Oggi la lettura del test è il primo passo che il consumatore compie prima dell'acquisto, ove egli non riesca a provare il prodotto. Giusto. Ma anche in questo caso occorre fare delle distinzioni. In questi anni ho letto di tutto a proposito di test; e molto spesso, mi è capitato di leggerne, di quelli scritti dalla scrivania, cioè riportando i comunicati dei produttori, senza essere frutto di effettive prove su strada. Tempo fa ebbi modo di parlare con il responsabile di un noto produttore; egli mi disse che colti dal sospetto che ci fosse il rischio che i tester incaricati, non operassero diligentemente, lasciarono dei segni, sulla bicicletta, in modo che, solo quando questa fosse stata effettivamente usata, non li avrebbero più visti, al momento della restituzione del prodotto. Ebbene in un caso riscontrarono che il prodotto gli venne restituito così come lo avevano spedito; non lo avevano testato su strada ! Se un tester riconosce facilmente un test finto, anche il consumatore più avanzato, ha imparato a fidarsi di pochi tester. Quindi sotto questo punto di vista il pericolo è scampato; nessuno è fesso. Tuttavia rimane ancora il capitolo test scritto dopo prove su strada fatte senza particolare esperienza e capacità di analisi; questo è un aspetto che è inutile spiegare; ognuno trae le sue conclusioni, ma è chiaro, che non basta scrivere per un famoso sito on line, o su una rivista di settore, per assumere i crismi, della professionalità.
Il corpo di un ciclista esperto è più realista di una macchina virtuale; sa tradurre il significato di un progetto; ne sa cogliere i limiti, nella misura utile per il consumatore. Non è un caso che la progettazione di un telaio viene accompagnata da prove eseguite dai tester professionisti che lavorano per i produttori e talune volte anche dalle indicazioni dei ciclisti professionisti, ma solo quelli più adatti, dato che molti di loro, non danno importanza ai materiali, in quanto sono solo corridori. E' ovvio che la macchina che "storce", "stressa", il telaio fissato sui supporti, usata in fase di progettazione per la prova di rottura, come previsto dalla normativa di sicurezza, applicando forze impossibili per un ciclista, non serve al consumatore. Ecco perché sbaglia chi crede utile la macchina usata per corredare con diagrammi il test su strada, in quanto non serve né al consumatore, né al produttore: il primo perché pedala con caratteristiche e sviluppa forze, influenzate dai limiti umani, di gran lunga inferiori alle forze sviluppate da una macchina; il secondo perché è in possesso dei dati obiettivi. Resta comunque una domanda di fondo: chi testa la macchina in questione? La prova su strada è tutta un altra cosa e ha un altro significato; è essenziale, al punto tale, che, in fase di costruzione, l'ottimizzazione di un telaio viene fatto su strada, ad opera di collaudatori professionisti, non corridori. Il test bike è una questione di sensibilità e di esperienza; non significa salire in sella e pedalare. No. Quello al massimo significa usare la bici da corsa per mero piacere. Ogni tester attinge al proprio "data base" formato da anni di test, di conoscenza dell'incidenza delle geometrie sulla performance; ogni tester, sa cogliere persino le sottili differenze tra prodotti. Per fare il test bike occorre anche la collaborazione di due professionisti: un meccanico e un biomeccanico. L'uno assembla e mette a punto la bike test; l'altro calcola l'assetto avanzato, cioè, la taglia, l'altezza sella, la distanza sella manubrio, eccetera, usando le misure antropometriche del collaudatore. Superfluo osservare che tale apporto è fondamentale per la prova. Ma la regola basilare è solo una: il responso viene dalla strada. Si fa presto a dire Test Bike ! Saluti ciclistici.
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