mercoledì 2 ottobre 2024

Perché la bici da corsa costa tanto ?

Se lo chiedono migliaia di ciclisti e pedalatori. In verità le risposte sono spesso inesatte, parziali, reticenti.  

Cercherò di fare chiarezza, riprendendo i miei studi universitari, anche in economia.

Excursus. Nel 1902 il costo di una Bianchi variava dalle 290 lire per il modello economico, alle 600 lire della versione "lusso extra viaggio". Prezzi alti, già allora, se si considera che la paga giornaliera di un operaio dell'epoca, era di 2 lire e 1/2 !  I produttori stranieri offrivano al mercato italiano, prezzi più accessibili. Per esempio, l'inglese High Life, presentata con la pubblicità " La migliore bicicletta al mondo", come lo spot utilizzato oggi da un brand statunitense! Le bici High Life venivano vendute, in Italia, attraverso un distributore milanese, con un offerta di 9 modelli a prezzi variabili, da 175 lire alle 450 lire e possibilità di pagamenti rateali. La bici era il principale ed ambito mezzo di trasporto, lo status symbol. Poi la mente umana obnubilata passò dalla velocità silente e sudata, alla velocità inquinante e rumorosa ed incominciarono problemi nascosti nello sviluppo a danno del progresso. Ma questa è un altra storia. 

Come viene determinato il prezzo ? Il metodo più conosciuto è quello fissato in base al costo di produzione aumentato da un certo margine di profitto. I costi della produzione della bici da corsa, sono diminuiti dalle economie di scala, cioè più bici prodotte, meno costi di produzione, più profitto, ad un dato prezzo. L'economia di scala assorbe anche i costi di investimento e di sviluppo. In buona sostanza i costi diminuiscono con l'aumentare della produzione, fino a raggiungere il pieno regime, dopo le cose cambiano. Ma questo metodo fornisce una risposta parziale. 

Oggi le bici da corsa sono beni di lusso (sic !). I beni di lusso sono beni superflui, cioè rappresentano generalmente una spesa eccessiva rispetto alle proprie possibilità economiche; sono oggetto di ammirazione e desiderio, generati dalla pubblicità e dalle aspettative personali. Maggiore è la sua inaccessibilità, maggiore sarà il desiderio. Il prezzo è la misura del desiderio da realizzare. In buona sostanza, tale smodata ed impulsiva concupiscenza, indotta ed accresciuta dal marketing (per esempio con le corse trasmesse alla Tv e con la pubblicità pagata ai campioni ) consentono al mercato, il "lusso" di potere fissare il prezzo, per la platea dei consumatori "sognanti". 

In tale prospettiva, la teoria del bene VEBLEN, appare quella più adatta al settore della bici da corsa. Secondo l'effetto Veblen la domanda di un bene aumenta all'aumentare del prezzo, dato che il potenziale acquirente ritiene che un prezzo elevato, sia indice di una migliore qualità. Invece una decrescita del loro prezzo non li farebbe percepire come beni di lusso e farebbe decrescere il desiderio di acquistarli. Quindi il metodo più corretto è  senz'altro quello del prezzo basato sul valore percepito dal consumatore per i beni di lusso e quelli con una domanda elastica.

Dunque la domanda del bene aumenta contemporaneamente all'incremento del prezzo dei beni di lusso per cui viene percepita l'esclusività. Il processo decisionale del consumatore è completamente impulsivo o compulsivo. Ovviamente l'aumento del prezzo non sarà infinito, e sarà possibile fino a quando, il prodotto risponderà alle aspettative del consumatore, anzi "all'illusione" del consumatore, alla sua passione, alla fiducia che egli ripone nel mercato/prodotto. Ma l'intensità del bisogno di un bene, varia a mano a mano che l'uso, ne determina il progressivo appagamento e su questo si fonda il processo di valutazione dell'utilità di un bene; è la legge di utilità marginale decrescente dei beni di lusso; se un consumatore ha già acquistato una bici da corsa, è meno probabile che sia disposto a pagare un prezzo elevato per un altra bici da corsa top di gamma. Ecco perché il mercato della bici da corsa ogni tanto rallenta. 

Mi spiego meglio. Ogni volta che il vostro campione vincerà, lui diventerà più ricco e voi più poveri perché dovrete pagare un prezzo sempre più alto, per avere una bici da corsa uguale ! Non solo. Ogni volta che ci sarà la nuova edizione del Giro, del Tour, del Campionato del mondo, delle Olimpiadi e di una corsa organizzata dall'UCI, voi pagherete un prezzo maggiore per la bici da corsa; un parte del prezzo, pro quota, servirà per la spesa sostenuta dai marchi per sponsorizzare team e l'organizzazione. Niente è gratis anche se non pagate il biglietto. 

