustizia sportiva e/o ordinaria, per un periodo superiore a mesi 6 (sei), ovvero che siano assoggettati ad indagini, per motivi legati al doping. Il legale rappresentante della società affiliata alla FCI, ha la responsabilità di far sottoscrivere, a ciascuno degli associati che intendano tesserarsi quali Cicloamatori, una dichiarazione etica che attesti l’inesistenza di sanzioni e/o indagini per motivi legati al doping e l’obbligo di immediata informazione in caso di successive sanzioni e/o indagini a suo carico, onde poter procedere alla contestuale comunicazione alla segreteria del S.A.N. della FCI. La mancata sottoscrizione della dichiarazione non consentirà il rilascio della tessera di iscrizione. Il testo della dichiarazione etica sarà allegato ad un apposito comunicato.".  
E' appena il caso di precisare che tale dichiarazione, è un autocertificazione, e per l'effetto, in caso di dichiarazioni mendaci, produce conseguenze di natura penale. 
L'intervento del CONI, finalizzato a normalizzare la pratica amatoriale, ha stabilito anche che gli atleti professionisti potranno accedere dal mondo professionistico, a quello amatoriale, solo decorsi 4 anni ( 2 per le donne e 1 per i dilettanti). 
Insomma un intervento mirato e semplice che spera di limitare le distorsioni preoccupanti del mondo amatoriale ciclistico. Se è vero che nella società contemporanea, si vive un confronto interpersonale, esasperato e conflittuale, a causa di modelli di vita che creano disuguaglianze e lacerano la convivenza, mietendo vittime ed emarginati, è pur vero che lo sport amatoriale, considerata la sua valenza educativa e sociale e destinato al raggiungimento del benessere psico fisico,  deve costituire un argine alle spinte distruttrici del conflitto sociale, in atto. 
Liberate dunque lo sport amatoriale dal male e dallo scandalo. Rompete le catene della dipendenza al doping. Chi si dopa non vince mai.  Pedalate e soffrite in modo sano, c'è più gusto e coraggio. E ricordatevi che i campioni sono altri, non ne vale la pena. Le vostre vittorie amatoriali sporche non saranno mai ricordate dall'opinione pubblica, ma destinate all'oblio; oppure saranno "celebrate" nelle aule dei tribunali. Doping e' droga. Le sostanze dopanti creano dipendenza, malattie e morte; per cosa ? Un prosciutto ! 


Obiettivo del vero ciclista amatoriale: pedalare sfidando se stessi, immersi nella natura, migliorandosi, solo con il sudore e la fatica sana, con la gioia di essere liberi. 

venerdì 15 novembre 2013

Tratto dal libro book della Trek " Autunno 2013".

La Madone da 5 chili; per la precisione scrivono 5 kg e 800 grammi.  Piccola chiosa: una Madone da 5 chili e 800 grammi vola. Provare per credere.
                                          


venerdì 8 novembre 2013

Il gioiello tecnologico nella valigetta Campagnolo.

E' consuetudine della Campagnolo confezionare in un elegante valigetta, il suo gruppo cult, un opera d'arte tecnologica  esclusiva, da conservare. 


Una foto storica, che parla da sola. 


L'ultima valigia da collezione: il Super Record meccanico dell'80° anniversario. 

giovedì 7 novembre 2013

Condividiamo la nostra passione.

In un mondo che condivide ogni istante, di un tempo finito, dove ogni emozione è destinata ad essere vissuta insieme agli altri, finanche a diventare vox populi,  perdendo quell'aurea di segretezza, che per vocazione, connota l'essenza della persona; in un mondo dove inevitabilmente, il pensiero, è destinato anch'esso ad essere condiviso nel villaggio globale, la passione, diventa un manifesto collettivo, nel quale riconoscersi e condividere momenti che caratterizzano, che fanno comunione. Credo che se la bicicletta, come penso e scrivo nella presentazione del blog, è l'unica macchina che sa interpretare la condizione esistenziale della persona, a maggior ragione,  essa costituisce il fattore che aggrega, e tipicizza lo stile di vita, di chi pedala. Non ha importanza come lo si faccia e con quale risultati, quello che conta è pedalare, per creare un contatto ravvicinato con la libertà e combattere il limite personale e la tristezza, che sembra oramai attanagliare le nostre giornate, fatte di crisi economica e di precarietà anche esistenziale. Una nuova religione per chi è ateo, un dono del Cielo per chi crede; perchè la passione non è  peccato, ma espressione di vita autentica. E non me ne vogliano coloro che preferiscono la passione per i motori, ma la bicicletta non si ferma mai, come la nostra passione. Ovunque voi siate, pedalate e non fermatevi mai, il mondo vi sembrerà migliore, in sella, tutto diventa possibile. 
Mi piace il video We Share your passion, pubblicato dalla Campagnolo, industria italiana storica e leader del settore, una delle eccellenze rimaste ancora nella nostra Terra. Lo pubblico per condividerlo con chi ama la bicicletta,  a prescindere dal marketing.   

