venerdì 10 maggio 2013

Per ricordare Wouter Weylandt.

Oggi è l'anniversario della sua tragica scomparsa. Voglio ancora ricordarlo, con queste parole che scrissi due anni fa. Riposa in pace, fratello di pedale.
La vita è un attimo o molto di più, un volo sopra la follia, per essere finalmente liberi, come quando sfidi il vento e il destino, in una discesa che senti dentro la pelle....come quando non pensavi che fosse l'ultima, prima di volare via, verso il tempo eterno.
Fu così anche per Wouter, in quel mattino di primavera, alla fine di una discesa, alla fine della sua vita, quando sentì l'ultimo respiro dentro di sé, quando vide l'ultima immagine: la bici riversa per terra, accanto a lui, in un ultimo sguardo, prima del buio. La sua bici, compagna fedele e silente, era a pochi metri da lui e sembrava che lo stesse guardando; ebbe il desiderio di accarezzarla, di risalirci sopra e continuare a pedalare verso il traguardo; voleva regalarle l'ultimo gesto di una esistenza giunta alla fine; l'avrebbe voluto fare per ringraziarla di tante emozioni. Come quando era bambino e la toccava con orgoglio, la sua prima bici. Avrebbe voluto ancora un attimo o forse molto di più...ma era finito per terra, davanti a quel maledetto muro, alla fine della discesa e non avrebbe mai pensato che quello sarebbe stato il suo ultimo traguardo. La vita gli avrà regalato ancora un fremito, mentre le immagini della sua vita, gli scorrevano davanti in un baleno....avrebbe voluto accarezzarla, la sua bici, per dirle addio, ma non ce l'ha fatta. Quelle mani, quei visi tristi e tesi, dei soccorritori; voleva ringraziarli, ma la voce gli si spense in gola e tutto si consumò così velocemente, come quella discesa.
Chissà cosa avrà pensato Wouter prima di iniziare il suo volo verso il cielo, quel 9 maggio 2011, a quasi un anno dalla sua prima vittoria al Giro. Chissà se voleva gridare la sua voglia di vivere, per conoscere un figlio che stava per nascere. Ma la vita non la conosciamo e non la possiamo tenere per sempre. Possiamo solo viverla, prima che ci lasci. E pensare che Wouter non doveva neanche partecipare a quel Giro d'Italia. Ma il destino lo aveva chiamato.
Sono sicuro che nella notte, Wouter tornerà ad accarezzare la sua bici e il viso di suo figlio. E lì davanti a quel maledetto muro, al termine della discesa del Bocco, ritornerà a vedere l'ombra lasciata dal suo corpo. Ora che egli è libero nell'eternità. Ciao Wouter, fratello di pedale. 

La bicicletta di Wouter Weylandt dopo l'incidente. 


2 commenti:

  1. poco da aggiungere alle tue parole tranne, che peccato...
    è morto facendo quello che amava ma, ha lasciato chi amava e chi lo amava...
    un prezzo troppo alto...
    bravo claudio belle parole per non dimenticare...

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  2. Grazie Bastianella. In un mondo che dimentica troppo in fretta, mi sembrava giusto, a quasi un anno dalla sua morte, ricordarlo. E con lui ho voluto ricordare tutti quei ciclisti che per la loro passione sono morti sulle strade. Troppi per considerare questo mondo, un mondo civile.

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