sabato 1 settembre 2012

Fermiamoci un attimo ad ascoltarci, prima che sia troppo tardi.

Ho letto l'articolo "Quando viviamo sull'orlo del baratro ", pubblicato da Michela Marzano http://www.repubblica.it/rubriche/parla-con-lei/2012/10/30/news/quando_viviamo_sull_orlo_del_baratro-45603233/?ref=HREC2-11 E c'è bisogno di commentarlo, questo articolo, per condividerne il senso e fermarsi almeno un attimo, prima che sia troppo tardi. L'autrice ha fornito una lettura molto diversa della notizia apparsa sulla cronaca nera; un contributo retrospettivo che suona come un monito per tutti, un ascoltarsi dentro a cui si rimane sordi; la società ci vuole invincibili ed immuni da debolezze; talune volte persino la persona a cui siamo legati sentimentalmente e gli amici lo vogliono; è cool essere persone senza limiti, sempre vincenti. Non riusciamo ad uscire dall'onda dal senso comune, fino ad esserne parte e diventare uguali, perdendo l'originalità che c'è in ognuno di noi. E ciò accade anche nel dolore. Si piange tutti per un personaggio celebre che muore; ma tutti provano indifferenza e addirittura fastidio per la morte di un barbone avvolto nei cartoni o di un uomo "costretto" al suicidio per i debiti. L'idolatria del successo ci rende disumani. Per scrivere come ha fatto Michela Marzano, ci vuole coraggio, perché si rompono gli schemi del comune pensare e dell'equazione: reo uguale perdente. E chi perde non appartiene alla società. Tutti  devono essere vincenti; vogliono sembrare vincenti. Mi chiedo se poi alla fine tutto diventa vano; anche la stessa ricerca della verità. Qualcuno saggio scriveva " Io, Qoèlet sono stato re d'Israele in Gerusalemme. Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si è fatto sotto il cielo. E' questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perchè in essa fatichino. Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento. Ciò che è storto non si può raddrizzare e quel che manca non si può contare. Pensavo e dicevo fra me: " Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza". Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, perchè, molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere, aumenta il dolore".  Credo che la donna che ha compiuto quell'efferato duplice delitto, prima di compierlo era una persona sola; chiusa nella ricerca vana della felicità. Una persona sola, che non ha parlato del suo disagio o forse nessuno ha voluto o saputo ascoltarla. Fermiamoci a riflettere sulla nostra condizione e ascoltiamo i disagi e i dolori dell'anima. In ogni caso bisogna uscire dall'isolamento esistenziale e superare la paura di vivere, senza perdere il senso della vita. Magari ci sarà un problema di malattia mentale come concausa del duplice omicidio, per ritornare alla vicenda di cronaca. Ma come diceva Thomas Szasz: " ....il concetto di malattia mentale oggi è usato soprattutto allo scopo di celare e liquidare difficoltà nei rapporti personali e sociali, proprio come il concetto di stregoneria è stato usato allo stesso scopo dall'alto Medioevo a parecchio tempo dopo il Rinascimento". Spegniamo il contatto con il consumismo, dove tutto è possesso, è devianza dalla normalità; rimaniamo in silenzio davanti ad un tramonto o all'alba; oppure facciamolo in un luogo sacro, per chi crede; e ascoltiamoci. Prima che sia troppo tardi. 

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