In buona sostanza, il prezzo della bici da corsa, lo decide il marketing, generando il desiderio all'acquisto e aumentando le aspettative del consumatore, proiettandone i sogni, per esempio, sulla bici del vincitore del Giro, o del Tour o della Vuelta, o del Campionato del mondo o delle Olimpiadi. E così, il mercato continuerà a ritoccare i prezzi, tendenzialmente al rialzo, facendo leva sulla strategia della pubblicità e il consumatore sarà disposto a pagare un prezzo sempre più alto, pur di averla e sentirsi appagato, almeno fino all'avvento del nuovo modello. 

Un esempio concreto. Conosco un pedalatore che ha percorso 1800 km, nello stesso giorno, per acquistare ad un prezzo inferiore, una bici da corsa con misure standard, uguale a quella utilizzata l'anno precedente, dalla nuova star del ciclismo mondiale; era diversa solo la colorazione. Da allora, si è convinto di andare più forte, omettendo di considerare, la regola n. 2, "il corridore vince, non la bici" e la regola n. 1 "contano la testa e le gambe". Se c'è gente che per sentirsi appagata deve acquistare lo strumento professionale del campione, allora penso che il problema non sia il mercato, anzi, il mercato sfrutterebbe tale condizione mentale. Comunque l'incidenza del marketing sulla capacità decisionale ad acquistare beni di lusso, come la bici da corsa, è indiscutibile. 

Dunque è il desiderio ad essere fecondato-generato dal marketing, in modo tale che i sogni del consumatore partoriscano- motivino l'acquisto compulsivo. E' un "gioco mentale"

A proposito dei costi di produzione. Il compianto Dario Pegoretti, partecipò come docente sia al workshop "Tornemo indrio" (Torneremo indietro, traduzione dal dialetto veneto), tenutosi dal 10 al 13 maggio 2012 a Verona, sia al workshop  "Fatto con le mani" organizzato dall'Università degli Studi di San Marino dall'08 al 13 luglio 2013, laboratori per insegnare agli studenti e ai partecipanti, la tecnica tradizionale italiana per costruire telai per biciclette, con pochi e semplici strumenti, come il cannello, una saldatrice, la lima, la morsa e i tubi di acciaio (forniti dalla Columbus). L'intento era quello di dimostrare come fosse possibile realizzare o eseguire (c'è una bella differenza !), un telaio in acciaio, con le vecchie tecniche, reinterpretando l'arte di arrangiarsi tipica del passato italiano, senza limitare la qualità. I partecipanti hanno costruito telai sotto la supervisione del maestro Dario Pegoretti. Interpreto questi eventi come uno straordinario monito: la bici è una macchina semplice e il ciclista è un operatore culturale, portatore di una cultura diversa, se non opposta a quella dominante, per citare il compianto Gianni Mura. Riflettiamo su Arte di arrangiarsi e cultura. Ma torniamo ai giorni nostri per i quali è necessario trovare e segnalare nuovi Maestri. 

All'andamento generale e convulso del settore della bici da corsa, si contrappone, l'attuale crescita costante della gravel, la quale ad un prezzo inferiore ( 9-16 mila di una bici da corsa di alta gamma, 4-8 mila di una bici gravel di alta gamma), consente di avere un mezzo performante, versatile, confortevole, esclusivo e quindi più venduto. E non è solo una questione di prezzo, ma di stile di vita e di vita ciclistica. L'altro settore in crescita, è quello della E-Bike, motivata principalmente dalla "pigrizia, dallo "scarso allenamento", dal desiderio della gita domenicale dello stacanovista ovvero "maniaco" del lavoro, mercato sostenuto dalla domanda dei consumatori che hanno iniziato a praticare l'attività sportiva, in tarda età, o che la utilizzano come mezzo di trasporto, ma senza costi dell'assicurazione, del bollo, del carburante, scelta comunque fatta da chi sia disposto a pagare, pur di fare meno fatica. 

Concludo. La saggezza ricorda: " Non è più ricco colui che possiede di più, ma colui che necessita di meno". In un altro post scrissi: " quando un ciclista con una vecchia bici, incontra in salita, un pedalatore con una bici di terza generazione, il pedalatore di terza generazione è un uomo sverniciato, è un uomo superato." Dunque per essere ciclista, contano le gambe e una mente libera. Essere ciclisti non dipende dalla bici, ma dalla scelta di fare la vita ( dura) da ciclisti. "Le bici passano, il ciclista rimane", lo dico spesso. Oggi sarete contenti del vostro acquisto, domani non lo sarete più e avvertirete il desiderio, spesso irrefrenabile, di acquistarne un altra. E su questo lavora incessantemente il marketing. Ricordatevi che le scelte del consumatore determinano il prezzo.  Spero di essere stato esaustivo e chiaro. Saluti ciclistici. 


1 commento:

  1. Buongiorno Claudio, grazie dell´articolo che condivido in pieno. Tra i componenti che hanno contribuito ad aumentare i costi delle bici aggiungerei l´elettronica che ha triplicato i costi di un gruppo. si arriva a pagare dai 2800 ai 3600 € per un Dura - Ace Di2 con misuratore di potenza ecc. Trovare una bici con cambio meccanico é diventato quasi impossibile. Anche qui penso che il 90% dei ciclisti possa farne a meno. Saluti, Marco

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