lunedì 3 settembre 2012

La bicicletta secondo un ciclista ovvero la libertà della solitudine.

Penso che la bicicletta sia un mezzo inventato per essere  liberi e per fuggire dallo scialbo quotidiano. La bicicletta crea dipendenza; un giorno senza bici è un giorno perso per la felicità; un giorno senza bici e già ci si sente nervosi. La scienza ha spiegato questo legame con le due ruote silenziose, con il fatto che l'uso della bicicletta stimola le endorfine, che creano un senso di benessere e fanno sentire bene e in pace con te stesso. Ma credo che a questa spiegazione acclarata dalla comunità scientifica, se ne possa aggiungere un'altra, che definirei spirituale: la bicicletta ci ascolta, ci lascia il tempo di riflettere e di parlare con se stessi; alla bicicletta non possiamo mentire. E la bicicletta ci conduce verso un cammino di rinnovamento, a patto che si abbia voglia di migliorarsi, e non mi riferisco solo alla prestazione atletica. La bicicletta è un oggetto personale; il legame che lo lega al ciclista è forte, nella misura che ci rende sereni e sorrido quando il cantautore Conte, che probabilmente non è un ciclista, canta, tanto per fare la rima: "... la bici non si ama, ma si lubrifica". Lo invito a pedalare piuttosto che a fumare. Mi è capitato di conoscere Marzio Bruseghin. Egli mi ha confessato che ama pedalare in solitudine. Come non posso che condividerne l'affezione. Amo pedalare da solo e quando mi capita di farlo, spero di non incontrare nessuno, che mi costringa ad interrompere quell'incedere silenzioso dei tubolari sull'asfalto; quel soliloquio esistenziale. Certo salutare gli altri ciclisti, con un ehi, oh, un ciao o un segno con la testa; ma poi proseguire da solo. Senza lo stress di stare attento a chi ti precede, ti affianca, e ti parla incessantemente senza che te ne importi nulla, alle buche non segnalate dal gruppo, che troppo spesso è pericoloso perché a corto di ossigeno alla testa, oppure è colto da una irrefrenabile ansia da prestazione, un vero atto di cattiva gestione degli allenamenti, perchè poi gli ansiosi non vincono mai. Meglio inseguire il Piaggio Ape, per allenare il cambio di ritmo o fare dietro motore. Se mi va bene, "l'apista", mi saluta e se porta della frutta, qualche volta me la regala. Che poi da solo, in bici non si è mai; perché appunto sei con te stesso e con i paesaggi e i panorami che scorrono al ritmo delle pedalate, con i pensieri e i progetti. Mi sono liberato dallo stress provocato dal cardio frequenzimetro, imparando ad ascoltare il cuore e le gambe; la soglia la conosco a memoria. Vantaggio: il mio pensiero è libero di volare, come quando faccio una discesa e sembra di venire giù dal cielo. Il Tour de France non lo potrò mai vincere e le corse mi fanno sorridere, visto che alla fine finiscono sempre a vino e prosciutto, ma almeno non ho perso la voglia di pedalare e questo è di per sè un successo, visto che viviamo in un periodo storico, in cui "tutto", anche l'amicizia, passa e si consuma ad una velocità esagerata. E allora pietre miliari, cartelli stradali, tornanti, alberi, salutano il mio avanzare nel silenzio, fino alla prossima fontanella; già perchè bisogna pur dargli un senso e la soddisfazione alle fontanelle. Quando ho fame mi fermo in un negozio, qualche euro e via. Pedalare fino a quando sono a posto con la coscienza e ho fatto il pieno di serenità; fino a quando non sarò più un punto minuscolo nell'orizzonte. 

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