venerdì 1 novembre 2013

Quando pedalare è un modo per capire e guardare lontano.

Può capitare di fare degli incontri lungo la strada che porta lassù sulla vetta sacra del santuario, dove il tempo sembra non arrivare. Mi è capitato proprio oggi, in un giorno di festa, un giorno che ognuno dedica alla pratica che più gli aggrada. E così il destino ha voluto che Lupo Solitario rincontrasse Mauro, un eroe metropolitano, un eroe dei nostri tempi. Mauro è un medico, uno di quelli impegnati in prima linea, in un famoso nosocomio pubblico, un uomo che conosce la linea sottile tra la vita e la morte; un professionista che esercita per passione e  per  senso del dovere, ovvero per quella "legge morale", cara al filosofo Kant. Per questo e non solo, credo che Mauro sia un kantiano; dalle sue parole, si riconoscono gli insegnamenti del filosofo tedesco: la ragione umana non è in grado di pronunciare un giudizio definitivo e nulla può nascere dal nulla, perchè gli eventi, gli accadimenti nello spazio e nel tempo, sono processi che seguono un inviolabile legge di casualità, una relazione di causa-effetto; e un kantiano, sa che dove l'esperienza e la ragione, non sono in grado di fornire una risposta, si crea un vuoto che può essere colmato solo dalla fede religiosa. Con il vento contro, tra una frase e un concetto, tra filosofia, medicina e vita pratica, che non possono che impreziosire un gesto atletico, si pedala in un giorno di festa. In fondo, la condizione umana, vive un equilibrio esistenziale, che assomiglia a quello generato dalla pedalata, una sfida alla forza di gravità; siamo tutti in bilico, in una ricerca profonda e continua, fino a quando avremo la forza di camminare, di pedalare, lungo le strade della vita, prima che arrivi  l'ultimo giorno, l'ultimo chilometro. Mauro è come il saggio  del villaggio, dona perle di saggezza ed "unguenti" spirituali; ad una domanda risponde ispirato: "Dum loquimur fugerit invida: carpe diem, quam minimum credula postero.". Abbiamo percorso molti chilometri, riflettendo e spingendo sui pedali, come se fosse la cosa più naturale, il nostro primo gesto dalla nascita. Pedalare non è solo confrontarsi fisicamente, ma anche filosofeggiare, in un dialogo esistenziale, destinato all'anima, allo spirito; ma con Mauro ci spingiamo oltre le riflessioni sulla condizione umana, fino a giungere  alle cellule staminali e al bosone di higgs, passando per i concetti universali del ciclismo, come la forma di allenamento più efficace e la durata di una catena. In fondo, come diceva Murdoch, "Filosofeggiare significa esplorare il proprio temperamento, ma in pari tempo tentare di scoprire la verità".
Tra uno strappo e l'altro, ecco che Mauro svela la sua ammirazione per Nietzsche; e allora come non approfittarne per sentire l'interpretazione del concetto del superuomo, o più precisamente, oltre l'uomo, sul quale, credo che la massa deforme, da sempre equivoca, portatrice di ignoranza e di intolleranza intellettuale. La vita assume il significato che gli vogliamo dare, al di là dei concetti filosofici e religiosi, oltre alla morale comune. L'oltreuomo è un concetto che nasce con Dionisio, dunque una vita, in tutta la sua interezza, persino nel piacere, fatalismo e fiducia in se stessi, l'uomo capace di liberarsi dai concetti prefigurati dall'etica.
E' stato un viaggio nel tempo e nella cultura, che sembrava destinato a non finire mai, senza finzione, mentre si spingeva in salita, sugli strappi. E nelle pause, dove non c'erano più le parole, ma il vento, il loro eco, ritornava nel silenzio interiore; pensieri, che nascevano da un confronto sereno e colto, andavano ad ordinarsi, nel mosaico dell'esistenza, riempiendo quelle parti dell'Io, rimaste ad attendere nel "mito della caverna", alla ricerca della "forma delle idee", come insegnò Platone. Quando due ciclisti che amano la cultura si incontrano, un fulmine, squarcia il cielo ed incide degli insegnamenti sulla strada della vita; e tra questi, mi piace ripeterne uno su tutti:  riconoscere gli sbagli, prima a noi stessi e poi agli altri, è la prima condizione per essere persone senza paura e finalmente libere. Ma il tempo fugge come se ci odiasse, parafrasando il poeta latino Orazio. E così questa mattina volge al termine, mentre due figure agili, e composte, in sella alla macchina ideata dalla libertà, si confondono con la linea dell'orizzonte. Un saluto senza parole, fa eco e le divide: alla prossima. 




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