 (clicca) il video in italiano (clicca)


                                         
il video in inglese


mercoledì 6 novembre 2013

Amarcord: la Look 595.




Quanti chilometri e quante battaglie con la mia francesina. 

Amarcord. Maenza (LT). Ricordi di allenamento.



Qualche anno fa era uno dei percorsi test che preferivo. In fondo tutto passa, tranne la fatica degli allenamenti e la bellezza della nostra Italia. 

venerdì 1 novembre 2013

Quando pedalare è un modo per capire e guardare lontano.

Può capitare di fare degli incontri lungo la strada che porta lassù sulla vetta sacra del santuario, dove il tempo sembra non arrivare. Mi è capitato proprio oggi, in un giorno di festa, un giorno che ognuno dedica alla pratica che più gli aggrada. E così il destino ha voluto che Lupo Solitario rincontrasse Mauro, un eroe metropolitano, un eroe dei nostri tempi. Mauro è un medico, uno di quelli impegnati in prima linea, in un famoso nosocomio pubblico, un uomo che conosce la linea sottile tra la vita e la morte; un professionista che esercita per passione e  per  senso del dovere, ovvero per quella "legge morale", cara al filosofo Kant. Per questo e non solo, credo che Mauro sia un kantiano; dalle sue parole, si riconoscono gli insegnamenti del filosofo tedesco: la ragione umana non è in grado di pronunciare un giudizio definitivo e nulla può nascere dal nulla, perchè gli eventi, gli accadimenti nello spazio e nel tempo, sono processi che seguono un inviolabile legge di casualità, una relazione di causa-effetto; e un kantiano, sa che dove l'esperienza e la ragione, non sono in grado di fornire una risposta, si crea un vuoto che può essere colmato solo dalla fede religiosa. Con il vento contro, tra una frase e un concetto, tra filosofia, medicina e vita pratica, che non possono che impreziosire un gesto atletico, si pedala in un giorno di festa. In fondo, la condizione umana, vive un equilibrio esistenziale, che assomiglia a quello generato dalla pedalata, una sfida alla forza di gravità; siamo tutti in bilico, in una ricerca profonda e continua, fino a quando avremo la forza di camminare, di pedalare, lungo le strade della vita, prima che arrivi  l'ultimo giorno, l'ultimo chilometro. Mauro è come il saggio  del villaggio, dona perle di saggezza ed "unguenti" spirituali; ad una domanda risponde ispirato: "Dum loquimur fugerit invida: carpe diem, quam minimum credula postero.". Abbiamo percorso molti chilometri, riflettendo e spingendo sui pedali, come se fosse la cosa più naturale, il nostro primo gesto dalla nascita. Pedalare non è solo confrontarsi fisicamente, ma anche filosofeggiare, in un dialogo esistenziale, destinato all'anima, allo spirito; ma con Mauro ci spingiamo oltre le riflessioni sulla condizione umana, fino a giungere  alle cellule staminali e al bosone di higgs, passando per i concetti universali del ciclismo, come la forma di allenamento più efficace e la durata di una catena. In fondo, come diceva Murdoch, "Filosofeggiare significa esplorare il proprio temperamento, ma in pari tempo tentare di scoprire la verità".
Tra uno strappo e l'altro, ecco che Mauro svela la sua ammirazione per Nietzsche; e allora come non approfittarne per sentire l'interpretazione del concetto del superuomo, o più precisamente, oltre l'uomo, sul quale, credo che la massa deforme, da sempre equivoca, portatrice di ignoranza e di intolleranza intellettuale. La vita assume il significato che gli vogliamo dare, al di là dei concetti filosofici e religiosi, oltre alla morale comune. L'oltreuomo è un concetto che nasce con Dionisio, dunque una vita, in tutta la sua interezza, persino nel piacere, fatalismo e fiducia in se stessi, l'uomo capace di liberarsi dai concetti prefigurati dall'etica.
E' stato un viaggio nel tempo e nella cultura, che sembrava destinato a non finire mai, senza finzione, mentre si spingeva in salita, sugli strappi. E nelle pause, dove non c'erano più le parole, ma il vento, il loro eco, ritornava nel silenzio interiore; pensieri, che nascevano da un confronto sereno e colto, andavano ad ordinarsi, nel mosaico dell'esistenza, riempiendo quelle parti dell'Io, rimaste ad attendere nel "mito della caverna", alla ricerca della "forma delle idee", come insegnò Platone. Quando due ciclisti che amano la cultura si incontrano, un fulmine, squarcia il cielo ed incide degli insegnamenti sulla strada della vita; e tra questi, mi piace ripeterne uno su tutti:  riconoscere gli sbagli, prima a noi stessi e poi agli altri, è la prima condizione per essere persone senza paura e finalmente libere. Ma il tempo fugge come se ci odiasse, parafrasando il poeta latino Orazio. E così questa mattina volge al termine, mentre due figure agili, e composte, in sella alla macchina ideata dalla libertà, si confondono con la linea dell'orizzonte. Un saluto senza parole, fa eco e le divide: alla prossima.