domenica 18 marzo 2018

Il giornalismo e i campioni di oggi. Metamorfosi di un rapporto.

Giornalismo e sport. Giornalisti e campioni. Giornali e social. Cosa è cambiato o cosa sta cambiando? E' il giornalismo ad avere bisogno dei campioni oppure è il contrario ? Forse è solo l'uomo che ha bisogno di sognare e di leggere il grande titolo che fa palpitare.
Scrivere è un arte, scrivere dell'impresa di un campione è letteratura sportiva, componimento mirabile, pagine di emozioni narrate, come quelle perle di bellezza narrativa composte da Pavese e Brera. Il destino dei campioni ha bisogno di parole scritte che ne suggellino le emozioni, ne consacrino le gesta mirabili, e i giornalisti sono prestati all'esecuzione contemplativa del phatos. 
I campioni sono patrimonio dell'umanità, sopravvivono all'infinità tristezza delle persone comuni. Ma bisogna narrarli per consegnarli al tempo, ed è cosa ardua. 
Il rapporto tra giornalisti e campioni è questione sottile. I campioni sono "astrusi inquilini di me stesso", lo scriveva Brera. I campioni sono personaggi straordinari che agitano l'anima e muovono la penna dei giornalisti d'ogni tempo. 
I campioni di ciclismo sono giganti della strada, nati dal bisogno di riscatto sociale, come i pionieri del ciclismo eroico, che cambiarono le loro sorti pedalando sulla straordinaria macchina chiamata poi bicicletta o prosaicamente, "l'anti-cavallo", come ebbe modo di definirla per questione sociale, il compianto scrittore del giornalismo italiano, tale Gianni Brera. 
Un tempo, i campioni erano legati ai giornalisti della carta stampata, come i sogni alle persone. 
Oggi ?
Tutto cambia radicalmente e velocemente, niente è come prima, nemmeno una risposta. 
Credo che i campioni di oggi abbiano un rapporto diretto con gli appassionati di gesta sportive, un legame "quasi personale"; forse non tutti i campioni ne sono capaci, ma almeno molti di loro, riescono a tessere una trama indissolubile e diretta, per quella loro capacità di accompagnare la loro quotidianità con quella delle persone comuni, con immagini e parole dirette. Forse il tempo e la condivisione sui social,  ha superato la sacralità del giornalismo sportivo, l'eleganza dell'esercizio, se non fosse altro per quel bisogno di immediatezza che caratterizza i nostri giorni, che forse non ama la bellezza delle parole, scritte da molti giornalisti; il mondo di oggi non contempla, ma consuma. 
Si è passati, dalle emozioni suggellate dalle parole scritte elegantemente, di cui nutrire i sogni, ispirazioni mirabili che componevano poemi dello sport, alle "confidenze" e alle immagini condivise  sui social; muta il rapporto campioni- tifosi, adesso divenuto follower-followers. Una rivisitazione moderna di un rapporto complesso, quello del campione con i tifosi. 
E così quell'alea di mistero e di rara conoscenza, più celebrale, che avvolgeva i campioni di un tempo, svelati dalla carta stampata, si è tramutata, in cosa diversa e semplice, in una condivisione di vita comune, interpretata più o meno bene, dal campione preferito, una conoscenza diretta, senza filtri e chiavi di lettura immediate, finanche un "attenzione" fatta ai tifosi, quella di " narrare se stesso" da parte del campione. 
Rispondo alla domanda iniziale. Forse è il giornalismo sportivo che ha bisogno dei campioni. 
Saluti ciclistici. 


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